Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7046 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 7046 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Natale COGNOME nato a Cosenza il 10/07/1978
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 del Tribunale di Verona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento dell’istanza.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ha chiesto, tramite il suo difensore e procuratore speciale, avv. NOME COGNOME la rimessione presso altro ufficio giudiziario del processo pendente a suo carico nella fase dibattimentale dinanzi al Tribunale di Verona, nel quale è imputato del reato di cui all’art. 4 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.
La richiesta si fonda sulla circostanza che all’udienza del 10/06/2024, il Pubblico Ministero ha richiesto la trasmissione degli atti al suo Ufficio per procedere
nei confronti del difensore, per il reato di oltraggio a magistrato in udienza, perché si era opposto alle domande del giudice ritenendole nocive.
La vicenda portata all’attenzione delle istituzioni forensi e delle associazioni di penalisti è stata vibratamente censurata come attacco all’avvocatura essendo intervenuto sul punto delibere del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cosenza, della Camera penale di Cosenza, della Camera penale di Roma, della Camera penale di Catanzaro e finanche della giunta delle Camere Penali italiane.
Secondo l’avvocato difensore, il clima di tensione e ostilità creatosi renderebbe improbabile che il processo possa continuare dinanzi allo stesso tribunale di Verona in condizioni di imparzialità e serenità, essendo altamente improbabile che venga emessa una sentenza che tenga conto di tutti gli elementi favorevoli all’imputato emersi durante l’istruttoria dibattimentale. Sostiene il ricorrente che, in ta situazione, il difensore non sarebbe nelle condizioni di esercitare il diritto di difes serenamente e pienamente, essendoci il concreto rischio che i contenuti dell’arringa non graditi possano sfociare in altrettante denunce penali a carico dell’avvocato difensore. Da ciò deriverebbe il condizionamento del difensore con inevitabili ripercussioni sull’effettività e pienezza del diritto di difesa.
Come osservato ancora di recente dalla Corte di Cassazione, sussisterebbero tutti i presupposti per la rimessione del processo: da un lato la grave situazione locale e dall’altro lato il comportamento del pubblico ministero che ha compromesso la libera determinazione delle persone coinvolte e ha generato motivi di legittimo su sospetto sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si tiene il processo.
Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite a causa della sua inammissibilità.
Un primo profilo di inammissibilità concerne il requisito formale della richiesta di ricusazione, ai sensi dell’art. 46, comma 1, cod.proc.pen., in quanto non vi è prova che, in conformità a quanto disposto, a pena di inammissibilità, dall’art. 46, comma 1, cod. proc. pen., la richiesta di rimessione del processo sia stata notificata entro sette giorni a cura del richiedente alle altre parti. La richiesta di rimessione risul notificata dal ricorrente al Pubblico Ministero, in sede, ma non alla Agenzia delle Entrate, persona offesa del reato.
In udienza il ricorrente ha argomentato che la disposizione normativa troverebbe applicazione solo con riguardo alla persona offesa costituita parte civile, situazione non ricorrente nel caso in esame.
L’interpretazione offerta dal difensore non è condivisa dal Collegio.
L’art. 46, comma 1, cod.proc.pen. è stata interpretata nel diritto vivente nel senso che tra le “altre parti” alle quali deve essere notificata la richiesta di rinnessione d processo, è da ricomprendere la persona offesa, quantunque non costituita parte civile, dovendosi avere riguardo alla sua qualità di parte in senso sostanziale e al suo interesse ad opporsi, eventualmente, all’accoglimento della richiesta (Sez. 5, n. 6357 del 16/12/2016, B., Rv. 269448; Sez. 1, n. 1741 del 21/03/1995, Genovese, Rv. 202092).
3. Ritiene il Collegio che la richiesta di rimessione sia anche inammissibile per la manifesta infondatezza dei suoi motivi.
Questa Corte di legittimità ha avuto modo reiteratamente di sottolineare che l’istituto della rimessione del processo, determinando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, ha un carattere di assoluta eccezionalità e può svolgere la sua funzione solamente laddove – come la Consulta ha spiegato – “le gravi situazioni locali che turbano lo svolgimento del processo” generino un contesto peculiare “a favore o contro l’accusa o, reciprocamente, a favore o contro l’imputato”, tale da far prevalere le esigenze sottese ai principi di indipendenza e di imparzialità dell’organo giudicante considerato nel suo complesso, ed alla tutela del diritto di difesa, sul divieto di distogliere l’imputato dal suo giud naturale (così, tra le altre, C. cost., n. 168 del 2006). L’eccezionalità dell’istituto de rimessione impone, dunque, una verifica rigorosa della esistenza dei presupposti della sua applicazione ed una interpretazione restrittiva di quelle situazioni che possono astrattamente giustificare lo spostamento del processo presso un ufficio giudiziario diverso da quello “naturale”, cui per legge spetta la competenza alla relativa trattazione.
