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Rinnovazione della prova: obbligo per il giudice

Un imputato, assolto in primo grado per truffa e altri reati grazie a dubbi sull’identificazione e una perizia grafica incerta, viene condannato in appello. La Corte di Cassazione ha annullato tale condanna perché il giudice d’appello, per ribaltare la decisione, aveva rivalutato le prove senza disporre la necessaria rinnovazione della prova peritale. La Suprema Corte ha ribadito che anche la testimonianza del perito è una prova dichiarativa e, se decisiva, deve essere riesaminata direttamente dal giudice che intende modificare l’esito del giudizio da assoluzione a condanna.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinnovazione della Prova: Quando il Giudice d’Appello Deve Riesaminare i Periti

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 697/2024, torna su un principio cardine del processo penale: l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa quando il giudice d’appello intende ribaltare una sentenza di assoluzione. La pronuncia chiarisce in modo inequivocabile che anche la deposizione di un perito o di un consulente tecnico rientra in questa categoria, imponendo al giudice di procedere a un nuovo esame diretto prima di poter condannare l’imputato.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’assoluzione in primo grado per i reati di truffa, falso e ricettazione. Il Tribunale aveva basato la sua decisione sull’incertezza emersa da due fonti di prova decisive: il riconoscimento fotografico effettuato dalla persona offesa e le conclusioni del perito grafologo, il quale non era riuscito ad attribuire con certezza la grafia all’imputato, pur notando un tentativo di dissimulazione.

Contrariamente alla decisione di primo grado, la Corte d’Appello, su impugnazione del Pubblico Ministero, ha riformato la sentenza, condannando l’imputato. Per giungere a questa conclusione, il giudice di secondo grado ha proceduto a una parziale rinnovazione dell’istruttoria, ascoltando nuovamente la persona offesa, ma ha omesso di riesaminare il perito grafologo, limitandosi a una diversa interpretazione della sua consulenza scritta. È proprio questo modus procedendi a essere stato censurato dalla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla Rinnovazione della Prova

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputato, annullando con rinvio la sentenza di condanna. Il fulcro della decisione si basa sulla violazione dell’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa, come stabilito dall’articolo 603 del codice di procedura penale e consolidato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite.

La Perizia Come Prova Dichiarativa

Il punto cruciale della sentenza è l’affermazione che anche le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico durante il dibattimento costituiscono a tutti gli effetti prove dichiarative. Questo perché, al di là del contenuto tecnico, esse vengono veicolate nel processo attraverso il linguaggio verbale e sono soggette alla valutazione diretta del giudice, che ne apprezza la credibilità e l’attendibilità anche attraverso l’esame incrociato.

Di conseguenza, se una perizia è stata decisiva per l’assoluzione in primo grado, il giudice d’appello non può semplicemente rileggerne le conclusioni scritte e giungere a un diverso convincimento per fondare una condanna. Egli ha l’obbligo di procedere a un nuovo esame del perito, per poter formare il proprio giudizio sulla base di un contatto diretto e immediato con la fonte di prova.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di garanzia fondamentale per l’imputato. Il giudice di primo grado basa la sua decisione sull’oralità e l’immediatezza, potendo osservare direttamente il comportamento processuale di testimoni e periti. Un giudice d’appello che intenda ribaltare un’assoluzione basandosi su una diversa valutazione di queste stesse prove non può farlo basandosi solo sui verbali. Deve, al contrario, porsi nella stessa condizione del primo giudice, rinnovando l’esame diretto delle fonti di prova dichiarativa che ritiene di dover interpretare diversamente. L’omissione di questa rinnovazione costituisce un vizio procedurale che inficia la validità della sentenza di condanna, poiché si fonda su una valutazione “cartolare” e non su un contraddittorio pieno ed effettivo.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza un baluardo del giusto processo: un’assoluzione non può essere trasformata in una condanna in appello senza che le prove decisive vengano nuovamente assunte davanti al nuovo giudice. Estendere esplicitamente questo obbligo anche alla testimonianza del perito significa tutelare l’imputato da condanne basate su una mera rilettura degli atti, garantendo che ogni valutazione che modifichi in peggio la sua posizione si fondi su un esame diretto e approfondito. Per la difesa, ciò rappresenta uno strumento cruciale per contrastare le riforme in appello basate su interpretazioni alternative delle perizie tecniche, richiedendo sempre un nuovo confronto dibattimentale.

Quando un giudice d’appello è obbligato a rinnovare una prova?
Un giudice d’appello è obbligato a procedere alla rinnovazione della prova quando intende ribaltare una sentenza di assoluzione basandosi su una diversa valutazione di una prova dichiarativa che era stata considerata decisiva per l’assoluzione in primo grado.

La testimonianza di un perito è considerata una prova dichiarativa?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che le dichiarazioni rese da un perito o da un consulente tecnico nel corso del dibattimento costituiscono prove dichiarative, in quanto vengono comunicate al processo attraverso il linguaggio verbale e sono soggette alla diretta valutazione del giudice.

Cosa succede se il giudice d’appello condanna un imputato, che era stato assolto, senza rinnovare una perizia decisiva?
Se il giudice d’appello non rinnova l’esame del perito, la cui testimonianza era stata decisiva per l’assoluzione, e basa la condanna su una diversa interpretazione di tale prova, la sentenza è viziata. Di conseguenza, come nel caso di specie, viene annullata con rinvio per un nuovo giudizio d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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