Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 389 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 389 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nata 1’01/08/1962
avverso il decreto del Tribunale di Firenze del 24/03/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 24 marzo 2023 il Tribunale di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza presentata da NOME COGNOME ex art. 676, comma 2, cod. proc. pen., finalizzata a ottenere la riduzione di un sesto della pena di un anno di reclusione e 200,00 euro di multa, irrogata alla ricorrente con sentenza dello stesso Tribunale del 2 marzo 2016, divenuta irrevocabile il 16 giugno 2016, ai sensi dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen.
La declaratoria di inammissibilità dell’incidente di esecuzione proposto dalla condannata discendeva dalla natura esclusivamente processuale dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., che non ne consentiva l’applicazione, favor rei, alle pronunce divenute irrevocabili per la mancata impugnazione della decisione di primo grado, da parte dell’imputato o del difensore, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME, ricorreva per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza, in particolare, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere applicato la riduzione della pena di un sesto, in relazione alla sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale il 2 marzo 2016, che si imponeva per effetto della norma dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., alla quale doveva attribuirsi una natura esclusivamente o prevalentemente sostanziale, rilevante ex art. 2, quarto comma, cod. pen.
Ne discendeva che a NOME COGNOME doveva essere applicata la disciplina più favorevole prevista dall’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, atteso che la norma invocata, incidendo sul trattamento sanzionatorio applicato all’imputata, non soggiaceva al canone processuale del tempus regit actum, ma a quello sostanziale della lex mitior di cui all’art. 2, quarto comma, cod. pen.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Occorre premettere che l’art. 442 cod. proc. pen. è stato recentemente modificato mediante l’introduzione del comma 2-bis da parte dell’art. 24, lett. c),
d.lgs. n. 150 del 2022, secondo cui «quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna’ la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione», che vi provvede de plano, ai sensi dell’art. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen.
Ne discende che è necessaria, ai fini della riduzione della pena, l’instaurazione di un procedimento esecutivo, che, alla luce dei principi generali e in assenza di previsioni di segno contrario, può essere introdotto anche dal Pubblico ministero, riguardando la riduzione di pena l’applicazione del modello legale del trattamento sanzionatorio.
È evidente, quindi, che il presupposto per l’applicazione dell’ulteriore sconto di pena, previsto dall’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., è costituito dall’irrevocabilità della decisione di primo grado per mancata proposizione dell’impugnazione da parte dell’imputato e del difensore.
La riforma introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, infatti, ha lo scopo di ridurre la durata del procedimento penale, favorendo la definizione della causa dopo la decisione di primo grado, così da non dare luogo alla fase delle impugnazioni quando le stesse, alla luce della valutazione rimessa all’imputato e al difensore, non siano giustificate da un concreto interesse. Ne consegue che, a fronte della mancata impugnazione della sentenza di primo grado l’imputato può ottenere, in sede esecutiva, un’ulteriore riduzione di un sesto della pena che gli è stata irrogata.
In questa cornice, deve essere esaminata la questione della natura, sostanziale o processuale, dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., che deve essere risolta alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite in relazione alla rilevanza del principio tempus regi(‘ actum (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236537 – 01).
Con la citata pronuncia, in particolare, le Sezioni Unite, affermavano il seguente principio di diritto: «Ai fini dell’individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del principio “tempus regit actum” impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell’impugnazione» (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, cit.).
In questa cornice ermeneutica, non può dubitarsi che, nel caso di specie, debba farsi applicazione del principio ternpus regit actum, atteso che la condizione processuale che consente di individuare la normativa applicabile, attiene all’irrevocabilità della sentenza di primo grado per mancata proposizione
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dell’impugnazione, GLYPH prescrivendo GLYPH una GLYPH condizione GLYPH che GLYPH può GLYPH ravvisarsi esclusivamente per le sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore della “Riforma Cartabia”, anche se pronunciate in data anteriore; condizione non riscontrabile nel caso di specie, essendo la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze il 2 marzo 2016, divenuta irrevocabile, per mancanza di impugnazione, il 16 giugno 2016.
Ne discende che la condizione processuale che consente l’applicazione della disposizione novellata si verifica solo se, entro il termine per proporre l’impugnazione, che deve maturare dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, questa non viene proposta, perché, diversamente, il gravame impedisce il passaggio in giudicato della sentenza. L’irrevocabilità della decisione per mancata presentazione della impugnazione, dunque, costituisce il termine di riferimento per valutare l’applicabilità dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., essendo richiesto, per beneficiare dell’ulteriore diminuente di un sesto, che il gravame sia stato proposto nei termini prescritti.
Tali considerazioni, del resto, si impongono alla luce della giurisprudenza consolidatasi dopo l’entrata in vigore dell’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen., alla quale occorre fare riferimento richiamando il seguente principio di diritto: «E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 25, 27 e 117 Cost. in relazione all’art. 7 CEDU, nella parte in cui non prevede che il beneficio dell’ulteriore riduzione di pena di un sesto per mancata impugnazione della sentenza di condanna si applichi anche ai procedimenti penali pendenti in fase di impugnazione e a quelli definiti con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che la condizione processuale che ne consente l’applicazione, costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione, in quanto soggetta al principio del “tempus regit actum”, è ravvisabile solo rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore dell’indicato d.lgs., pur se pronunciate antecedentemente, sicché non risulta violato né il principio di retroattività della “lex mitior”, che riguarda le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li sanzionano e la cui applicazione è preclusa ex art. 2, comma quarto, cod. pen. ove sia stata pronunziata sentenza definitiva, né quelli di eguaglianza e di responsabilità penale, in quanto il trattamento sanzionatorio difforme è giustificato dalla diversità delle situazioni da disciplinare e non può essere percepito come ingiusto dal condannato che abbia inteso perseguire il medesimo obiettivo con una diversa scelta processuale» (Sez. 1, n. 16054 del 10/03/2023, COGNOME, Rv. 284545 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di rigettare il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9 novembre 2023.