Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26630 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26630 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato ad Agnone il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2023 della Corte di appello di Campobasso visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile
il ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, nella quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Campobasso ha riformato la sentenza del Tribunale di Isernia, con la quale era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per esito positivo della condotta riparatoria, condannandolo alla pena di quattro mesi di reclusione per avere offeso, in luogo pubblico e alla presenza di più persone, il Carabinieri NOME COGNOME mentre garantiva l’ordine della seduta del Consiglio Comunale di Pescopennataro.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo i motivi di seguito indicati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 428, comma 3, cod. proc. pen., e vizio di motivazione in quanto la Corte di appello, nel riformare la sentenza di non luogo a procedere per esito positivo della condotta riparatoria, su appello del Pubblico ministero, ha condannato NOME COGNOME senza celebrare il dibattimento ed acquisire le prove nel contraddittorio delle parti, tanto da violare il principio fondamentale del giusto processo sancito dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
2.2. Violazione di legge, con riferimento all’ art. 341-bis cod. pen., in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto tardiva la richiesta riparatoria intervenuta alla seconda udienza dibattimentale, dopo l’apertura del dibattimento, ma prima dell’assunzione delle prove, così da realizzare la finalità deflattiva perseguita dal legislatore.
Inoltre, la Corte di appello ha ritenuto non integrale ed incongrua la proposta riparativa sebbene a fronte dell’originaria fissazione in euro 300 il ricorrente avesse poi versato euro 500, includendo sia l’RAGIONE_SOCIALE che il suo appartenente NOME, al quale erano state formulate anche le scuse, e non prevedendosi, in caso di estinzione del reato per condotte riparatorie, il consenso della persona offesa, peraltro non costituitasi parte civile.
2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 341-bis e 131-bis cod. pen., in quanto la sentenza impugnata non ha considerato che l’art. 1, lett. c), del d. Igs. n. 150 del 2022 ha escluso l’oltraggio a pubblico ufficiale tra i reati ostativi
e non ha applicato detta causa di non punibilità di cui ricorrono, invece, tutti i presupposti quali la minimale offensività del fatto e dall’occasionalità della condotta.
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, come successivamente prorogato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME vada accolto, per le ragioni e con gli effetti di seguito precisati.
Il primo motivo del ricorso – da esaminarsi in via giuridicamente preliminare e con assorbimento dei restanti due motivi – è fondato.
Dalla lettura dei verbali del giudizio di primo grado, a cui questa Corte ha accesso in ragione della natura del vizio denunciato, emerge che il giudizio di dinanzi al Tribunale di Isernia si era svolto in diverse udienze nel corso delle quali le parti avevano esclusivamente discusso della formalizzazione della proposta riparatoria da parte dell’imputato e della sua accettazione da parte della persona offesa, presupposti per la sollecitata declaratoria di estinzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 341-bis, terzo comma, cod. pen.
Nonostante a pag. 1 della sentenza di primo grado si fosse atto, verosimilmente con l’impiego di una mera formula di stile, dello svolgimento dell’istruttoria («esaurita, quindi, l’istruttoria dibattimentale»), questa, come correttamente evidenziato nel ricorso oggi in esame, non era stata mai espletata, pur a fronte della presentazione di una lista testi, essendosi il giudice limitato ad acquisire documenti, senza però esaminare, nel contraddittorio delle parti, né la persona offesa, il carabiniere NOME COGNOME, né altri testimoni e lo stesso imputato.
La Corte di appello di Campobasso, accogliendo l’impugnazione del Pubblico ministero, dopo avere ritenuto che il Tribunale di Isernia avesse erroneamente dichiarato l’estinzione del reato ex art. 162-ter cod. pen. per condotte riparatorie, ai sensi dell’art. 341-bis, terzo comma, cod. pen., in
ragione dell’asserita violazione dei presupposti sia processuali (limite temporale della proposta «prima del giudizio») che sostanziali (integrale e doppio risarcimento, all’ente e alla persona offesa), ha condannato l’imputato senza che fosse stata svolta l’istruttoria dibattimentale in primo grado, ovvero che la stessa fosse rinnovata in quello di secondo grado, limitandosi a richiamare il contenuto del capo di imputazione e il contenuto di un documento acquisito, l’avviso di convocazione del consiglio comunale, indicato come «presente in atti» (pag. 6 della motivazione).
Tanto ha comportato la violazione delle norme di diritto penale processuale richiamate nel ricorso per cassazione.
L’art. 604, comma 6, cod. proc. pen. stabilisce che quando il giudice di appello ritiene che il giudice di primo grado abbia erroneamente dichiarato l’estinzione del reato «ordina, occorrendo, la rinnovazione del dibattimento e decide nel merito».
Nel caso di specie, invece, il ricorrente è stato ritenuto responsabile del reato contestatogli senza che si procedesse alla previa assunzione delle prove ritualmente dedotte e non assunte dal giudice di prime cure, in violazione non solo della norma processuale citata ma, prima ancora, degli artt. 111 e 117 Cost., quest’ultima quale norma interposta rispetto all’art. 6, par. 2, lett. d), CEDU, così come interpretata dalla Corte europea per i diritti umani.
Il giudice di appello che intenda riformare una sentenza che aveva dichiarato l’estinzione del reato ex art. 162-ter cod. pen. per assenza dei presupposti e che ritenga di entrare nel merito della valutazione della contestazione elevata nei confronti dell’imputato, ha l’obbligo di assumere le prove richieste, secondo le garanzie previste dall’ordinamento, per delibare sulla responsabilità dell’imputato.
In tal caso, infatti, l’impugnazione produce una sorta di effetto “retroattivo” (Sez. 2, n. 12416 del 19/02/2020, D., Rv. 279058) nel senso che impone alla Corte di merito, in assenza di precedente attività di acquisizione probatoria, di svolgere l’istruttoria dibattimentale come se fosse egli stesso il giudice di primo grado, in quanto investita della piena cognizione del giudizio penale sulla responsabilità dell’imputato.
In tale contesto, è ragionevole affermare che il termine “occorrendo”, contenuto nell’art. 604, comma 6, cod. proc. pen., non lasci alcuna discrezionalità alla Corte di appello in ordine allo svolgimento della rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale quando, nel riformare una sentenza di improcedibilità del giudice di primo grado sul fatto oggetto dell’imputazione, risulti omessa un pieno accertamento della responsabilità penale per mancata assunzione delle prove indicate dalle parti. Decisione, quella della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale con l’assunzione delle prove già richieste, che, oltre ad essere dovuta per le ragioni innanzi delineate, non comporta alcuna limitazione dei diritti della difesa, la cui tutela, al contrario, viene garantita da pieno svolgimento di un – sia pur in unico grado – giudizio di merito (in questo senso, con riferimento ad un caso analogo, Sez. 3, n. 9726 del 04/06/1993, COGNOME, Rv. 196281).
Da quanto precede consegue l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.
Così deciso il 29 maggio 2024
La AVV_NOTAIO estensora