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Rifiuto facoltativo consegna: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino contro la sua consegna alla Germania, richiesta tramite mandato d’arresto europeo per traffico di stupefacenti. La Corte ha stabilito che il rifiuto facoltativo della consegna, basato sul fatto che il reato sia stato commesso in parte in Italia, è applicabile solo se vi è un pregresso ed effettivo esercizio della giurisdizione nazionale sul medesimo reato, condizione assente nel caso di specie. Il ricorso è stato inoltre ritenuto generico e infondato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rifiuto Facoltativo Consegna: i Limiti secondo la Cassazione

Il mandato d’arresto europeo rappresenta uno strumento cruciale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e prevede specifiche cause di non esecuzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento sui limiti del rifiuto facoltativo consegna per reati commessi, almeno in parte, sul territorio nazionale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: questa facoltà non può essere esercitata sulla base di mere congetture e, soprattutto, richiede un presupposto giuridico ben preciso.

Il Contesto del Caso Giudiziario

La vicenda riguarda un cittadino con doppia nazionalità, italiana e albanese, destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso da un tribunale tedesco per il reato di traffico di sostanze stupefacenti. La Corte d’Appello di Milano aveva dato il via libera alla sua consegna, ritenendo sussistenti le condizioni previste dalla legge.

L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare la causa di rifiuto facoltativo consegna prevista dalla legge. La tesi difensiva si basava sull’assunto che il reato fosse stato commesso, almeno in parte, in Italia. L’uomo, infatti, risiede stabilmente in Italia con la famiglia dal 1998 e si era recato in Germania solo per un breve periodo, rendendo a suo dire implausibile che avesse reperito la droga direttamente sul suolo tedesco.

La Condizione Essenziale per il Rifiuto Facoltativo Consegna

Il cuore della questione legale ruota attorno all’interpretazione dell’art. 18-bis della legge n. 69/2005, che disciplina i motivi di rifiuto della consegna. La difesa ha tentato di far valere la circostanza della parziale commissione del reato in Italia come motivo sufficiente per negare l’estradizione. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha seguito un orientamento consolidato, smontando completamente la tesi del ricorrente.

La Corte ha sottolineato che, per poter validamente invocare tale motivo di rifiuto, non basta affermare che il reato abbia un collegamento con il territorio italiano. È indispensabile un requisito molto più stringente: al momento della ricezione della richiesta di consegna, deve risultare l’effettivo e pregresso esercizio della giurisdizione nazionale sul medesimo fatto. In altre parole, deve già esistere un procedimento penale avviato in Italia per lo stesso reato oggetto del mandato d’arresto. Nel caso esaminato, questa circostanza era del tutto assente.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico. Non ha infatti mosso una critica specifica e argomentata alla motivazione della sentenza della Corte d’Appello, ma si è limitato a riproporre la stessa doglianza già respinta in secondo grado.

In secondo luogo, e in modo dirimente, il motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. L’ipotesi che l’imputato avesse trasportato la droga dall’Italia alla Germania era, secondo i giudici, una mera asserzione congetturale, non supportata da alcun elemento probatorio e anzi smentita dalle circostanze descritte nel mandato d’arresto, che non sono sindacabili dal giudice dello Stato di esecuzione.

La Corte ha quindi ribadito il principio secondo cui il motivo facoltativo di rifiuto non può essere attivato sulla base di una semplice affermazione, ma richiede la prova concreta che la giustizia italiana si stia già occupando del caso.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio di fondamentale importanza nella procedura di mandato d’arresto europeo. Il rifiuto facoltativo consegna per reati commessi in parte sul territorio nazionale non è un’opzione discrezionale basata su mere ipotesi o collegamenti territoriali astratti. È una facoltà che sorge solo in presenza di un concreto e preesistente interesse dello Stato italiano, manifestato attraverso l’avvio di un’azione penale per gli stessi fatti. In assenza di questo presupposto, la cooperazione giudiziaria europea prevale e la consegna deve essere eseguita. La decisione condanna inoltre il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.

È possibile rifiutare la consegna di una persona in base a un mandato d’arresto europeo se il reato è stato commesso in parte in Italia?
Sì, ma solo a una condizione specifica. La sentenza chiarisce che il motivo di rifiuto facoltativo della consegna sussiste solo se, al momento della richiesta, risulta che l’autorità giudiziaria italiana ha già iniziato a procedere per lo stesso reato (esercizio effettivo e pregresso della giurisdizione nazionale). La semplice affermazione che il reato sia stato commesso in parte sul territorio nazionale non è sufficiente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per due ragioni principali: era generico, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello senza criticarne la motivazione, e manifestamente infondato, poiché la tesi difensiva era puramente congetturale e priva di riscontri probatori.

Cosa succede quando un ricorso in questa materia viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro (in questo caso fissata in 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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