Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38629 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38629 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cagliari il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Cagliari in data 30.4.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 30/4/2024, il Tribunale di Cagliari, in funzione di giudice del riesame, ha provveduto su una richiesta di riesame, presentata nell’interesse di COGNOME NOME, avverso un decreto di perquisizione emesso dal pubblico ministero in data 29.3.2024, a seguito della cui esecuzione era stato sottoposto a sequestro un paio di scarpe in relazione al reato di cui all’art. 424 cod. pen.
L’ordinanza premette una sintetica ricostruzione del fatto per cui si procede, ovvero l’incendio di un’autovettura, in occasione del quale la persona offesa, dalla
visione delle immagini tratte da un sistema di video sorveglianza del luogo, riconosceva nell’indagato, un suo dipendente, il soggetto che aveva appiccato il fuoco. Di conseguenza, il pubblico ministero emetteva un decreto di perquisizione e sequestro alla ricerca degli indumenti indossati al momento del fatto dal soggetto ritratto dell’immagine: nel corso dell’esecuzione del decreto, pertanto, la polizia giudiziaria sequestrava un paio di scarpe.
Il Tribunale, quindi, dichiara la richiesta di riesame inammissibile, in quanto, anche a seguito dell’introduzione dell’art. 252-bis cod. proc. pen., il decreto di perquisizione è suscettibile piuttosto di opposizione, che si può proporre al giudice nel caso in cui al predetto atto di ricerca della prova non sia seguito un provvedimento di sequestro. Nel caso in esame, invece, alla perquisizione è seguito il sequestro, sicché il rimedio esperibile è solo quello della richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro e non avverso il decreto di perquisizione, insuscettibile di gravame.
L’ordinanza riconosce che nella memoria difensiva depositata in udienza si sia fatta espressa richiesta di annullamento del sequestro, ma si tratta di una richiesta tardiva. E in ogni caso, anche a volerla ritenere ammissibile, la richiesta di riesame del sequestro – aggiunge espressamente il Tribunale – sarebbe infondata, perché il pubblico ministero nel decreto ha dato compiutamente conto delle ragioni per le quali andavano ricercati e sequestrati gli indumenti, essendovi fondato motivo che l’indagato disponesse di capi di abbigliamento e scarpe analoghi a quelli indossati dall’autore del reato ripreso nelle immagini di video sorveglianza.
Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 324 cod. proc. pen.
Rileva che il pubblico ministero ha emesso un unico decreto di perquisizione e di sequestro, sicché, al di là dell’erronea indicazione – contenuta nell’istanza depositata ex art. 324 cod. proc. pen. – del provvedimento impugnato come “decreto di perquisizione”, non poteva esservi dubbio che l’atto oggetto di riesame fosse appunto il sequestro.
Con requisitoria scritta del 19.6.2024, il AVV_NOTAIO Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto non si confronta con il provvedimento impugnato, che, al di là della questione di ammissibilità, si è pronunciato in ogni caso sulla legittimità del provvedimento con argomentazioni giuridicamente corrette.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Dalla consultazione degli atti, consentita in ragione della natura della eccezione formulata, risulta innanzitutto che il provvedimento del pubblico ministero, fatto oggetto di riesame, comprendesse contestualmente un decreto di perquisizione e un decreto di sequestro: l’atto di ricerca della prova, cioè, disponeva la perquisizione e il conseguente sequestro di quanto di interesse eventualmente rinvenuto. Risulta, altresì, che il riesame fosse poi stato testualmente proposto dall’interessato (che, peraltro, non lo nega) avverso il decreto di perquisizione.
Ora, in forza del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione stabilito dall’art. 568 cod. proc. pen., l’istituto del riesame non è applicabile al decreto di perquisizione, poiché manca l’espressa previsione di tale rimedio con riferimento al provvedimento “de quo” (Sez. 2, n. 45532 dell’8/11/2005, Rv. 233144 – 01).
Dunque, il decreto di perquisizione del pubblico ministero non è assoggettabile a riesame, sicché, ove, con tale mezzo, venga impugnato il decreto di perquisizione cui è seguito il contestuale sequestro, i motivi che costituiscono autonoma censura della perquisizione non possono essere presi in considerazione (Sez. 3, n. 8841 del 13/1/2009, Rv. 243002 – 01).
In ogni caso, resta il fatto che, nel caso di specie, la declaratoria di inammissibilità non ha determinato, sostanzialmente, alcuna preclusione per l’esercizio delle ragioni difensive, tenuto conto che essa è intervenuta all’esito dell’udienza in camera di consiglio, nella quale, per quanto risulta dal testo del provvedimento impugnato, era stato “sentito il difensore”. Si dà atto anche, nell’ordinanza impugnata, che il difensore abbia depositato una memoria in udienza e che abbia concluso per “la revoca del decreto impugnato”.
Tanto è vero ciò, che il tribunale, nonostante la declaratoria di inammissibilità, nel suo provvedimento ha anche affrontato il merito, sia pure in via subordinata, e ha motivato circa il fatto che il decreto del pubblico ministero avesse dato compiutamente conto delle ragioni della ricerca e del sequestro degli indumenti del ricorrente.
Si tratta di una motivazione del tutto adeguata, nel senso che il tribunale evidenzia, in modo certamente congruo e logico, il collegamento sussistente tra i capi di abbigliamento raffigurati nelle immagini in cui la persona offesa ha riconosciuto COGNOME e la necessità di disporne la ricerca nei luoghi ricadenti nella disponibilità dell’indagato. Egualmente pertinente è la indicazione delle ragioni giustificative del sequestro delle scarpe, in funzione della effettuazione di analisi e confronti dei beni al fine di verificarne la effettiva riconducibilità all’azio delittuosa oggetto di indagini.
Se è così, non sono ravvisabili, in definitiva, ragioni di reale doglianza ris alla declaratoria di inammissibilità, che non ha determinato, di fatto, alcuna les per il ricorrente, né in termini di partecipazione all’udienza, né in term rappresentazione attiva e compiuta delle proprie ragioni. Tali ragioni sono st espressamente prese in considerazione dall’ordinanza impugnata e sono state disattese nel merito per il tramite di una motivazione non censurabile.
Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 12.7.2024