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Rimessione del processo: si pagano le spese legali?

Un imputato chiede la rimessione del processo per presunta ostilità del tribunale. La Cassazione dichiara l’istanza inammissibile per un vizio di notifica e perché i motivi non integrano una ‘grave situazione locale’. Rilevando un contrasto giurisprudenziale, la Corte rimette alle Sezioni Unite la decisione sulla condanna alle spese in caso di rigetto della richiesta di rimessione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimessione del processo: si pagano le spese in caso di rigetto?

L’istituto della rimessione del processo rappresenta uno strumento eccezionale per garantire un giusto processo, ma solleva questioni procedurali complesse. Con la recente ordinanza n. 7046/2025, la Corte di Cassazione non solo ha ribadito i rigidi presupposti per accogliere tale richiesta, ma ha anche deferito alle Sezioni Unite una questione cruciale: chi presenta un’istanza di rimessione inammissibile o infondata deve essere condannato al pagamento delle spese processuali? Analizziamo la decisione.

I Fatti del Caso

Un imputato, sotto processo presso il Tribunale di Verona per un reato fiscale, chiedeva la rimessione del processo a un’altra sede giudiziaria. La richiesta si basava su un presunto clima di tensione e ostilità che si sarebbe creato durante il dibattimento. Secondo la difesa, un aspro confronto tra l’avvocato e il magistrato inquirente, sfociato in una denuncia per oltraggio, e la successiva eco mediatica e istituzionale (con interventi di ordini forensi e camere penali) avrebbero compromesso la serenità e l’imparzialità necessarie per un giusto giudizio. L’avvocato sosteneva di non poter più esercitare pienamente il suo mandato difensivo per il timore di ulteriori conseguenze penali.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’inammissibilità della rimessione del processo

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato la richiesta di rimessione del processo inammissibile per due ordini di motivi, uno formale e uno sostanziale.

1. Vizio di forma: La richiesta non era stata notificata all’Agenzia delle Entrate, individuata come persona offesa dal reato. La Corte ha sottolineato che la notifica a tutte le “altre parti”, come previsto dall’art. 46, comma 1, c.p.p., è un requisito di ammissibilità che include anche la persona offesa, a prescindere dalla sua costituzione come parte civile. Questo perché la persona offesa ha un interesse sostanziale nell’opporsi al trasferimento del processo.

2. Infondatezza nel merito: I motivi addotti dalla difesa non integravano la “grave situazione locale” richiesta dalla legge per giustificare la deroga al principio del giudice naturale. Le tensioni descritte, secondo la Corte, sono “mere patologie interne al processo” che riguardano la dialettica tra le parti e non un condizionamento ambientale esterno capace di minare l’imparzialità dell’intero ufficio giudiziario. Per tali situazioni, l’ordinamento prevede altri rimedi, come l’astensione o la ricusazione del singolo magistrato.

Le motivazioni

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi di un profondo contrasto giurisprudenziale che ha spinto il Collegio a investire della questione le Sezioni Unite.

Il Contrasto Giurisprudenziale sulle Spese Processuali

Il problema nasce dal silenzio dell’art. 48, comma 6, del codice di procedura penale. Questa norma, nel disciplinare la decisione sulla richiesta di rimessione, prevede che in caso di rigetto o inammissibilità possa essere disposta una condanna al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende, ma non menziona esplicitamente la condanna alle spese processuali.

Da questo silenzio normativo sono nati due orientamenti contrapposti:

* Orientamento restrittivo (NO alla condanna): Un primo filone giurisprudenziale sostiene che, data la natura peculiare e non impugnatoria della richiesta di rimessione, in assenza di una previsione esplicita nell’art. 48, non si possa applicare la regola generale prevista per le impugnazioni (art. 616 c.p.p.). Pertanto, chi vede respinta la propria istanza non dovrebbe essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

* Orientamento estensivo (SÌ alla condanna): Un secondo e più tradizionale orientamento ritiene invece che il principio generale dell’art. 616 c.p.p. (secondo cui la parte che ha dato infondatamente luogo a un giudizio ne sopporta i costi) si applichi a tutti i procedimenti davanti alla Corte di Cassazione, inclusi quelli incidentali come la rimessione del processo. La soccombenza, unita alla definitività del provvedimento che rigetta l’istanza, giustificherebbe la condanna alle spese.

Ravvisando questo persistente e significativo contrasto, la Terza Sezione ha ritenuto necessario rimettere il ricorso alle Sezioni Unite per risolvere in via definitiva la seguente questione di diritto: «se in tema di rimessione del processo, la declaratoria di inammissibilità o rigetto della richiesta comporti la condanna al pagamento delle spese del procedimento».

Le conclusioni

L’ordinanza in esame, pur risolvendo il caso specifico con una declaratoria di inammissibilità, assume un’importanza che va ben oltre. La decisione delle Sezioni Unite avrà un impatto significativo sulla strategia processuale degli imputati e dei loro difensori. Una pronuncia a favore della condanna alle spese potrebbe infatti disincentivare la presentazione di richieste di rimessione pretestuose o scarsamente fondate, agendo come un deterrente economico. Al contrario, una decisione che escluda la condanna alle spese preserverebbe la più ampia accessibilità a uno strumento concepito come presidio fondamentale del giusto processo, seppur eccezionale. La futura sentenza delle Sezioni Unite è quindi attesa per portare certezza giuridica su un punto procedurale di grande rilevanza pratica.

Quando si può chiedere la rimessione del processo?
La rimessione del processo può essere richiesta solo in presenza di “gravi situazioni locali”, ovvero fenomeni esterni alla normale dialettica processuale, che pregiudicano concretamente l’imparzialità dell’ufficio giudiziario o la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo. Non sono sufficienti le tensioni interne al dibattimento.

La richiesta di rimessione deve essere notificata alla persona offesa anche se non è parte civile?
Sì. Secondo l’interpretazione fornita dalla Corte, l’art. 46, comma 1, c.p.p. impone, a pena di inammissibilità, che la richiesta sia notificata a tutte le “altre parti”. Tale nozione include la persona offesa in quanto titolare di un interesse sostanziale alla sede del processo, anche se non si è formalmente costituita parte civile.

Se la richiesta di rimessione viene respinta, si devono pagare le spese processuali?
Attualmente la questione è oggetto di un contrasto giurisprudenziale. Un orientamento esclude la condanna alle spese, poiché non espressamente prevista dall’art. 48 c.p.p. Un altro orientamento la ammette, applicando il principio generale dell’art. 616 c.p.p. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite per risolvere il contrasto e fornire una risposta definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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