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Riduzione pena rito abbreviato: no al beneficio

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la riduzione della pena prevista per il rito abbreviato in caso di mancata impugnazione. Il beneficio, introdotto da una nuova norma, non si applica se l’appello era già stato presentato prima della sua entrata in vigore, in base al principio tempus regit actum.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riduzione pena rito abbreviato: quando il tempo preclude il beneficio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3274 del 2024, ha chiarito un punto fondamentale riguardo l’applicazione della riduzione pena rito abbreviato introdotta dalla recente riforma del processo penale. Il caso analizzato offre spunti cruciali sul principio tempus regit actum, ovvero la regola secondo cui gli atti giuridici sono disciplinati dalla legge in vigore al momento del loro compimento. La Suprema Corte ha stabilito che il nuovo beneficio premiale non può essere applicato retroattivamente a chi aveva già scelto di impugnare la sentenza di primo grado prima dell’entrata in vigore della nuova norma.

I fatti del caso

Un imputato, condannato in primo grado l’11 luglio 2022, aveva proposto appello avverso tale sentenza. Successivamente, il 30 dicembre 2022, è entrata in vigore una nuova disposizione, l’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma prevede un’ulteriore riduzione di un sesto della pena per l’imputato che, giudicato con rito abbreviato, sceglie di non impugnare la sentenza di condanna.

L’imputato, vedendo respinto il suo appello, ha proposto ricorso in Cassazione invocando l’applicazione di questo nuovo e più favorevole regime. La sua tesi si basava sulla possibilità di beneficiare della riduzione premiale, nonostante avesse già presentato appello, in virtù della nuova legge.

L’applicazione del beneficio per la riduzione pena rito abbreviato

La questione centrale portata all’attenzione della Corte era se la riduzione pena rito abbreviato potesse essere concessa a un imputato che aveva già esercitato il suo diritto di impugnazione prima che la norma che introduceva tale beneficio entrasse in vigore. La difesa sosteneva la possibilità di un’applicazione retroattiva della norma più favorevole.

La Corte di Cassazione ha però rigettato completamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno sottolineato la natura premiale della norma, pensata per incentivare la non proposizione dell’appello e deflazionare così il carico dei giudizi di secondo grado.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio cardine tempus regit actum. Al momento dell’entrata in vigore della nuova legge (30 dicembre 2022), l’imputato aveva già compiuto la sua scelta processuale, presentando appello contro la sentenza del luglio 2022. Questa scelta era stata determinata sulla base del quadro normativo allora esistente, che non prevedeva alcun ulteriore beneficio per la rinuncia all’impugnazione.

Secondo la Cassazione, il beneficio presuppone una scelta che, nel caso di specie, era ormai preclusa. L’imputato non poteva ‘tornare indietro’ per beneficiare di una norma successiva, la cui ratio è proprio quella di premiare una scelta (la non impugnazione) che lui non aveva fatto e non poteva più fare. L’applicazione della norma è legata a un comportamento processuale specifico – la mancata proposizione dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado – che deve essere valutato secondo la legge vigente in quel momento.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce un principio chiaro: la riduzione di un sesto della pena prevista dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p. non si applica se l’imputato ha già proposto appello prima dell’entrata in vigore della norma. La scelta di impugnare, compiuta sotto l’imperio della vecchia legge, cristallizza la situazione processuale e impedisce l’accesso al beneficio successivo. La decisione riafferma la centralità del principio tempus regit actum nella successione delle leggi processuali, escludendo applicazioni retroattive di norme premiali la cui efficacia è subordinata a una scelta che l’imputato ha già irrevocabilmente compiuto.

A quali condizioni è legata la riduzione di pena di un sesto prevista dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen.?
La riduzione della pena è concessa quando né l’imputato, giudicato con rito abbreviato, né il suo difensore propongono impugnazione contro la sentenza di condanna di primo grado.

Perché all’imputato non è stato concesso il beneficio della riduzione della pena?
All’imputato non è stato concesso il beneficio perché aveva già proposto appello contro la sentenza di condanna prima che la norma che introduceva la riduzione di pena entrasse in vigore. La sua scelta era quindi già stata compiuta sulla base della normativa precedente.

Quale principio giuridico è stato decisivo per negare la riduzione della pena?
Il principio decisivo è stato il tempus regit actum, secondo cui gli atti processuali sono regolati dalla legge in vigore nel momento in cui vengono compiuti. Poiché l’appello era stato presentato prima della nuova legge, quest’ultima non poteva essere applicata retroattivamente al suo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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