Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28540 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28540 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
vista la richiesta di rimessione proposta da
NOME nato a Cosenza il 10/07/1978
avverso l’ordinanza del 30/01/2025 del TRIBUNALE DI VERONA
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della richiesta.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ha chiesto, tramite il suo difensore e procuratore speciale, Avvocato NOME COGNOME la rimessione ad altro ufficio giudiziario del processo pendente a suo carico dinanzi al Tribunale di Verona, nel quale è imputato del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216, comma 1, nn. 1 e 2, 219, comma 2, n. 1 e
223, comma 1, L.F. (fatto commesso in Verona il 24 maggio 2019, data del fallimento della RAGIONE_SOCIALE).
La richiesta si fonda sulla circostanza che all’udienza del 10 giugno 2024 nell’ambito del dibattimento relativo ad altro processo celebrato a carico dell’istante – il Pubblico Ministero aveva chiesto la trasmissione degli atti al suo Ufficio per procedere nei confronti del suo difensore, Avvocato COGNOME per il reato di oltraggio a magistrato in udienza, essendosi, questi, opposto alle domande del giudice, ritenute nocive per la credibilità dei testimoni.
L’iniziativa del Pubblico Ministero, percepita come un tentativo di intimidire la difesa, limitandone le prerogative, era stata aspramente censurata da numerose istituzioni forensi ed aveva creato le condizioni per dubitare della stessa imparzialità dei giudici del Tribunale di Verona, ufficio del quale faceva parte il giudice divenuto parte offesa del reato di oltraggio a magistrato di udienza istaurato a carico del menzionato difensore. Tale situazione ambientale era tale da riverberarsi sulla serenità di tutti i giudizi celebrati a carico dell’istante dinanzi al Tribunale di Verona, compreso quello per i fatti di cui al procedimento penale R.G.N.R. n. 1752/2020, in quanto l’ostilità palesata nei confronti dell’Avvocato NOME avrebbe potuto condizionarne l’operato, nel senso che questi si sarebbe potuto trovare costretto a scegliere tra il tutelare i diritti dell’imputato, rischiando nuove accuse di oltraggio, oppure il rinunciare alla difesa attiva, violando i propri doveri deontologici.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per iscritto in data 22 giugno 2025 chiedendo che la richiesta sia dichiarata inammissibile.
Con memoria depositata in Cancelleria tramite PEC l’8 luglio 2025 l’Avvocato NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento dell’istanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’avanzata richiesta di rimessione è inammissibile.
Va rammentato che la rimessione del processo ha natura eccezionale e può trovare applicazione solo in presenza di gravi e non altrimenti eliminabili situazioni locali, in grado di turbare lo svolgimento del processo e di pregiudicare la libera determinazione delle persone che vi partecipano (Sez. 6, n. 22077 del 05/03/2015, Marino, Rv. 263559). Trattandosi, infatti, di istituto che deroga alla competenza per territorio, per effetto del sospetto di condizionamenti del giudice
in ordine alla sua imparzialità, esso è regolato da norme che postulano un’interpretazione rigorosa e restrittiva per i chiari riflessi di ordine costituzionale attinenti al principio del giudice naturale precostituito per legge (Sez. 2, n. 2565 del 19/12/2014 – dep. 21/01/2015, NOME, Rv. 262278).
Donde, si è affermato che la situazione ambientale incompatibile con la libera determinazione dei soggetti processuali deve consistere in fattori oggettivamente idonei a fuorviare la serenità di giudizio e tali da riverberarsi sull’organo giudicante indipendentemente dalla sua composizione (Sez. 5, n. 5655 del 14/11/2014 – dep. 06/02/2015, Querci, Rv. 264269) e da dare luogo ad un pregiudizio effettivo. Esorbitano, pertanto, dal raggio di applicazione della rimessione del processo turbative solo potenzialmente idonee ad incidere sulla serenità del giudizio ovvero mere congetture, supposizioni o illazioni o vaghi timori soggettivi dell’imputato (Sez. 5, n. 41694 del 15/07/2011, Holzeisen, Rv. 251110), richiedendosi, piuttosto e rigorosamente, un’incidenza negativa dei prospettati fattori fuorvianti di tale concreta portata da diventare effettivamente inquinanti (Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017 – dep. 29/05/2018, COGNOME, Rv. 273116; Sez. 2, n. 2565 del 19/12/2014 – dep. 21/01/2015, Sigmund, Rv. 262278).
