Rimessione del Processo: Quando il Sospetto di Parzialità Non Basta
L’istituto della rimessione del processo rappresenta una deroga fondamentale al principio del giudice naturale precostituito per legge, consentendo il trasferimento di un procedimento ad un’altra sede giudiziaria. Ma quali sono i limiti di questo strumento? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31708/2024, offre chiarimenti cruciali, stabilendo che il mero sospetto di ostilità da parte della Procura non è sufficiente a integrare quella ‘grave situazione locale’ richiesta dalla legge.
I Fatti del Caso: Accuse di Diffamazione e Sospetti sulla Procura
Il caso trae origine da un procedimento per diffamazione pluriaggravata a carico di un cittadino. L’imputato era accusato di aver affisso manifesti con frasi offensive nei confronti del precedente sindaco della sua città. In questi stessi manifesti, tuttavia, l’uomo muoveva accuse anche nei confronti della Procura della Repubblica locale, rea, a suo dire, di aver omesso di procedere contro lo stesso ex sindaco per un’ipotesi di appropriazione indebita.
Inizialmente, il procedimento era stato trasferito a un altro Tribunale, competente per i reati in cui sono coinvolti magistrati della sede originaria. Tale Tribunale, però, si era dichiarato incompetente, non ravvisando una specifica accusa di diffamazione contro magistrati individuabili. Il processo era quindi tornato nella sua sede naturale, dove la Procura aveva richiesto e ottenuto un decreto penale di condanna. L’imputato, opponendosi al decreto, ha presentato istanza di rimessione, lamentando la palese ostilità della Procura, dimostrata, a suo parere, dalla perseveranza nell’accusarlo, contestando persino l’aggravante dell’offesa a un corpo giudiziario.
L’Inammissibilità della Richiesta di Rimessione del Processo
L’imputato sosteneva che l’insistenza della Procura nel perseguirlo, nonostante fosse essa stessa oggetto delle critiche nei manifesti, dimostrasse una mancanza di imparzialità che condizionava l’intero ufficio giudiziario. A suo avviso, questa situazione creava un legittimo sospetto sulla serenità del giudizio.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto categoricamente questa tesi, dichiarando la richiesta inammissibile. I giudici hanno ribadito la natura eccezionale della rimessione, che impone un’interpretazione restrittiva dei suoi presupposti.
Le Motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, la ‘grave situazione locale’ idonea a giustificare la rimessione del processo deve essere un fenomeno:
1. Esterno alla dialettica processuale.
2. Concreto, effettivo e attuale, non basato su mere congetture, illazioni o timori soggettivi.
3. Così abnorme da rappresentare un pericolo concreto per l’imparzialità del giudice o per la libertà di chi partecipa al processo.
Nel caso di specie, secondo la Corte, le lamentele dell’imputato non descrivono una situazione esterna e anomala, ma si risolvono in una critica all’operato del Pubblico Ministero. La formulazione del capo d’imputazione, inclusa la contestazione di un’aggravante, è espressione dell’esercizio dell’azione penale. L’imputato ha la piena facoltà di contestare la fondatezza di tali accuse nel corso del processo, ma non può utilizzare questa dinamica processuale come prova di una presunta parzialità che giustifichi il trasferimento della sede.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che i motivi di legittimo sospetto devono investire l’ufficio giudiziario nel suo complesso. Qualora il presunto difetto di imparzialità riguardi un singolo magistrato (giudice o pubblico ministero), gli strumenti corretti previsti dall’ordinamento sono l’astensione e la ricusazione, non la rimessione dell’intero processo.
Conclusioni
La sentenza ribadisce un principio cardine della procedura penale: la rimessione del processo è un rimedio estremo, da attivare solo in presenza di circostanze oggettivamente gravi e pervasive che minano la credibilità della giustizia in una determinata sede territoriale. Le normali dinamiche processuali, incluse le scelte della pubblica accusa, non costituiscono, di per sé, un sintomo di parzialità. Un’interessante nota finale riguarda le spese: la Corte ha deciso di non condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali, aderendo all’orientamento secondo cui la richiesta di rimessione, non avendo natura di mezzo di impugnazione, non è soggetta all’applicazione dell’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità.
Quando è possibile chiedere la rimessione del processo?
La rimessione del processo può essere richiesta solo in presenza di una ‘grave situazione locale’, ovvero un fenomeno esterno al processo, concreto e attuale, che possa pregiudicare la libertà di determinazione delle persone che vi partecipano o l’imparzialità del giudice.