In tale ambito, si è ripetutamente affermato che per “grave situazione locale” deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice, inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui s svolge il processo di merito o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo. I motivi di legittimo sospetto si possono configurare solo in presenza di una grave situazione locale e come conseguenza di essa, sicchè la situazione rappresentata deve investire l’ufficio giudiziario nel suo complesso, e non i singoli giudici o magistrati del pubblico ministero, giacché in quest’ultima eventualità l’osservanza della regola del giusto processo potrebbe essere assicurata mediante rimedi diversi, quali l’astensione e la ricusazione, senza necessità del trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario
(Sez. 6, n. 13419 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 275366 – 01; Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017, COGNOME, Rv. 273116 – 01; Sez. 6, n. 35779 del 05/06/2007, COGNOME, Rv. 238154).
Se rilevano, ai fini della rimessione del processo, gli atti e i comportamenti del pubblico ministero che possono assumere rilevanza, ai sensi degli artt. 45 e segg. cod. proc. pen., non di meno questi devono avere pregiudicato la libera determinazione delle persone che vi partecipano, ovvero abbiano dato origine a motivi di legittimo sospetto sull’imparzialità dell’intero ufficio giudiziario della sede cui si svolge il processo.
Ne consegue che mere patologie interne al processo, ove non siano iscritte in un quadro ambientale connotato dalla presenza di una grave situazione locale autonomamente accertata, non possono legittimare l’eccezionale rimedio della rimessione del processo (Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003, Berlusconi ed altri, Rv. 223642).
Sotto questo punto di vista, in disparte la valutazione che compete ad altra sede sul comportamento del Pubblico Ministero, è palese l’assenza dei presupposti di gravità ed eccezionalità, prospettati dall’odierno richiedente, attraverso i comunicati assunti in sua difesa dalle Camere penali, che possano giustificare lo spostamento del processo presso altro distretto giudiziario.
In applicazione delle indicate regulae iuris è palese l’assenza dei presupposti di gravità ed eccezionalità, prospettati dall’odierno richiedente, che possano giustificare lo spostamento del processo presso altro distretto giudiziario.
Alla luce di tali criteri ermeneutici deve escludersi che, nella fattispecie ricorrano i presupposti per la rimessione del processo riguardante NOME COGNOME, pendente presso il Tribunale di Verona, presso un ufficio giudiziario diverso.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a mente dell’art. 48, comma 6 cod.proc.pen., la condanna al pagamento di una somma alla cassa delle Ammende.
Rileva il Collegio la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza, già oggetto di segnalazione con Rel. n. 1 del 2024, in ordine alla condanna dell’instante al pagamento delle spese processuali nei casi in cui la richiesta di rimessione sia rigettata o dichiarata inammissibile, contrasto già rilevato con ordinanza del 07/01/2025, dep. in data 29/01/2025, dalla Seconda Sezione della Corte di cassazione.
5.1. Secondo un più recedente orientamento, espresso dalla pronuncia della Sesta Sezione, con decisione assunta all’udienza del 19/09/2023, n. 43540, Testiera,
Rv. 285359, in tema di rimessione del processo, la declaratoria di inammissibilità della richiesta non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nulla prevedendo al riguardo l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e non potendosi integrare tale disposizione, in considerazione della peculiare natura dell’istituto e dell’atto introduttivo del relativo procedimento incidentale, con la previsione generale di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
La sentenza, dichiarando la inammissibilità della istanza di rimessione del processo, dando atto del contrasto interpretativo, ha escluso la condanna al pagamento delle spese processuali, ha evidenziato l’assenza di riferimento alla condanna alle spese, in quanto non prevista dall’art. 48 comma 6, cod. proc. pen., e ha argomentato la non riconducibilità della richiesta di ricusazione ad un mezzo innpugnatorio essendo caratterizzato dalla finalità di scongiurare il pericolo di condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria per effetto di gravi situazioni locali, che trova espresso presidio costituzionale nell’art. 111 Cost. Sicché, nel silenzio dell’art. 48 cod. proc. pen., comma 6, non può trovare applicazione l’art. 616 cod. proc. pen.
L’esclusione della natura di mezzo di impugnazione della richiesta di rimessione è stata affermata anche da Sez. 5, n. 16553 del 18/01/2023, Tornotti, Rv. 284451, che ha escluso la condanna del richiedente al pagamento delle spese processuali, ma solo al pagamento della somma prevista dall’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e nella più risalente Sez. 2, n. 15480 del 21/02/2017, Carrello, Rv. 269969 – 01.