2. Tanto premesso, quanto addotto a sostegno della richiesta di rimessione proposta nell’interesse di NOME COGNOME ossia, il clima di tensione e ostilità creatosi nell’ambito del Tribunale di Verona, dinanzi al quale pendevano vari processi a carico dell’istante, nei confronti del suo difensore, sottoposto a procedimento penale dal locale Procuratore della Repubblica solo perché aveva inteso esercitare con pienezza le prerogative del proprio ministero – tensione e ostilità che lasciavano preconizzare uno svolgimento di tali processi non in condizioni di imparzialità e serenità -, non è tale da integrare ‘la grave situazione locale’ che giustifica l’applicazione dell’istituto.
Tale ‘grave situazione locale’ deve essere rappresentata, invero, da fenomeni esterni alla dialettica processuale, proprio a tutela del principio della precostituzione per legge del giudice naturale e in linea con quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in relazione agli artt. 6, par. 1, e 13 della Convenzione EDU (Sez. 6, n. 17170 del 01/03/2016, COGNOME, Rv. 267170 – 01). Questa Corte ha, perciò, già affermato che, in tema di rimessione del processo, i motivi di legittimo sospetto si possono configurare solo in presenza di una ‘grave situazione locale’ tale da turbare il processo, che investa l’ufficio giudiziario nel suo complesso e non i singoli giudici o magistrati del pubblico ministero, giacché, in quest’ultima eventualità, l’osservanza delle regole del giusto processo può essere assicurata mediante l’astensione e la ricusazione, senza necessità del trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 6, n. 13419 del
05/03/2019, COGNOME Rv. 275366 – 01); in particolare, si è espressa precisando che, ai fini della rimessione del processo, gli atti e i comportamenti del pubblico ministero possono assumere rilevanza ai sensi degli artt. 45 e segg. cod. proc. pen. solo allorché abbiano pregiudicato la libera determinazione delle persone che vi partecipano ovvero abbiano dato origine a motivi di legittimo sospetto sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo (Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, Berlusconi, Rv. 255376 – 01).
Ne viene che – e lo si deve ribadire – mere patologie interne al processo, ove non siano iscritte in un quadro ambientale connotato dalla presenza di una grave situazione locale autonomamente accertata, non possono legittimare l’eccezionale rimedio della rimessione del processo (Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003, Berlusconi ed altri, Rv. 223642). In sostanza, ai fini della rimessione del processo, non rileva il “clima” in cui esso si celebra, quale determinato dalle condotte delle parti processuali e del giudice, tali figure costituendo, altrimenti, «lo strumento per potere “scegliere” fori alternativi rispetto a quello naturalmente determinato» (Sez. 2, n. 55328 del 23/12/2016, COGNOME, Rv. 268531 – 01, in motivazione).
Da ciò deriva la dichiarazione di inammissibilità della richiesta, cui fa seguito, ai sensi dell’art. 48, comma 6, cod. proc. pen., la condanna dell’istante al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto l’istanza senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
L’istante, invece, non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
Le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, con decisione in data 10 luglio 2025, resa in riferimento alla richiesta n. 35979/2024 (sempre presentata nell’interesse di NOME COGNOME, come si desume dall’informazione provvisoria diffusa, hanno dato risposta negativa al quesito «Se, in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione, la parte privata richiedente debba essere condannata al pagamento delle spese processuali», aderendo, evidentemente, all’orientamento interpretativo secondo cui «In tema di rimessione del processo, la declaratoria di inammissibilità della richiesta non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nulla prevedendo al riguardo l’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e non potendosi integrare tale disposizione, in considerazione della peculiare natura dell’istituto e dell’atto introduttivo del relativo procedimento incidentale, con la previsione generale di cui all’art. 616 cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 43540 del 19/09/2023, Testiera, Rv. 285359 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile la richiesta e condanna l’istante al versamento della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così è deciso, 14/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME