LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rimessione in termini e mole di intercettazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la rimessione in termini per esaminare un’enorme quantità di intercettazioni. La difesa sosteneva che il poco tempo a disposizione costituisse forza maggiore, ma la Corte ha ritenuto che la mera difficoltà organizzativa non fosse sufficiente a giustificare la deroga ai termini processuali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimessione in Termini: Quando l’Enorme Quantità di Intercettazioni Non Basta

La difesa penale si confronta spesso con la necessità di analizzare una mole imponente di atti processuali in tempi ristretti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, offrendo chiarimenti cruciali sulla rimessione in termini richiesta a causa dell’enorme quantità di materiale probatorio da esaminare. La decisione sottolinea come le difficoltà organizzative, pur significative, non integrino automaticamente gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore necessari per ottenere una deroga ai termini perentori del procedimento.

I Fatti di Causa

Al centro della vicenda vi è l’istanza presentata dalla difesa di un imputato per ottenere la rimessione in termini per l’esercizio dei diritti previsti nella fase di conclusione delle indagini preliminari. In particolare, la difesa lamentava l’impossibilità materiale di esaminare l’intero compendio probatorio, costituito da oltre 170.000 flussi di intercettazioni. L’accesso a tale materiale era stato concesso solo per un periodo limitato e con restrizioni orarie significative (quattro ore al giorno, dal lunedì al venerdì).

Di fronte a questa situazione, il difensore aveva richiesto una proroga dei termini al pubblico ministero, che l’aveva negata. Successivamente, si era rivolto al Giudice per le indagini preliminari (GIP) con un’istanza di rimessione in termini, sostenendo che l’immensa mole del materiale captativo, unita alle limitazioni di accesso, configurasse un’ipotesi di forza maggiore ai sensi dell’art. 175 c.p.p. Il GIP, tuttavia, respingeva la richiesta. Contro tale provvedimento, la difesa proponeva ricorso per Cassazione.

La questione della rimessione in termini e la decisione della Corte

Il ricorso si basava su un unico motivo: l’erronea applicazione della legge processuale e il vizio di motivazione riguardo all’insussistenza della forza maggiore. La difesa argomentava che l’impossibilità di ascoltare tutte le intercettazioni nel termine previsto dall’art. 415-bis c.p.p. comprometteva gravemente il diritto di difesa. Sottolineava, inoltre, che il termine di riferimento avrebbe dovuto essere quello, più ampio, previsto dall’art. 268 c.p.p. per l’indicazione delle intercettazioni utili alla difesa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno implicitamente confermato la linea del GIP, secondo cui la difficoltà nell’esaminare una grande quantità di prove non equivale a un impedimento assoluto e imprevedibile richiesto dalla norma sulla rimessione in termini.

Le Motivazioni della Decisione

Sebbene la sentenza si concluda con una declaratoria di inammissibilità, il principio sotteso è chiaro. La giurisprudenza costante interpreta in modo molto restrittivo i concetti di ‘caso fortuito’ e ‘forza maggiore’. Essi non si identificano con una mera difficoltà, per quanto gravosa, ma con un ostacolo insormontabile, un evento che sfugge completamente al controllo della parte.

Nel caso specifico, alla difesa era stato comunque consentito l’accesso al materiale. Le limitazioni di tempo e la vastità delle prove da analizzare rappresentano una sfida organizzativa per il difensore, ma non un impedimento assoluto che paralizza il diritto di difesa. La legge presume che il difensore, con la dovuta diligenza, possa organizzare il proprio lavoro per rispettare le scadenze processuali, anche di fronte a compendi probatori voluminosi. La richiesta di rimessione in termini non può diventare uno strumento per sopperire a difficoltà organizzative o per dilatare i tempi processuali.

Conclusioni

La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale in materia processuale: i termini sono perentori e le deroghe, come la rimessione in termini, sono eccezionali. La Corte di Cassazione ha stabilito che la notevole quantità di intercettazioni da esaminare non costituisce, di per sé, una causa di forza maggiore. Per ottenere la restituzione nel termine, il difensore deve provare l’esistenza di un impedimento oggettivo, imprevedibile e non superabile con l’ordinaria diligenza. Questa decisione serve da monito per la difesa, chiamata a gestire proattivamente e con efficienza anche le sfide poste dai procedimenti più complessi e voluminosi, senza poter fare affidamento su una facile concessione di proroghe o rimessioni in termini.

Una grande quantità di intercettazioni da ascoltare giustifica sempre una rimessione in termini?
No, secondo la sentenza, la sola mole del materiale captativo non integra automaticamente un’ipotesi di forza maggiore o caso fortuito che giustifichi la rimessione in termini, specialmente se l’accesso al materiale, seppur con limitazioni, è stato comunque consentito.

Cosa si intende per “forza maggiore” per ottenere la rimessione in termini?
Per forza maggiore si intende un evento imprevedibile e insormontabile, che impedisce in modo assoluto l’esercizio di un diritto entro i termini previsti. Non è sufficiente una semplice difficoltà organizzativa della difesa, anche se notevole.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice precedente che aveva negato la rimessione in termini. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati