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Rigetto messa alla prova: quando è inammissibile il ricorso

La Cassazione Penale ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di rigetto messa alla prova. L’ordinanza di diniego non è immediatamente impugnabile, ma può essere appellata solo con la sentenza di primo grado, non configurando un atto abnorme.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rigetto Messa alla Prova: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14442 del 2024, offre un chiarimento cruciale sulle regole di impugnazione relative alla sospensione del procedimento con messa alla prova. La decisione si concentra sulla non immediata appellabilità dell’ordinanza di rigetto messa alla prova, un tema di grande rilevanza pratica per imputati e difensori. Questo articolo analizza la pronuncia, spiegando perché la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e quali principi ha ribadito.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Messa alla Prova

Un imputato, accusato del reato previsto dall’art. 132 del Testo Unico Bancario (D. Lgs. n. 385/1993), ha presentato, tramite il suo difensore, un’istanza per essere ammesso alla messa alla prova prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. Questa procedura, disciplinata dall’art. 464 bis del codice di procedura penale, permette la sospensione del processo per svolgere un programma di trattamento, il cui esito positivo estingue il reato.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso per Cassazione

Il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta dell’imputato. La motivazione del diniego si basava sui numerosi precedenti penali a carico del soggetto, ritenuti ostativi alla concessione del beneficio. Il giudice ha preso questa decisione senza richiedere preventivamente all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) la predisposizione di un programma trattamentale.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’ordinanza del Tribunale fosse un “atto abnorme”. Secondo la difesa, il giudice avrebbe esorbitato dai suoi poteri, decidendo sulla base dei soli precedenti penali senza una valutazione concreta sull’adeguatezza del programma, valutazione che, a suo dire, richiedeva necessariamente il coinvolgimento preventivo dell’UEPE.

L’analisi del rigetto messa alla prova da parte della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che la questione non riguardava la correttezza o meno della decisione del Tribunale nel merito, ma la stessa ammissibilità del ricorso in quella fase del procedimento. La Corte ha richiamato un principio consolidato, stabilito dalle sue Sezioni Unite, che definisce in modo netto i confini dell’impugnabilità delle ordinanze in materia di messa alla prova.

Le Motivazioni della Suprema Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile?

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi fondamentali.

In primo luogo, ha ribadito l’orientamento delle Sezioni Unite (sentenza Rigacci, n. 33216/2016), secondo cui l’ordinanza di rigetto messa alla prova non è immediatamente impugnabile. L’art. 464-quater, comma 7, del codice di procedura penale prevede il ricorso per cassazione solo contro il provvedimento che dispone la sospensione con messa alla prova, non contro quello che la nega. L’ordinanza di rigetto, pertanto, può essere contestata solo unitamente all’impugnazione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 del codice di rito.

In secondo luogo, la Corte ha escluso che il provvedimento del Tribunale potesse qualificarsi come “atto abnorme”. L’abnormità si configura quando un atto è completamente estraneo al sistema processuale o si discosta radicalmente dal modello previsto dalla legge. In questo caso, il giudice ha semplicemente esercitato una delle opzioni decisorie che la legge gli conferisce (accogliere o respingere l’istanza), pronunciando un’ordinanza che rientra pienamente nel perimetro delle sue facoltà. Le eventuali critiche sulla legittimità o correttezza di tale decisione devono essere sollevate attraverso i mezzi di impugnazione ordinari contro la sentenza finale, non tramite un ricorso immediato basato su una presunta abnormità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sul rigetto messa alla prova

La sentenza consolida un principio procedurale di notevole importanza: il no del giudice alla messa alla prova non apre immediatamente le porte della Cassazione. La difesa non può contestare subito il diniego, ma deve attendere la conclusione del primo grado di giudizio per poter sollevare la questione nell’ambito di un eventuale appello contro la sentenza. Questa pronuncia ribadisce la differenza tra il vizio di un provvedimento, che può essere fatto valere con i mezzi di impugnazione ordinari, e la sua abnormità, una categoria eccezionale e di stretta interpretazione, non applicabile a un’ordinanza di rigetto messa alla prova motivata secondo i parametri previsti dalla legge.

È possibile ricorrere immediatamente in Cassazione contro un’ordinanza che respinge la richiesta di messa alla prova?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’ordinanza di rigetto della richiesta di messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma può essere appellata solo unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen.

Quando un provvedimento del giudice può essere considerato un ‘atto abnorme’?
Un provvedimento è ‘abnorme’ quando è estraneo al sistema processuale o si discosta radicalmente dal modello previsto dalla legge. Un’ordinanza che respinge la messa alla prova, rientrando tra le opzioni decisorie previste dalla legge per il giudice, non costituisce un atto abnorme.

A quale condizione l’ordinanza sulla messa alla prova è direttamente ricorribile per cassazione?
Il ricorso diretto per cassazione, previsto dall’art. 464-quater, comma 7, cod. proc. pen., è ammesso unicamente avverso il provvedimento con cui il giudice accoglie la richiesta e dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova, non contro quello che la respinge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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