Il sospetto di ostilità da parte del Pubblico Ministero è sufficiente per ottenere la rimessione del processo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il mero sospetto di parzialità o le critiche verso le scelte processuali del Pubblico Ministero non sono sufficienti. Tali questioni rientrano nella normale dialettica processuale e devono essere affrontate all’interno del dibattimento. Per la rimessione serve una situazione che investa l’intero ufficio giudiziario, non un singolo magistrato.
In caso di inammissibilità della richiesta di rimessione, si viene sempre condannati al pagamento delle spese processuali?
No. La sentenza in esame, seguendo un orientamento ormai prevalente, ha stabilito che alla declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione non consegue la condanna al pagamento delle spese, poiché tale richiesta non ha la natura di un mezzo di impugnazione e quindi non si applica l’art. 616 c.p.p.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31708 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31708 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
vista la richiesta di rinnessione proposta da: COGNOME NOME nato a RIETI il DATA_NASCITA
avverso il provvedimento del 15/03/2024 del TRIBUNALE di RIETI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
CONSIDERATO IN DIRITTO
La richiesta è inammissibile.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, l’istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii. Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica
processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la imparzialità del giudice (inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio all libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall’altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa (Sez. U, n. 13687 del 28/1/2003, Berlusconi, Rv. 223638 e da ultima Sez. 6, n. 29413 del 06/06/2018, Boccalatte, Rv. 273560).
Ancora si è precisato che la grave situazione locale idonea a configurare cause di rimessione del processo ad altra sede deve essere, oltre che concreta, effettiva e non opinabile, anche di incontrovertibile attualità e tale da non essere superabile se non con il trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 1, n. 52976 del 7/10/2014, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 262298) e come, conseguentemente, non ricorrano gli estremi per la rimessione nel caso di semplice prospettazione di un probabile rischio di turbamento della libertà valutativa e decisoria del giudice, sul fondamento di timori, illazioni e sospetti non espressi da fatti oggettivi, né dotati di intrinseca capaci dimostrativa (Sez. 6, n. 11499 del 21/10/2013, dep. 2014, Guerra, Rv. 260888). Infine va ricordato che i motivi di legittimo sospetto che consentono la rimessione del processo devono investire l’ufficio giudiziario nel suo complesso e non i singoli giudici o magistrati del pubblico ministero, giacché, in quest’ultima eventualità, l’osservanza delle regole del giusto processo può essere assicurata mediante l’astensione e la ricusazione, senza necessità del trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 6, n. 13419 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 275366).
Nel caso di specie il richiedente eccepisce l’ostilità che, a suo dire, l’ufficio di COGNOME – impersonalmente additato – avrebbe dimostrato nei suoi confronti nel perseverare nel procedere nei suoi confronti, nonostante la stessa fosse destinataria, insieme alla parte civile, delle accuse contenute nei manifesti oggetto di contestazione. Ed in particolare, sintomo di tale ostilità sarebbe costituito soprattutto dalla reitera contestazione dell’aggravante di cui all’art. 595 comma 4 c.p. a dispetto delle ragioni dell’incompetenza dichiarata dal Tribunale di Perugia cui gli atti erano stati originariamente trasmessi ai sensi dell’art. 11 c.p.p.
In proposito deve osservarsi come meramente assertiva è la prospettazione del condizionamento che avrebbero subito i magistrati della COGNOMEra della Repubblica di Rieti e del tutto apodittica quella dell’analogo condizionamento cui sarebbe stato sottoposto il giudice che ha emesso il decreto penale di condanna e sarebbe
attualmente assoggettato quello che procede. In realtà ciò che viene dedotto è un potenziale rischio per l’imparzialità della decisione che lo riguarda fondata su illazioni e meri paralogismi, atteso che il capo d’imputazione formulato dal titolare dell’azione penale riflette, per come prospettato dallo stesso richiedente, l’esatto contenuto dei manifesti incriminati, mentre la configurabilità dell’aggravante dell’offesa arrecata ad un corpo giudiziario può essere legittimamente confutata dall’imputato nel processo.
Alla declaratoria di inammissibilità della richiesta non consegue la condanna dell’istante al pagamento delle spese processuali, ritenendo il Collegio di aderire al più recente e oramai prevalente orientamento di questa Corte secondo il quale non deve procedersi a tale condanna, non prevedendo nulla al riguardo l’art. 48, comma 6, c.p.p. e non trovando applicazione l’art. 616 c.p.p., posto che la richiesta di rimessione non ha natura di mezzo di impugnazione (ex multis Sez. 5, n. 16553 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 284451 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile la richiesta.
Così deciso il 11/6/2024