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Rimessione del processo: no se critica il giudice

Un imputato, condannato all’ergastolo per omicidio, ha richiesto la rimessione del processo d’appello lamentando un pregiudizio da parte dei giudici e la mancata visione di atti secretati. La Corte di Cassazione ha dichiarato la richiesta inammissibile, specificando che la rimessione del processo è un rimedio eccezionale applicabile solo per gravi situazioni locali esterne al processo, e non per contestare la gestione interna della causa da parte dell’organo giudicante. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimessione del Processo: Quando le Critiche al Giudice Non Bastano

L’istituto della rimessione del processo rappresenta una garanzia fondamentale per assicurare un giudizio sereno e imparziale. Tuttavia, il suo utilizzo è strettamente circoscritto a situazioni eccezionali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1709/2024) ha ribadito con forza i confini di questo strumento, chiarendo che non può essere utilizzato per contestare la gestione del processo da parte del giudice. Analizziamo il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo per omicidio volontario aggravato, presentava istanza di rimessione del processo d’appello. Le sue lamentele si concentravano su un presunto e significativo pregiudizio subito sia nella fase delle indagini preliminari sia in quella dibattimentale.

In particolare, l’imputato sosteneva che:
1. Gli era stato negato l’accesso al contenuto integrale di un verbale di dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, a causa di un omissis che, a suo dire, poteva nascondere elementi cruciali per la sua difesa.
2. Il pubblico ministero e le corti di merito avevano mantenuto un atteggiamento di “assoluta chiusura” rispetto alle sue richieste difensive.

Secondo il ricorrente, questa condotta dimostrava una “pregiudicata libertà di determinazione” da parte degli organi giudicanti, che avrebbero agito in convergenza con l’accusa, allontanandosi dall’obiettivo di un accertamento imparziale dei fatti.

La Decisione della Corte sulla Rimessione del Processo

La Corte di Cassazione ha dichiarato la richiesta di rimessione manifestamente infondata e, pertanto, inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, che distingue nettamente tra problematiche interne al processo e quelle situazioni esterne che sole possono giustificare il trasferimento del giudizio.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che la rimessione del processo è ammessa solo in presenza di una “grave situazione locale”. Questo concetto si riferisce a un fenomeno esterno alla dialettica processuale, che riguarda l’ambiente territoriale in cui si svolge il giudizio. Deve trattarsi di una situazione di tale gravità da generare un pericolo concreto per l’imparzialità del giudice o per la libertà di determinazione di chi partecipa al processo (testimoni, periti, etc.).

Nel caso di specie, le doglianze dell’imputato non riguardavano fattori esterni, ma erano interamente concentrate sulla gestione interna del processo da parte degli organi giudiziari. Le critiche all’apposizione di un omissis, la reiezione delle istanze difensive e la percezione di un atteggiamento ostile da parte del collegio giudicante sono tutte questioni che attengono alla “dialettica processuale”.

Come sottolineato dalla Cassazione, queste presunte “torsioni” dello strumento processuale, pur se ipoteticamente esistenti, non configurano quella “grave situazione locale” richiesta dalla legge. Le eventuali anomalie o errori nella conduzione del dibattimento devono essere fatte valere attraverso gli strumenti ordinari previsti dal codice di procedura penale, come i motivi di appello, e non con il rimedio straordinario della rimessione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame riafferma con chiarezza un principio cardine del nostro ordinamento: la rimessione del processo è uno strumento eccezionale per proteggere il giudizio da inquinamenti esterni, non un mezzo per sindacare le decisioni o l’atteggiamento del giudice all’interno dell’aula di tribunale. Le lamentele relative alla conduzione del processo, anche se percepite come un pregiudizio, devono essere incanalate nei corretti binari delle impugnazioni. La decisione della Corte, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione di 3.000 euro, serve anche da monito contro un uso improprio di questo istituto, volto a preservarne la funzione di garanzia per i casi in cui è veramente necessario.

Quando è possibile chiedere la rimessione del processo?
La rimessione del processo può essere richiesta solo in presenza di una “grave situazione locale”, intesa come un fenomeno esterno alla dinamica processuale (ad esempio, pressioni ambientali, minacce) che possa concretamente compromettere l’imparzialità del giudice o la libera determinazione delle persone che partecipano al processo.

Le critiche al modo in cui un giudice conduce il processo possono giustificare la sua rimessione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le lamentele riguardanti la gestione interna del processo, come la reiezione di richieste difensive o un presunto atteggiamento ostile del giudice, rientrano nella normale “dialettica processuale” e non costituiscono una grave situazione locale idonea a giustificare la rimessione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di una richiesta di rimessione?
Quando la richiesta viene dichiarata inammissibile, il richiedente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’istanza infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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