Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27224 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27224 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 14/02/2025 del Tribunale di Sorveglianza di Milano lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
Il Tribunale di Sorveglianza di Milano, con ordinanza del 14 febbraio 2025, ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento con cui era stata respinta l’istanza presentata da NOME COGNOME ex art. 35ter , comma 1, ord. pen. finalizzata a ottenere i rimedi risarcitori ivi previsti per il periodo compreso nell’arco temporale tra il 6 marzo 1991 e il 24 giugno 2011.
Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha respinto la richiesta ravvisando una discontinuità tra il periodo al quale si riferisce la richiesta e quello attualmente in espiazione e, quindi, rilevando che il rimedio, pure eventualmente attivabile solo a fini risarcitori, Ł stato proposto oltre il termine di decadenza previsto dalla disciplina transitoria stabilita dall’art. 2, comma 1, d.l. n. 92 del 2014.
3.Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, in un unico motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 35ter ord. pen. evidenziando che la conclusione cui Ł pervenuto il Tribunale sarebbe errata in quanto, diversamente da quanto ritenuto, il pregresso periodo di carcerazione sarebbe assorbito nel titolo in espiazione.
In data 26 marzo 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME ha richiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato.
In unico motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 35ter ord. pen.
La doglianza Ł infondata.
2.1. L’art. 35ter ord. pen. prevede i rimedi risarcitori per le ipotesi di violazione
Sent. n. sez. 1443/2025 CC – 23/04/2025 R.G.N. 8046/2025
dell’art. 3 Cedu nei confronti di soggetti detenuti e internati.
Il primo comma stabilisce che, se il pregiudizio si Ł protratto per un periodo di tempo non inferiore a quindici giorni il detenuto può presentare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, una istanza al magistrato di sorveglianza che, accertata la fondatezza della domanda, dispone a titolo di risarcimento del danno la riduzione della pena detentiva ancora da espiare in ragione di un giorno ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio.
Ai sensi del secondo comma, qualora il periodo da espiare non consenta la detrazione ovvero quando la detenzione non conforme ai criteri dettati dall’art. 3 Cedu sia inferiore a quindici giorni, lo stesso magistrato di sorveglianza riconosce a titolo di risarcimento in favore del detenuto la somma di 8,00 euro per ogni giorno per il quale Ł stata accertata la violazione.
Il terzo comma prevede le ipotesi in cui la richiesta si riferisce alla restrizione subita in custodia cautelare quando questa non sia computabile nella determinazione della detenzione da espiare e, piø in generale, quella in cui la stessa riguarda un periodo relativo a una pena la cui espiazione Ł già terminata.
In tali casi, sempre ai sensi del terzo comma, la domanda deve essere presentata a pena di decadenza entro sei mesi dalla cessazione della custodia cautelare o dello stato di detenzione e il giudice competente Ł il Tribunale civile del capoluogo del distretto nel cui territorio ha la residenza il richiedente, che decide in composizione monocratica.
2.2. Secondo la uniforme giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Sez. 1, n. 54862 del 17/01/2018, Molluso, Rv. 274971-01), la discontinuità tra le fasi esecutive Ł preclusiva della richiesta, ex art. 35ter ord. pen., di decurtazione della pena da imputare al titolo in esecuzione, quale rimedio al pregiudizio riferibile all’espiazione, già cessata, di un titolo diverso. Ammettere, infatti, che l’interessato possa ottenere una riduzione di pena imputabile al trattamento degradante subito nel corso di una precedente esecuzione, ormai esaurita e temporalmente non unificata a quella attuale, contrasta con la correlazione che deve esistere tra esecuzione e titolo di riferimento, e interferisce inoltre con la disciplina della fungibilità, che non ammette crediti di pena spendibili in relazione a condotte di rilevanza penale non ancora poste in essere.
Diverso Ł il caso del detenuto, che richieda il rimedio risarcitorio di cui all’art. 35ter ord. pen. per la restrizione degradante subita in esecuzione di un titolo diverso da quello in espiazione al tempo della domanda, ma che espia la pena del nuovo titolo senza soluzione di continuità con quella precedente, nell’ambito di una esecuzione unificata in un provvedimento di cumulo di pene. Costui può, finchØ la detenzione permane, può adire il magistrato di sorveglianza, per ottenere il rimedio compensativo della riduzione della pena cumulata.
2.3. Nel caso in cui l’espiazione del nuovo titolo non avvenga in continuità con il precedente, sussistendo cesura temporale tra la precedente esecuzione, in cui si assume essersi verificata la violazione, e quella in corso al momento della domanda, d’altro canto, l’interessato potrà azionare il rimedio avente ad oggetto il solo ristoro monetario (Sez. 1, n. 18171 del 19/05/2020, Camelia, n.m.).
