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Rimedio risarcitorio: no a sconti pena discontinui

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto che chiedeva una riduzione della pena attuale come compensazione per condizioni detentive inumane subite in un precedente periodo di carcerazione, ormai concluso. La Corte ha stabilito che il rimedio risarcitorio sotto forma di sconto di pena è applicabile solo in caso di continuità tra i periodi di detenzione. Essendoci stata un’interruzione, l’unico rimedio possibile era un risarcimento monetario, ma la richiesta è stata presentata oltre il termine di decadenza previsto dalla legge.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimedio Risarcitorio: Niente Sconto di Pena se la Detenzione è Discontinua

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27224/2025, è intervenuta su un’importante questione relativa al rimedio risarcitorio per le condizioni di detenzione inumane e degradanti, previsto dall’art. 35-ter dell’ordinamento penitenziario. La decisione chiarisce in modo netto i limiti di applicabilità dello “sconto di pena” quando i periodi di carcerazione non sono continui, sottolineando l’importanza dei termini di decadenza per le richieste di indennizzo monetario.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto che aveva presentato un reclamo al Tribunale di Sorveglianza per ottenere i benefici previsti dall’art. 35-ter ord. pen. La sua richiesta si riferiva a un lungo periodo di detenzione sofferto tra il 6 marzo 1991 e il 24 giugno 2011, durante il quale asseriva di aver subito un pregiudizio a causa di condizioni carcerarie non conformi alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Tuttavia, al momento della richiesta, il ricorrente stava scontando una nuova pena, iniziata il 22 gennaio 2014, per fatti di reato diversi e successivi. Tra i due periodi di detenzione vi era quindi stata una chiara interruzione di oltre due anni.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato il reclamo, sostenendo che la richiesta era stata presentata oltre il termine di decadenza previsto dalla disciplina transitoria introdotta nel 2014. Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il rimedio risarcitorio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando integralmente la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il punto centrale della sentenza ruota attorno alla distinzione fondamentale tra il rimedio compensativo (riduzione della pena residua) e il rimedio monetario (risarcimento economico).

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la discontinuità tra le fasi esecutive impedisce di applicare il rimedio della riduzione di pena a un titolo esecutivo attuale per un pregiudizio subito in una detenzione passata e già conclusa. In altre parole, non è possibile “trasferire” uno sconto di pena da una carcerazione terminata a una nuova e autonoma.

Le Motivazioni della Sentenza

Le argomentazioni della Corte si basano su una chiara interpretazione della normativa e dei suoi scopi.

Rimedio Compensativo vs. Rimedio Monetario

L’art. 35-ter ord. pen. prevede due principali forme di rimedio risarcitorio:
1. Riduzione della pena (comma 1): Un giorno di sconto per ogni dieci giorni di detenzione inumana. Questo rimedio è applicabile solo se la pena è ancora in corso di esecuzione e c’è continuità tra il periodo del pregiudizio e quello della pena da scontare.
2. Ristoro monetario (comma 3): Una somma di 8,00 euro per ogni giorno di pregiudizio. Questo rimedio si applica quando la pena è già terminata, o quando non è possibile applicare lo sconto di pena.

Nel caso di specie, essendo la prima detenzione terminata nel 2011, l’unico rimedio esperibile era quello monetario.

L’importanza della Continuità Esecutiva

La Corte ha sottolineato che ammettere la riduzione di pena in un caso di discontinuità contrasterebbe con la logica del sistema. La riduzione della pena è strettamente correlata al titolo esecutivo in corso. Un periodo di detenzione concluso rappresenta un rapporto esecutivo esaurito. I due periodi, nel caso esaminato, erano autonomi e non unificati da un provvedimento di cumulo che li considerasse come un’unica esecuzione. Pertanto, i crediti di pena maturati nel primo periodo non potevano essere “spesi” nel secondo.

La Decadenza dal Diritto al Risarcimento

Per le detenzioni subite e concluse prima dell’introduzione della legge nel 2014, il legislatore ha previsto una norma transitoria (art. 2, comma 1, d.l. n. 92 del 2014) che fissava un termine perentorio di sei mesi, a pena di decadenza, per presentare la domanda di risarcimento monetario. Tale termine decorreva dal 28 giugno 2014. Poiché il ricorrente ha presentato la sua istanza nel 2020, era ampiamente oltre il termine previsto, rendendo la sua richiesta inammissibile per tardività.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce con fermezza un principio cruciale: la scelta del rimedio risarcitorio e i termini per la sua attivazione dipendono strettamente dalla continuità o discontinuità dell’esecuzione della pena. Chi ha subito un pregiudizio durante una carcerazione ormai conclusa non può sperare in uno sconto sulla pena di una successiva e autonoma detenzione. L’unica via è quella del risarcimento economico, ma è fondamentale agire entro i rigidi termini di decadenza stabiliti dalla legge. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di attivare tempestivamente gli strumenti di tutela per non perdere il diritto al risarcimento.

È possibile ottenere uno sconto sulla pena attuale per condizioni di detenzione inumane subite in un periodo di carcerazione precedente e già concluso?
No, la sentenza chiarisce che se esiste una “discontinuità temporale” tra i due periodi di detenzione, non è possibile applicare il rimedio compensativo della riduzione della pena attuale. Lo sconto di pena può essere applicato solo alla pena in corso di esecuzione e in relazione alla quale si è subito il pregiudizio, o in un’esecuzione unificata senza soluzione di continuità.

Quale rimedio è previsto per chi ha subito un trattamento inumano durante una detenzione passata e non più in corso?
L’unico rimedio disponibile in questi casi è quello del ristoro monetario, ovvero una somma di denaro pari a 8,00 euro per ogni giorno in cui è stata accertata la violazione, come previsto dall’art. 35-ter, comma 3, dell’ordinamento penitenziario.

Esiste un termine per richiedere il risarcimento per detenzioni inumane concluse prima dell’entrata in vigore della legge del 2014?
Sì, la disciplina transitoria (d.l. n. 92 del 2014) ha stabilito un termine di decadenza di sei mesi, decorrente dalla data di entrata in vigore della norma (28 giugno 2014), per presentare la richiesta di risarcimento monetario per i periodi di pena già espiati. Superato tale termine, il diritto al risarcimento si estingue.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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