Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35929 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35929 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME NOME
NOME COGNOME
SENTENZA
vista la richiesta di rimessione proposta da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/05/2025 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della richiesta.
Udito il difensore procedimento a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, imputato dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno per i reati di cui agli artt. 81 cod. pen. e 75, commi 1 e 2 d.lgs. n. 159/2011 nel procedimento penale n. 3438/2016 r.g.n.r., ha chiesto, con atto in data 27/05/2025, che la Corte di cassazione disponga ai sensi degli artt. 45, 46 e 47 cod. proc. pen. la rimessione di tale procedimento ad altro Giudice, designandolo ai sensi dell’art. 11 cod. proc. pen.
Lamenta che nei suoi confronti Ł in atto una vera e propria discriminazione confermata anche da una decisione del Tribunale di Ascoli Piceno con la quale veniva inibito all’imputato di presenziare in udienza a causa della sua ritenuta pericolosità.
Espone che già la Corte di appello di Ancona aveva annullato una precedente sentenza emessa a suo carico dal Tribunale di Ascoli Piceno nel presente giudizio, perchØ ritenuta nulla.
Vi erano gravi situazioni locali perturbanti che emergevano dalle dichiarazioni del teste NOME COGNOME all’udienza del 13/12/2023 e dalle conversazioni tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, registrate e trascritte dal perito fonico NOME COGNOME, che venivano allegati all’istanza.
Sussistevano, ad avviso della difesa, condizionamenti derivanti da una conflittualità preconcetta e abnorme, idonea a far velo ad una visione distaccata della vicenda processuale.
Costituiva in particolare motivo di legittimo sospetto la grave inimicizia intervenuta tra l’imputato e il Tribunale di Ascoli Piceno e le gravi condizioni locali, evidenziate dal fatto che COGNOME ha parlato dei suoi rapporti con le forze dell’ordine, dicendo che «lo volevano
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
incastrare per forza» e dalle frasi dei colloqui trascritti in cui emerge conferma di tale atteggiamento di pregiudizio.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’istanza Ł inammissibile.
2. Il presupposto per la rimessione del processo Ł la “grave situazione locale” di cui all’art. 45 cod. proc. pen., definita dalla giurisprudenza come «fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice (inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, tale che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa» (Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017, dep. 2018, Ierbulla, Rv. 273116 – 01).
In applicazione di questo principio Ł stato, ad esempio, «escluso che potesse integrare il presupposto per la rimessione l’adozione, in un diverso procedimento celebrato a carico del medesimo imputato, di un’ordinanza ex art.521, cod. proc. pen., con la quale il tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, il tutto in un contesto in cui il pubblico ministero d’udienza aveva dichiarato il proprio pregiudizio nei confronti dell’imputato e di tutto il distretto giudiziario nel quale quest’ultimo aveva in precedenza svolto le funzioni di presidente di tribunale» (Sez. 6, n. 29413 del 06/06/2018, Boccalatte, Rv. 273560 – 01).
L’istante deve rispondere del reato di violazione delle misure di prevenzione e la sua precedente condanna Ł stata annullata perchØ il Tribunale aveva disposto la partecipazione dell’imputato in videoconferenza ai sensi dell’art. 146bis , comma 1quater , disp. att. cod. proc. pen. a seguito di una specifica richiesta del DAP, che rappresentava esigenze di sicurezza senza tuttavia esplicitarle. E la nullità Ł stata dichiarata perchØ la Corte di appello ha ritenuto che dovessero essere esplicitate e specificamente valutate di tale determinazione.
L’istante non spiega quali sono le ragioni della nuova applicazione della stessa disposizione dopo la declaratoria di nullità della precedente sentenza e la restituzione degli atti al giudice di primo grado; sicchŁ non può ritenersi che la mera reiterazione del provvedimento, che ora potrebbe essere piø correttamente motivata, sia indicativo di avversione o di pregiudizio del Tribunale, nØ di una grave inimicizia tra l’autorità procedente e la sua persona.
Va in proposito anche aggiunto che la richiamata sentenza della Corte di appello di Ancona nel disporre l’annullamento della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno consente di dedurre l’accertamento del vizio di violazione di una norma processuale, non già un preconcetto sfavore o un giudizio parziale in danno dell’imputato.
Nell’istanza, inoltre, si fa sostiene che la preoccupazione che anima l’imputato non sia generica e si fa riferimento a dichiarazioni di un teste, tale NOME COGNOME, senza tuttavia specificare che rilevanza esse assumano nel giudizio e ai fini della dimostrazione dell’esposizione a condizionamento dell’ufficio giudiziario procedente.
Si fa riferimento, altresì, alle conversazioni intercettate e trascritte, che paiono riferirsi a
contatti intercorsi con esponenti delle forze dell’ordine, ma anche da esse non si ricava alcun elemento riguardo i magistrati chiamati a celebrare il processo a suo carico o comunque appartenenti al Tribunale di Ascoli Piceno.
In ogni caso anche tutti questi elementi descrivono giudizi e valutazioni e non specifiche circostanze di condizionamento locale; soprattutto non coinvolgono l’ufficio giudiziario, nØ possono incidere sulla sua imparzialità, visto che al piø possono dimostrare l’avversione di alcuni organi investigativi.
SicchØ l’istanza di remissione appare manifestamente infondata.
3. Va infine ricordato che, secondo un orientamento assai persuasivo della giurisprudenza di legittimità «in tema di rimessione del processo, la declaratoria di inammissibilità della richiesta non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nulla prevedendo al riguardo l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e non potendosi integrare tale disposizione con la previsione generale dell’art. 616 cod. proc. pen., in ragione della peculiare natura dell’istituto e dell’atto introduttivo del relativo procedimento incidentale» (Sez. 3, n. 42478 del 14/10/2024, C., Rv. 287141 – 01).
Così anche si Ł espressa Sez. 6, n. 43540 del 19/09/2023, Testiera, Rv. 285359 – 01, secondo la quale «la declaratoria di inammissibilità della richiesta non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nulla prevedendo al riguardo l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e non potendosi integrare tale disposizione, in considerazione della peculiare natura dell’istituto e dell’atto introduttivo del relativo procedimento incidentale, con la previsione generale di cui all’art. 616 cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che la rimessione Ł correlata alla rappresentazione di una “grave situazione locale” esterna al processo ed Ł introdotta ex art. 46, comma 2, cod. proc. pen. anche con richiesta personale dell’imputato, diversamente dal ricorso per cassazione che, ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., deve essere redatto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione)».
Questo orientamento Ł ora ulteriormente confermato dall’informazione provvisoria di Sez. U n. 12 del 10/05/2025, COGNOME.
SicchŁ dalla declaratoria di inammissibilità non può derivare la condanna alle spese del procedimento.
Tuttavia, non ravvisandosi ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 07/06/2000, e anzi stante l’assoluta genericità delle ragioni addotte emergendo la sussistenza di profili di colpa, il ricorrente deve essere condannato al pagamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 17/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME