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Rimessione in termini: no se l’avvocato sbaglia

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per la rimessione in termini per opporsi a un decreto penale. Nonostante un malfunzionamento del sistema telematico, l’avvocato avrebbe dovuto depositare l’atto con modalità alternative (cartacee) entro la scadenza, come previsto da un provvedimento del Tribunale di cui era tenuto ad essere a conoscenza. La tardività del deposito non è quindi scusabile.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimessione in Termini: Quando l’Errore del Difensore Non Giustifica il Ritardo

Nel processo penale, il rispetto dei termini è cruciale. Perdere una scadenza può avere conseguenze gravissime, come la definitività di una condanna. Tuttavia, la legge prevede uno strumento per sanare un ritardo incolpevole: la rimessione in termini. Questo istituto permette di compiere un atto oltre la scadenza se il ritardo è dipeso da caso fortuito o forza maggiore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23464/2025) offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione di questo strumento, sottolineando la diligenza richiesta al difensore anche di fronte a problemi tecnici come il malfunzionamento dei sistemi di deposito telematico.

I Fatti del Caso: Un’Opposizione Depositata in Ritardo

Una cittadina straniera veniva condannata con un decreto penale per violazioni della normativa antinfortunistica. Il suo difensore riceveva la notifica del decreto in data 13/01/2025. La legge prevede un termine perentorio per presentare opposizione. Il legale tentava di depositare l’atto di opposizione telematicamente il giorno 25/01/2025, ma riscontrava un malfunzionamento del portale telematico. Successivamente, depositava l’atto via PEC il 02/02/2025, quindi oltre la scadenza.

Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Bari dichiarava l’opposizione inammissibile perché tardiva e rigettava la richiesta di rimessione in termini. Il difensore ricorreva in Cassazione, sostenendo che il ritardo era giustificato dal malfunzionamento del sistema e lamentando altre presunte irregolarità, come la mancata notifica diretta all’imputata e l’assenza di traduzione dell’atto, nonostante la sua cliente non conoscesse la lingua italiana.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del G.i.p. Secondo gli Ermellini, il ritardo nel deposito dell’opposizione non era scusabile e non poteva essere attribuito a caso fortuito o forza maggiore. La responsabilità ricadeva sulla mancata diligenza del difensore, che non aveva utilizzato le vie alternative a sua disposizione per rispettare la scadenza.

Le Motivazioni della Sentenza: la diligenza dell’avvocato e la conoscenza degli strumenti alternativi

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, basandosi sugli atti processuali.

La Correttezza della Notifica e la Lingua

Innanzitutto, i giudici hanno verificato che l’imputata aveva formalmente eletto domicilio presso il suo difensore. Pertanto, la notifica effettuata al legale era perfettamente valida e rituale. Inoltre, dal verbale di identificazione risultava che la ricorrente parlava e comprendeva la lingua italiana, rendendo superflua la traduzione del decreto penale.

Il Malfunzionamento Telematico e l’Onere di Diligenza del Legale: un punto chiave per la rimessione in termini

Il cuore della motivazione riguarda la gestione del malfunzionamento telematico. La Corte ha evidenziato che lo stesso Tribunale di Bari, con un provvedimento emesso all’inizio dell’anno (02/01/2025), aveva certificato i problemi del sistema telematico e aveva esplicitamente autorizzato il ritorno al deposito con modalità “analogiche” (cioè cartacee, in cancelleria) fino al 31/03/2025.

Questo provvedimento era pubblico e conoscibile. Il difensore, pertanto, una volta constatato il problema tecnico il 25/01/2025, avrebbe dovuto informarsi e utilizzare la via alternativa del deposito cartaceo. Avendo ancora tre giorni a disposizione prima della scadenza del termine (fissata per il 28/01/2025), il legale aveva tutto il tempo per provvedere. Il fatto di aver preso cognizione di questa possibilità solo il 02/02/2025, dopo la scadenza, non costituisce una scusante valida, ma dimostra una mancanza di diligenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la rimessione in termini è un rimedio eccezionale, non una soluzione per coprire negligenze o disattenzioni. L’avvento del processo telematico, pur con le sue criticità, non esonera il professionista legale da un dovere di diligenza e aggiornamento. Di fronte a un disservizio tecnico, l’avvocato ha l’onere di attivarsi immediatamente per cercare soluzioni alternative previste dalla legge o da provvedimenti specifici dell’autorità giudiziaria. Affidarsi unicamente a un canale di deposito, senza verificare l’esistenza di alternative in caso di problemi, costituisce un comportamento non diligente che può precludere al proprio assistito l’esercizio di un diritto fondamentale come quello di opposizione a una condanna.

Un malfunzionamento del sistema telematico giustifica sempre la rimessione in termini per un deposito tardivo?
No. La sentenza chiarisce che se esistono modalità di deposito alternative (come quello cartaceo in cancelleria), autorizzate da un provvedimento del tribunale, il difensore ha l’onere di utilizzarle. La mancata adozione di tali alternative per negligenza non costituisce caso fortuito o forza maggiore.

Se un imputato straniero dichiara di comprendere l’italiano, è necessaria la traduzione degli atti?
No. Secondo la Corte, se dal verbale di identificazione emerge che l’imputato parla e comprende la lingua italiana, non vi è l’obbligo di tradurre gli atti processuali, come il decreto penale di condanna.

La notifica del decreto penale di condanna al solo difensore è valida?
Sì, è valida se l’imputato ha formalmente eletto domicilio presso lo studio del proprio difensore. In tal caso, la notifica al legale domiciliatario si considera a tutti gli effetti come una notifica valida all’imputato stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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