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Rimessione in termini via PEC: vale la data di invio

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava inammissibile un’istanza di rimessione in termini per proporre appello. L’istanza era stata inviata via PEC l’ultimo giorno utile, ma il tribunale aveva erroneamente considerato una data di registrazione successiva. La Suprema Corte ha ribadito che, per i depositi telematici, fa fede la data di invio certificata entro le ore 24 del giorno di scadenza, accogliendo il ricorso e rinviando gli atti per un nuovo esame.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimessione in Termini via PEC: la Data di Invio Vince su Quella di Registrazione

Nel processo penale, il rispetto dei termini è fondamentale. La presentazione di un’istanza o di un’impugnazione oltre la scadenza può comprometterne l’ammissibilità. Tuttavia, l’istituto della rimessione in termini offre una via d’uscita a chi non ha potuto agire tempestivamente per cause di forza maggiore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 44007 del 2024, ha affrontato un caso emblematico, chiarendo un aspetto cruciale legato all’uso della Posta Elettronica Certificata (PEC) per il deposito degli atti giudiziari.

La Vicenda Processuale

Il caso riguarda un imputato condannato in primo grado a una pena detentiva. Avendo appreso della sentenza con ritardo, egli presentava tramite il suo legale un’istanza per essere rimesso in termini e poter così proporre appello. La richiesta veniva inviata via PEC l’ultimo giorno utile, ovvero il trentesimo giorno da quando aveva avuto conoscenza effettiva della condanna.

Tuttavia, il Tribunale competente dichiarava l’istanza inammissibile, sostenendo che fosse stata depositata in ritardo. Il giudice, infatti, non aveva considerato la data di invio della PEC, bensì una data successiva riportata in un’attestazione di cancelleria. Contro questa decisione, l’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge processuale.

L’Errore di Valutazione sulla Rimessione in Termini

Il cuore della questione risiede nella divergenza tra la data di invio della PEC e la data di registrazione da parte della cancelleria. La difesa sosteneva, a ragione, che l’invio era avvenuto il 28 marzo 2024, nel pieno rispetto del termine di trenta giorni che scadeva proprio quel giorno. Al contrario, il giudice dell’esecuzione aveva fissato la data di proposizione al 4 aprile 2024, basandosi su un’annotazione interna e dichiarando quindi tardiva la richiesta.

Questo errore di valutazione ha impedito all’imputato di veder esaminata nel merito la sua richiesta, negandogli la possibilità di accedere al secondo grado di giudizio. Il ricorso in Cassazione si è dunque concentrato sulla dimostrazione che il deposito telematico era avvenuto tempestivamente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato il proprio potere di esaminare direttamente gli atti processuali quando viene denunciato un error in procedendo, ovvero un errore nella procedura.

Dall’analisi dell’incartamento processuale, è emerso in modo inconfutabile che la PEC contenente l’istanza era stata trasmessa il 28 marzo 2024. La Corte ha quindi applicato la normativa specifica sul processo telematico, in particolare l’art. 87-bis del d.lgs. n. 150 del 2022. Tale norma stabilisce chiaramente che, in caso di deposito tramite PEC, “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”.

Di conseguenza, l’attestazione della cancelleria che riportava una data diversa è stata considerata errata. Per la legge, ciò che conta è la ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna generate dal sistema di Posta Elettronica Certificata, che provano con valore legale la data e l’ora dell’invio.

La Corte ha inoltre precisato un aspetto relativo alla competenza, chiarendo che il giudice competente per la restituzione nel termine per appellare è il giudice dell’impugnazione e non quello dell’esecuzione. Tuttavia, essendo l’istanza stata proposta in via subordinata a una richiesta di competenza del giudice dell’esecuzione, quest’ultimo avrebbe dovuto comunque valutarla correttamente.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto fondamentale per l’era del processo telematico: la tempestività di un atto depositato via PEC è determinata esclusivamente dalla data e dall’ora di invio certificate dal sistema, non dalla successiva registrazione da parte della cancelleria. Questa decisione offre una tutela importante per gli avvocati e i loro assistiti, garantendo certezza giuridica e prevenendo che errori amministrativi interni possano pregiudicare il diritto di difesa. L’ordinanza è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale, che dovrà procedere a un nuovo esame dell’istanza di rimessione in termini.

Quando si considera tempestivo un atto processuale depositato tramite PEC?
Si considera tempestivo quando viene inviato entro le ore 24:00 del giorno di scadenza. Fa fede la ricevuta di invio e consegna generata dal sistema di Posta Elettronica Certificata.

Cosa succede se la cancelleria del tribunale registra l’atto in una data successiva a quella di invio della PEC?
L’eventuale attestazione della cancelleria con una data successiva è irrilevante ai fini del calcolo della tempestività. La prova legale dell’avvenuto deposito è fornita dalla ricevuta della PEC, e un’eventuale attestazione contraria è da considerarsi errata.

La Corte di Cassazione può verificare direttamente gli atti per accertare un errore procedurale?
Sì. In presenza di una doglianza per error in procedendo, cioè un errore che riguarda le regole del processo, la Corte di Cassazione ha il potere e il dovere di accedere agli atti del fascicolo per valutare la correttezza della decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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