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Rifiuto consegna: limiti al ricorso per radicamento

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale contro la decisione di una Corte d’Appello di negare la consegna di un cittadino straniero. Il rifiuto consegna era basato sul suo ‘radicamento’ in Italia. La Suprema Corte sottolinea che, a seguito delle recenti riforme, il suo giudizio non può entrare nel merito della valutazione del radicamento (es. adeguatezza del reddito o durata del lavoro), ma solo verificare la violazione di legge, come l’assenza totale di motivazione.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rifiuto Consegna per Radicamento: i Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30201/2025, torna a pronunciarsi sul tema del rifiuto consegna nell’ambito del Mandato di Arresto Europeo (MAE), tracciando una linea netta sui limiti del proprio sindacato. La decisione chiarisce che la valutazione sul ‘radicamento’ di un individuo nel territorio italiano, utilizzata dalla Corte d’Appello per negare la consegna, non può essere contestata nel merito in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia totalmente assente.

Il Contesto: Mandato d’Arresto e Diniego della Corte d’Appello

Il caso ha origine da un Mandato di Arresto Europeo emesso dalla Romania per l’esecuzione di una condanna a un anno di reclusione per tentato incendio a carico di un cittadino rumeno. La Corte d’Appello di Cagliari, chiamata a decidere sulla consegna, l’ha negata, ritenendo che l’uomo fosse stabilmente radicato in Italia. A sostegno di questa tesi, i giudici di merito hanno evidenziato diversi elementi: l’iscrizione anagrafica, un seppur breve rapporto di lavoro, la percezione di redditi discontinui ma documentati dal 2010 nel settore agricolo e una presenza continuativa sul territorio nazionale, nonostante alcune vecchie segnalazioni di polizia.
Secondo la Corte territoriale, l’esecuzione della pena in Italia sarebbe stata più idonea a favorire il reinserimento sociale del condannato.

Le Doglianze del Procuratore Generale e i motivi del ricorso

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato tale decisione, sostenendo che la Corte avesse erroneamente valutato le prove. Secondo il ricorrente, gli elementi a sostegno del radicamento erano deboli e insufficienti: un rapporto di lavoro di appena un mese, redditi precari e la circostanza che il rientro in Italia fosse avvenuto pochi mesi dopo la condanna in Romania. A suo avviso, tali fatti non dimostravano un’effettiva integrazione socio-economica, ma piuttosto un tentativo di eludere la giustizia.

La Riforma sul ricorso e il principio del rifiuto consegna

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’interpretazione delle recenti riforme normative, in particolare dell’art. 22 della legge n. 69/2005. La Suprema Corte ricorda che la legge ha eliminato la possibilità di proporre ricorso “anche per il merito”, circoscrivendo l’impugnazione ai soli vizi di violazione di legge. Ciò esclude la possibilità di contestare l’illogicità o la contraddittorietà della motivazione.

Motivazione Mancante vs. Motivazione Inadeguata

La Cassazione opera una distinzione fondamentale:

* Motivazione mancante: Si verifica quando il giudice omette completamente di valutare uno o più degli elementi che la legge (art. 18-bis, comma 2-bis) impone di considerare per accertare il radicamento (durata della residenza, legami familiari, lavoro, etc.). Questa è una violazione di legge e giustifica il ricorso.
* Motivazione inadeguata o illogica: Si ha quando il giudice considera tutti gli elementi richiesti, ma giunge a conclusioni che il ricorrente non condivide. In questo caso, la contestazione riguarda il “peso” e l’interpretazione dati alle prove, ovvero il merito della decisione, che è precluso al sindacato di legittimità.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva analizzato tutti gli indici normativi. Il ricorso del Procuratore Generale non lamentava un’omissione, ma contestava le conclusioni tratte da quella valutazione, invadendo una sfera di apprezzamento riservata al giudice di merito.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure proposte dal Procuratore Generale non configuravano una violazione di legge, ma si risolvevano in una contestazione del merito della valutazione operata dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che, dopo le riforme, il loro compito non è quello di stabilire se un rapporto di lavoro di un mese o un reddito basso siano sufficienti a provare il radicamento. Il loro ruolo è verificare se la Corte d’Appello abbia adempiuto al suo obbligo di considerare tutti gli indicatori previsti dalla legge. Avendo la Corte territoriale fornito una motivazione completa su tutti i punti richiesti dall’art. 18-bis, il suo percorso argomentativo, per quanto opinabile, sfugge al controllo di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: la valutazione sul radicamento di una persona ai fini del rifiuto di consegna è un giudizio di fatto ampiamente discrezionale, riservato alla Corte d’Appello. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Questa pronuncia rafforza l’autonomia delle Corti territoriali in materia di Mandato di Arresto Europeo e chiarisce che, per ottenere l’annullamento di una decisione di diniego, non basta sostenere che le prove sono state valutate male, ma è necessario dimostrare che il giudice ha omesso di valutarle del tutto, violando così un preciso obbligo di legge.

È possibile ricorrere in Cassazione contestando il modo in cui la Corte d’Appello ha valutato il ‘radicamento’ di una persona in un caso di mandato d’arresto europeo?
No, non è possibile contestare il merito di tale valutazione. A seguito delle recenti riforme legislative, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge, come nel caso di una motivazione totalmente assente, ma non per una motivazione che si ritiene semplicemente illogica, inadeguata o non condivisibile.

Quali elementi deve obbligatoriamente considerare la Corte d’Appello per decidere sul rifiuto consegna basato sul radicamento?
La Corte deve valutare una serie di elementi specificati dall’art. 18-bis, comma 2-bis della L. 69/2005. Questi includono la durata, la natura e le modalità della residenza, il tempo trascorso dal reato, l’eventuale commissione di altri reati, il regolare adempimento degli obblighi fiscali e contributivi, i legami familiari, linguistici, culturali, sociali ed economici con l’Italia.

Qual è la differenza tra ‘motivazione mancante’ e ‘motivazione inadeguata’ in questo contesto?
La ‘motivazione mancante’ è un vizio di violazione di legge e si verifica quando la sentenza omette completamente di analizzare uno o più degli elementi che la legge impone di valutare per accertare il radicamento. La ‘motivazione inadeguata’, invece, attiene al merito della decisione e si ha quando il giudice ha considerato tutti gli elementi, ma li ha valutati in un modo che il ricorrente ritiene illogico o errato. Solo la prima può essere motivo di ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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