Ciò dovrà fare, tuttavia, entro il termine di decadenza di sei mesi, che decorre dalla cessazione dello stato di detenzione (art. 35-ter, cit., comma 3), ovvero – per le detenzioni patite anteriormente all’entrata in vigore del d.l. n. 92 del 2014, cit. – da quest’ultima data (art. 2, comma 1, stesso d.l.).
Come in precedenza evidenziato, infatti, il comma 3 dell’art. 35ter prevede che
coloro che hanno subito il pregiudizio risarcibile in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono rivolgersi al giudice competente entro il termine, stabilito a pena di decadenza, di sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere al fine di ottenere il ristoro in forma esclusivamente monetaria. A tale ultima previsione fa pendant la disposizione transitoria contenuta nell’art. 2, comma 2, del d.l. 26 giugno 2014, n. 92, convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 117, secondo cui il termine semestrale di decadenza, per coloro che hanno cessato di espiare la pena detentiva o non si trovano piø in stato di custodia cautelare in carcere, decorre dal 28 giugno 2014, data di entrata in vigore della norma (così Sez. 5, n. 18819 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284405 – 01: «in tema di rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 CEDU nei confronti di detenuti o internati, Ł inammissibile per tardività la richiesta risarcitoria proposta, ex art. 35ter ord. pen., allorquando risultino decorsi sei mesi dall’entrata in vigore del d.l. 26 giugno 2014, n. 92, nel caso in cui si riferisca a periodi di pena espiati antecedentemente all’entrata in vigore del decreto stesso»).
2.4. Nel caso di specie il Tribunale, anche richiamandoli, si Ł conformato ai principi indicati.
La richiesta presentata dal ricorrente si riferisce al periodo di detenzione subito dal 6 marzo 1991 e il 24 giugno 2011, data in cui l’espiazione di tale pena Ł terminata.
L’attuale detenzione, invece, Ł iniziata il 22 gennaio 2014, giorno in cui lo stesso ricorrente ha nuovamente fatto ingresso in carcere in forza del provvedimento di esecuzione n. 132/2018, emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Caltanissetta dell’8 gennaio 2019, che fissa la decorrenza della reclusione a far data dal 22 gennaio 2014 e riguarda anche fatti di reato commessi fino alla data dell’8 maggio 2015.
A fronte di tale situazione, ricostruita nel provvedimento impugnato e pure pacificamente riconosciuta nel ricorso, il Tribunale Ł pervenuto alla conclusione che i due periodi di restrizione sono autonomi in quanto vi Ł una discontinuità temporale tra la pena in espiazione e la detenzione in precedenza subita per cui la presentazione dell’istanza nel 2020 Ł inammissibile perchØ proposta ben oltre il termine semestrale di decadenza decorrente dalla data di entrata in vigore del d.l- n. 92 del 2014.
La conclusione cui Ł pervenuto il Tribunale Ł corretta e la motivazione sul punto Ł adeguata.
Come evidenziato nel provvedimento impugnato la cesura temporale esistente tra le due fasi esecutive rendeva non esperibile il rimedio compensativo della riduzione della pena e l’unica domanda consentita, quella di azionare il rimedio avente ad oggetto il solo ristoro monetario Ł tardiva perchØ proposta oltre il termine decadenziale di sei mesi.
Diversamente da quanto indicato nel ricorso, d’altro canto, i due periodi di detenzione sono autonomi, il rapporto esecutivo rispetto al primo Ł terminato con l’espiazione della pena e la liberazione avvenuta il 24 giugno 2011 e il secondo, iniziato nel gennaio 2014, Ł oggetto di un diverso e successivo provvedimento di cumulo che, peraltro, riguarda anche fatti di reato commessi in data successiva allo stesso inizio della esecuzione per cui la carcerazione non può ritenersi unitaria (Sez. 1, n. 54862 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 274971 – 01).
Come anche di recente evidenziato, infatti, «la continuità esecutiva sussiste soltanto quando, pur se si sia verificata la temporanea liberazione del ristretto, sia operante un titolo esecutivo che comporti l’unificazione giuridica della detenzione pregressa e di quella in corso. Tale Ł la situazione che si riscontra nel caso in cui il cumulo attenga, in via esclusiva
o concorrente, all’esecuzione della porzione residua di pene che siano state in parte già espiata a titolo cautelare, regolato dall’art. 657, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui «Il pubblico ministero, nel determinare la pena detentiva da eseguire, computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia Ł ancora in corso». ¨ in questa precisa accezione che, allora, si deve intendere la verifica dell’unicità del cumulo come situazione determinativa dell’unificazione dell’esecuzione della pena detentiva pregressa e di quella in corso: dalla parzialità dell’espiazione della pena detentiva riferita al periodo antecedente deriva la conseguenza che non si possa ritenere verificato il completamento dell’espiazione di essa, completamento che integra l’evento costitutivo del dies a quo per il decorso del ricordato termine di decadenza» (Sez. 1, n. 2642 del 07/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287469 – 01).
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 23/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME