Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3776 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3776 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/01/2025
ORDINANZA
sulla richiesta di rimessione ex art. 45 e ss. cod. proc. pen. proposta da:
NOME COGNOME nato a Roma il 29 dicembre 1971, imputato nel processo pendente dinanzi al Tribunale di Pescara (n. 145920 R.G. dib. – n. 317/19 R.G. n.r.).
Dato atto che il procedimento si celebra con contraddittorio cartolare, senza la presenza delle parti, in mancanza della richiesta di trattazione orale, secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 -bis e ss. cod. proc. pen.;
esaminati gli atti e la richiesta;
udita la relazione svolta dal consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità della richiesta.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME imputato come sopra indicato, ha chiesto la rimessione del processo ad altra sede, dichiarando che i numerosi procedimenti da lui avviati nel distretto pescarese avevano invariabilmente avuto un esito per lui sfavorevole, e dolendosi, in particolare: (a) della presunta mancanza di “indipendenza” dei componenti della Sezione dei Giudici per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara; (b) del coinvolgimento de Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara in un procedimento penale
avente ad oggetto presunti illeciti dallo stesso in ipotesi commessi quando dirigeva la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona.
RITENUTO IN DIRITTO
L’istanza di rimessione presentata da NOME COGNOME non è ammissibile.
1. Secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’istituto della rimessione ha carattere eccezionale, in quanto costituisce una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge; la nozione di “grave situazion locale”, che legittima la translatio iudicii, deve, pertanto, essere interpretata in termini restrittivi, configurandosi solo in presenza di un fenomeno esterno alla dialetti processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge, e connotat da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per l’imparzialità del giudice (inteso come ufficio giudiziario della sede cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione de persone che partecipano al processo medesimo (Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003, Berlusconi, Rv. 223638).
L’istituto della rimessione è, dunque, uno strumento che tutela l’imparzialità e l serenità del giudizio sul piano oggettivo, preservandolo dal rischio concreto, non opinabile ed attuale di essere inquinato da fattori “esterni” all’ufficio giudiziario chiamato a svolg la sua funzione giurisdizionale (così, tra le altre, Sez. U. n. 13687 del 28/01/2003, Rv 223638; nel medesimo senso, Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273115 – 01; Sez. 3, n. 23962 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 263952; Sez. 6, n. 44570 del 06/02/2004, Cito, Rv. 230521; Sez. 1, n. 6638 del 15/12/1995, dep. 1996, Mocali, Rv. 203413).
1.1. Nel caso in esame il ricorrente non ha allegato alcuna situazione “esterna” all’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende il procedimento che lo interessa, anche soltan in astratto idonea ad inquinare la funzione, limitandosi ad elencare una serie di eventi processuali a lui sfavorevoli e lamentare la generica iniquità del suo intervenuto rinvio giudizio.
Non può, infatti, considerarsi quale evento esterno idoneo a minare l’imparzialità dei giudici in servizio presso il Tribunale di Pescara, come tale idoneo ad assumere rilievo ai fini della chiesta rimessione, l’apertura di un procedimento penale a carico del Procuratore della locale Procura della Repubblica, correlato a due perquisizioni subite da un assistito del COGNOME, la cui connessione con le vicende giudiziarie di suo interesse è rappresentata, nell’odierna istanza, in modo del tutto generico ed assertivo.
Ritenuta l’inammissibilità dell’istanza di rimessione in esame, il collegio de rilevare la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza in ordine alla necessità di irroga la condanna dell’instante al pagamento delle spese processuali nei casi in cui la richiesta di rimessione sia rigettata o dichiarata inammissibile.
2.1. Secondo parte della giurisprudenza, in virtù del principio generale espresso dalla disposizione di cui all’art. 616, comma 1, cod. proc. pen. (che troverebbe applicazione in tutti i giudizi, principali o incidentali, celebrati dinanzi al giudice di legittimità) processuali anticipate dallo Stato vanno poste a carico di chi ha dato infondatamente luogo al relativo incidente (Sez. 6, n. 46023 del 11/10/2023, COGNOME, non mass; Sez. 5, n. 27453 del 17/02/2023, COGNOME, non mass; Sez. 5, n. 27453 del 17/02/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 49692 del 04/10/2017, Urgo, Rv. 271438; Sez. 5, n. 49692 del 04/10/2017, C., Rv. 271438; Sez. 1, n. 944 del 09/02/2000, COGNOME, Rv. 216006; Sez. 1, n. 4633 del 15/07/1996, COGNOME, Rv. 205587).
Secondo questo orientamento, nel caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso pronunciata nel giudizio di rimessione, ricorrono entrambi i presupposti che, secondo le Sezioni Unite (cfr. Sez. U, n. 26 del 05/07/1995, COGNOME, Rv. 202015), fondano la condanna alle spese processuali: l’essere la statuizione contenuta in un provvedimento definitivo (nel senso che conclude il procedimento dinanzi al giudice che ne è stato investito), e la soccombenza, sia che essa riguardi il giudizio principale sulla responsabilit sia che si tratti di un procedimento incidentale (in tal senso, più recentemente, tra le al Sez. 5, n. 49692 del 04/10/2017, C., Rv. 271438).
La regola contenuta nell’art. 48, comma 6, cod. proc. pen., prevista per il procedimento di rimessione, non escluderebbe, quindi, l’efficacia della regola generale prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in relazione al procedimento per cassazione, secondo cui la condanna alle spese deve essere contenuta in ogni provvedimento definitivo, sia principale che incidentale, e deve essere disposta a carico della parte soccombente.
2.2. Altro orientamento ritiene, al contrario, che la declaratoria di inammissibilità de richiesta di rimessione o il suo rigetto non comportino la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nulla prevedendo, al riguardo, l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen., norma speciale (Sez. 3, n. 42478 del 14/10/2024, C., Rv. 287141 – 01; Sez. 5, n. 51219 del 21/12/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 43540 del 19/09/2023, Testiera, Rv. 285359-01; Sez. 5, n. 16553 del 18/01/2023, Tornotti, Rv. 284451 – 01; Sez. 2, n. 15480 del 21/02/2017, COGNOME, Rv. 269969 – 01).
Secondo questo orientamento, in particolare, l’espressa previsione, contenuta nell’art. 48, comma 6, cod. proc. pen., della sola condanna, di carattere facoltativo, al pagamento di una somma – da mille euro a cinquemila euro – a favore della Cassa delle ammende, non può essere integrata con la disposizione generale prevista per il rigetto o l dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 616 cod. proc. pen.
ostandovi, in primo luogo, la peculiare natura dell’istituto della rimessione del process non inquadrabile nell’ambito dei rimedi di carattere impugnatorio: tale natura «emerge chiaramente dal suo presupposto, che prescinde dai fenomeni endoprocedimentali ed è, invece, correlato alla “grave situazione locale” esterna al processo» e dalle modalità d proposizione della domanda, che non è un “ricorso”, ma una “richiesta”». La differenza non sarebbe meramente lessicale, ma sostanziale, poiché «esprime la differente funzione dell’atto introduttivo che, nel caso del ricorso per cassazione, rappresenta lo strumento attraverso il quale l’interessato deduce dinanzi al giudice di legittimità uno o più dei indicati dall’art. 606 cod. proc. pen. da cui assume essere affetto il provvediment impugnato», mentre la “richiesta” di rimessione «ha un contenuto rappresentativo degli elementi fattuali correlati ad una situazione esterna al processo» (Sez. 6, n. 43540 del 19/09/2023, cit.).
Osserva il collegio che gli opposti orientamenti si fondano su una diversa interpretazione degli artt. 48, comma 6, e 616 del codice di rito.
3.1. Secondo l’orientamento che ritiene necessaria la condanna alle spese in caso di mancato accoglimento dell’istanza di remissione, l’art. 616 ha una portata generale, che si riferirebbe a tutti i provvedimenti definitivi resi dalla Corte di cassazione, a prescindere fatto che gli stessi siano emessi all’esito di una “richiesta”, come nel caso della rimessio proposta ai sensi dell’art. 45 cod. proc. pen., o di un “ricorso”: a ciò si perviene operan una interpretazione sistematica che valorizza i presupposti della condanna alle spese in cassazione (la natura definitoria del provvedimento e la soccombenza dell’istante), e che svaluta la peculiarità del procedimento di rimessione e la specialità della regola contenuta nell’art. 48, comma 6, cod. proc. pen.
3.2. Di contro, l’orientamento secondo il quale il mancato accoglimento dell’istanza di rimessione non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali valorizza la non assimilabilità della “richiesta” di rimessione al ricorso per cassazione, confermata da fatto che essa è disciplinata da una normativa “speciale” (e l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. prevederebbe, non a caso, disposizioni specifiche, che si limitano a quantificare l’ammenda irrogabile, senza operare alcun riferimento alle spese processuali).
Rilevata l’esistenza del contrasto, e ritenuto che la risoluzione dello stesso è decisiv per la definizione del presente procedimento, il collegio rimette il ricorso alle Sezioni un affinché le stesse si esprimano in ordine alla seguente questione:
«se la declaratoria d’inammissibilità (od il rigetto) della richiesta di rimessione processo comporti la condanna al pagamento delle spese processuali».
rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso, il giorno 7 gennaio 2025.