All’indirizzo ermeneutico qui esposto si iscrive la recente Sez. 3 n. 42478 del 14/10/2024, C., Rv. 287141 – 01, secondo cui in tema di rimessione del processo, la declaratoria di inammissibilità della richiesta non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nulla prevedendo al riguardo l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e non potendosi integrare tale disposizione con la previsione generale dell’art. 616 cod. proc. pen., in ragione della peculiare natura dell’istituto e dell’atto introduttivo del relativo procedimento incidentale. Con la cita pronuncia, la Terza sezione della Corte di cassazione, pur dando atto dell’esistenza di un contrasto interpretativo in punto pagamento delle spese processuali, in applicazione del principio generale espresso nella disposizione di cui all’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., ha ritenuto di aderire al più recente orientamento formatosi non potendosi integrare la disposizione di cui all’art. 48 comma 6 cod.proc.pen., in considerazione della peculiare natura dell’istituto e dell’atto introduttivo del relativo procedimento incidentale, con la previsione generale di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
L’orientamento restrittivo, volto ad escludere l’applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen. al procedimento di rimessione stante il silenzio dell’art. 48, comma 6, cod. proc. pen., trova conferma in numerosi arresti non massimati (Sez. 7, n. 47089 del 08/11/2023, COGNOME; Sez. 7, n. 45073 del 02/11/2023, COGNOME; Sez. 6, n. 43548 del 03/10/2023, COGNOME; Sez. 6, n. 43324 del 03/11/2023, COGNOME; Sez. 5, n. 51219 del 21/12/2023, COGNOME).
5.2. Il diverso orientamento, secondo cui nell’ipotesi di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità della richiesta di rimessione presentata dall’imputato, consegue obbligatoriamente la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento, oltre a quella facoltativa, prevista dall’art. 48 comma 6, cod. proc. pen., relativa al pagamento di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende (Sez. 5, n. 33226 del 16/04/2019, Urgo, Rv. 276929-01; Sez. 5, Sentenza n. 49692 del 04/10/2017, C., Rv. 271438-01), muove dalla constatazione che in tema di procedimenti incidentali, deve trovare applicazione il principio generale, fissato per tutti i giudizi da celebrarsi davanti alla Corte di Cassazione, iv compresi quelli riservati alla sua competenza funzionale, dall’art. 616 cod. proc. pen., prima parte, per cui le spese processuali, anticipate dallo Stato, vanno poste a carico di chi ha dato infondatamente luogo al relativo incidente.
Sulla stessa linea interpretativa, in virtù del principio generale espresso dalla disposizione di cui all’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., che troverebbe applicazione in tutti i giudizi, principali o incidentali, celebrati dinanzi al giudice di legitti spese processuali anticipate dallo Stato vanno poste a carico di chi ha dato infondatamente luogo al relativo incidente, si sono espresse Sez. 6, n. 46023 del 11/10/2023, COGNOME, non mass; Sez. 5, n. 27453 del 17/02/2023, COGNOME, non mass; Sez. 5, n. 27453 del 17/02/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 944 del 09/02/2000, COGNOME, Rv. 216006; Sez. 1, n. 4633 del 15/07/1996, COGNOME, Rv. 205587).
L’orientamento a favore della condanna al pagamento delle spese processuale, in caso di rigetto o dichiarazioni di inammissibilità della richiesta di rimessione del processo, richiama il principio espresso dalle Sezioni Unite, secondo cui la condanna alle spese processuali presuppone l’essere, la relativa statuizione, contenuta in un provvedimento definitivo (nel senso che conclude il procedimento dinanzi al giudice che ne è stato investito) e la soccombenza (ovvero il mancato accoglimento dell’impugnazione proposta), sia che essa riguardi il giudizio principale sulla responsabilità, sia che si tratti di un procedimento incidentale (Sez. U, n. 26 del 05/07/1995, COGNOME, Rv. 202015). Il provvedimento di rigetto o di inammissibilità pronunciato dalla Corte di cassazione in esito al giudizio di rimessione presenta il
carattere della definitività e della soccombenza, da cui l’applicazione della regola generale di cui all’art. 616 cod.proc.pen. anche al procedimento di rimessione.
Rileva il Collegio che il contrasto sulla ammissibilità della condanna dell’imputato al pagamento delle spese del procedimento in caso di rigetto ovvero declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione del processo è presente, come segnalato dall’Ufficio del Massimario, nella giurisprudenza di legittimità sin dal 2000 (cfr. Sez. 1, n. 1641, del 07/04/1986, COGNOME Rv. 172614 che escludeva la condanna al pagamento delle spese processuali e altro espresso da Sez. 1, n. 944, del 09/02/2000, Rv. 216006; Sez. 1, n. 4633, del 15/07/1996, COGNOME, Rv. 205587 che ammetteva la condanna alle spese) e che persiste tutt’ora. Pertanto, ritenuto che la risoluzione dello stesso è decisiva per la definizione del presente procedimento, in presenza di ritenuta inammissibilità della richiesta, rimette il ricorso alle Sezioni unit affinché le stesse si esprimano in ordine alla seguente questione:
«se in tema di rimessione del processo, la declaratoria di inammissibilità o rigetto della richiesta comporti la condanna al pagamento delle spese del procedimento».
P.Q.M.
rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso, il giorno 7 febbraio 2025.