Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13637 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13637 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
vista la richiesta di rimessione proposta da: COGNOME NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/07/2023 del TRIBUNALE di MONZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con richiesta del 27 giugno 2023 NOME imputata nell’ambito del procedimento penale n. 1835/23 R.G.N.R., pendente innanzi al tribunale di Monza in composizione monocratica, per il reato di lesioni personali volontarie, ha presentato istanza di rimessione del processo ad altro giudice, ai sensi degli artt. 45 e 46, c.p.p.
Ad avviso dell’istante sussiste un pericolo concreto di mancanza di imparzialità da parte del giudice procedente, a causa di gravi situazioni locali, che non sono altrimenti eliminabili e che pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo e determinano motivi di legittimo sospetto, con particolare riferimento alla circostanza che la costituita parte civile, coniuge dell’imputata e l’AVV_NOTAIO, “indicato dalla difesa dell’imputata quale teste oculare dei fatti per cui si procede, sono, rispettivamente, cugino e marito della AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME, “magistrato autorevole con funzioni apicali presso il tribunale di Monza”.
Tali circostanze, ad avviso della NOME, determinano un chiaro timore reverenziale, che potrebbe avere già inciso nell’esordio e nel prosieguo delle indagini e che potrà incidere sulla libera determinazione di tutti i soggetti partecipanti al processo, come dimostrato dalle carenze investigative, che hanno contraddistinto ad oggi il procedimento (si pensi, tra l’altro, che l’AVV_NOTAIO, non è mai stato sentito dall’autorità giudiziaria, nemmeno dopo l’espressa richiesta formulata in tal senso dall’imputata)
Con requisitoria scritta del 18.4.2023 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, nella persona del AVV_NOTAIO, chiede che l’istanza sia dichiarata inammissibile,
Con nota e memoria del 6.11.2023, pervenute a mezzo di posta elettronica certificata, il difensore di fiducia della NOME, AVV_NOTAIO COGNOME COGNOME, COGNOME insiste COGNOME per COGNOME l’accoglimento COGNOME della COGNOME richiesta, soffermandosi sulla posizione della AVV_NOTAIO ssa COGNOME all’interno degli uffici giudiziari di Monza; sugli stretti rapporti esistenti Ira le parti e sull’adozione di provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria, che
denotano la volontà di “annichilire” le legittime aspettative di difesa dei propri diritti da parte della NOME.
La richiesta di rimessione va dichiarata inammissibile, apparendo manifestamente infondata.
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare da tempo (cfr. Cass. S.U. 28 gennaio 2003, n. 13687), l’istitutp della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii.
La richiesta di rimessione del procedimento, dunque, deve essere fondata su circostanze gravi, tali da legittimare il timore che, per il concorso di una situazione ambientale anomala, la serenità e l’imparzialità dei giudici possano essere seriamente incise e menomate, con compromissione della corretta esplicazione della funzione giurisdizionale, e non può essere giustificata da mere congetture, supposizioni o illazioni ovvero da vaghi timori soggettivi dell’imputato. (cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 15/07/2011, n. 41694, rv. 251110).
Per grave situazione locale, peraltro, deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito ovvero di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, potendo, i motivi di legittimo sospetto, configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa (cfr., ex plurimis, Sez. V, 27/04/2011, n. 22275, COGNOME rv 250575; Sez. COGNOME 2, COGNOME Ordinanza COGNOME n. COGNOME 55328 COGNOME del 23/12/2016, Rv. 268531; Sez. COGNOME 3, n. COGNOME 24050 COGNOME del COGNOME 18/12/2017, COGNOME Rv. 273116).
Orbene, applicando tali principi al caso in esame, appare evidente come la Muahi, in relazione alla supposta assenza di imparzialità da parte della
magistratura di Monza, si sia limitata a manifestare semplici timori soggettivi, senza addurre alcun serio elemento in base al quale dedurre l’esistenza di una grave situazione locale, esterna alla dialettica processuale, in grado di rappresentare un concreto pericolo per la non imparzialità dei magistrati della menzionata sede giudiziaria.
Ne consegue la manifesta infondatezza dell’assunto secondo cui l’imparzialità dei magistrati del tribunale di Monza sia compromessa dagli addotti elementi, trattandosi di una mera congettura o supposizione.
Come del tutto arbitrario e congetturale appare attribuire alle condotte processuali indicate dall’istante il valore sintomatico della non imparzialità dei magistrati del tribunale di Monza, che la Muahi pretende di desumervi.
Alla originaria inammissibilità dei motivi posti a fondamento della istanza di rimessione, si aggiunge la inammissibilità dei motivi articolati nella richiamata memoria, del pari generici e del tutto congetturali.
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto dalla Muahi va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 48, co. 6, e 49, co. 2, c.p.p., con condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 3000,00, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità della richiesta non consente di ritenere la Muahi immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
dichiara inammissibile il ricorso e condanna).!’ ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22.11.2023.