Rimessione del processo: la forma è sostanza
L’istituto della rimessione del processo rappresenta una garanzia fondamentale nel nostro ordinamento, volta ad assicurare che ogni processo si svolga in un clima di serenità e imparzialità. Tuttavia, l’accesso a tale strumento è subordinato al rispetto di precise regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda come il mancato rispetto di queste formalità possa condurre a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche per il richiedente. Analizziamo il caso e la decisione dei giudici.
I fatti del caso
Un imputato, detenuto presso una casa circondariale, presentava un’istanza manoscritta per ottenere la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria. La richiesta riguardava una serie di procedimenti pendenti a suo carico presso un Tribunale del Sud Italia. Il motivo addotto era una presunta “grave inimicizia” che, a suo dire, avrebbe minato l’imparzialità del giudizio. L’istanza veniva trasmessa alla Corte di Cassazione direttamente dall’ufficio matricola dell’istituto penitenziario.
La decisione della Corte sulla rimessione del processo
La Suprema Corte ha dichiarato l’istanza inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle accuse di inimicizia mosse dall’imputato, ma si è fermata a un gradino prima, su un aspetto puramente procedurale. Secondo i giudici, l’imputato non aveva seguito la corretta procedura per presentare la sua richiesta, rendendola irricevibile. Di conseguenza, oltre a respingere la richiesta, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le motivazioni: il mancato deposito in cancelleria
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 46 del codice di procedura penale. La norma stabilisce chiaramente che l’istanza di rimessione deve essere “depositata” presso la cancelleria del giudice che sta procedendo. La Corte ha sottolineato la differenza sostanziale tra il “deposito” e la mera “comunicazione”.
Il deposito è un atto formale che inserisce l’istanza nel fascicolo processuale, garantendone la conoscenza ufficiale a tutte le parti e al giudice. La semplice trasmissione dell’atto dall’ufficio del carcere, sebbene porti l’istanza a conoscenza della Corte, non soddisfa questo requisito formale, previsto a pena di inammissibilità.
Pur riconoscendo che l’imputato può presentare personalmente la richiesta, la Corte ha ribadito che tale facoltà non lo esime dal rispettare le forme prescritte dalla legge. A margine, i giudici hanno anche notato come l’istanza apparisse comunque priva di qualsiasi fondamento fattuale e logico, definendo “del tutto incomprensibili” le ragioni per cui si sarebbe dovuto dubitare dell’imparzialità di un magistrato menzionato nell’atto.
Le conclusioni: le conseguenze dell’inammissibilità
La pronuncia ribadisce un principio cruciale: nel diritto processuale, la forma è garanzia e sostanza. L’inosservanza delle regole procedurali, anche quelle che possono sembrare meri cavilli, può precludere l’esame nel merito di una richiesta. La condanna al pagamento della sanzione pecuniaria, applicata ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, non è una punizione discrezionale, ma una conseguenza quasi automatica della declaratoria di inammissibilità di un ricorso. La Corte ha infatti precisato che la legge non fa distinzioni tra le varie cause di inammissibilità, equiparando quelle procedurali, come nel caso di specie, a quelle relative ai motivi del ricorso. Questa decisione serve da monito sull’importanza di affidarsi a una difesa tecnica competente per la corretta redazione e presentazione degli atti giudiziari.
È sufficiente trasmettere un’istanza di rimessione del processo tramite l’ufficio matricola del carcere?
No, l’articolo 46 del codice di procedura penale richiede espressamente il “deposito” formale dell’istanza presso la cancelleria del giudice che procede, un adempimento che non può essere sostituito dalla semplice trasmissione dell’atto da parte dell’amministrazione penitenziaria.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di una richiesta di rimessione del processo?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del richiedente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, come stabilito dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
L’imputato può presentare personalmente un’istanza di rimessione del processo senza un avvocato?
Sì, la Corte conferma che l’imputato ha la facoltà di proporre personalmente la richiesta. Tuttavia, egli è tenuto a rispettare scrupolosamente tutte le formalità previste dalla legge per la sua presentazione, pena, come in questo caso, la dichiarazione di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26708 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26708 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
ORDINANZA
vista la richiesta di rimessione proposta da: COGNOME NOME nato a MATERA il DATA_NASCITA
trasmessa con ordinanza del TRIBUNALE di MATERA del 16/01/2024
Vlito -Wviso alle parti; 1
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con atto manoscritto, trasmesso in data 16/01/2024 dall’ufficio matricola della Casa circondariale di Lecce, COGNOME NOME formulava istanza di rimessione per grave inimicizia di una serie di processi pendenti presso il Tribunale di Matera.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’istanza è inammissibile.
Pur ritenendosi che, in tema di rimessione del processo, l’imputato può proporre personalmente la relativa richiesta alla Corte di cassazione, trattandosi di una competenza non demandata a quest’ultima per effetto di un “ricorso” e perciò sottratta all’ambito applicativo della modifica apportata agli artt. 571, comma 1 e 613, comma 1, cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. 5, n. 49483 del 13/11/2019, Licciardi, Rv. 277522 – 01), l’articolo 46 prescrive tuttavia, a pena di inammissibilità, una serie di adempimenti a carico dell’istante, tra i quali il “deposito” (e non la mera comunicazione a mezzo EMAIL) dell’istanza presso la cancelleria del giudice, cui l’istante non ha ottemperato.
A ciò il Collegio doverosamente aggiunge che l’istanza appare priva di qualsiasi fondamento non soltanto fattuale, ma persino logico, risultando del tutto incomprensibili le ragioni per le quali sussisterebbe un legittimo sospetto a carico della AVV_NOTAIO NOME.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività consegue la condanna in favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, nè vi sono ragioni logiche idonee a giustificare una differenza di trattamento tra le ipotesi previste dall’art. 606, comma terzo, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 cod. proc. pen. (Sez. 5, Sentenza n. 32954 del 23/05/2014, Mozzato, Rv. 261661 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 19 aprile 2024.