Riduzione di pena: La Cassazione esclude il beneficio per chi non appella
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’interessante questione riguardante la possibilità di ottenere una riduzione di pena per l’imputato che, pur essendo stato giudicato con rito ordinario, decide di non presentare appello contro la sentenza di condanna. Il caso offre spunti di riflessione sull’equilibrio tra le esigenze di economia processuale e il principio di uguaglianza.
I Fatti del Caso
Un uomo veniva condannato dal Tribunale di Roma a una pena di due anni e quattro mesi di reclusione con una sentenza del 7 luglio 2023. Poiché l’imputato non proponeva alcun atto di impugnazione, la sentenza diventava irrevocabile e definitiva l’11 dicembre 2023. Successivamente, l’uomo presentava ricorso per Cassazione avverso un’ordinanza del 30 gennaio 2025, sollevando una questione di rilevanza costituzionale.
La Questione sulla riduzione di pena e la presunta incostituzionalità
Il nucleo del ricorso si basava sulla richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Secondo il ricorrente, questa norma sarebbe in contrasto con gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 111 (principio del giusto processo) della Costituzione.
L’argomentazione del ricorrente era che la norma penalizza ingiustamente l’imputato che, giudicato con rito ordinario, sceglie di non appellare la sentenza, non concedendogli la riduzione di pena di un sesto prevista per altre situazioni. A suo avviso, questa scelta processuale, che contribuisce a definire rapidamente il processo, dovrebbe essere premiata con un beneficio, analogamente a quanto accade per chi sceglie riti alternativi.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con la sentenza n. 28322 del 2025, ha rigettato il ricorso. I giudici hanno ritenuto non fondata la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha implicitamente confermato la coerenza del sistema processuale vigente. La scelta di non appellare una sentenza emessa a seguito di rito ordinario è una decisione processuale dell’imputato, ma non è una scelta che la legge intende incentivare con una specifica riduzione di pena. I benefici premiali, come le riduzioni di pena, sono legati a scelte che deflazionano il carico giudiziario fin dalle prime fasi del processo, come il patteggiamento o il rito abbreviato. Il rito ordinario, per sua natura, non comporta questa economia processuale iniziale. Pertanto, la mancata previsione di uno sconto di pena per la semplice acquiescenza alla sentenza di primo grado non crea una disparità di trattamento incostituzionale, ma rispecchia una logica precisa del legislatore.
Le Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio consolidato: i benefici processuali che comportano sconti di pena sono strettamente legati alle scelte che l’imputato compie nelle fasi iniziali del procedimento. La decisione di non impugnare una condanna dopo un processo ordinario, sebbene contribuisca alla definitività della sentenza, non rientra tra le condotte che il legislatore ha inteso premiare con una riduzione sanzionatoria. La sentenza chiarisce che il sistema non viola il principio di uguaglianza, poiché tratta in modo diverso situazioni processuali che sono oggettivamente diverse.
Un imputato che non appella la sentenza di primo grado ha diritto a una riduzione di pena?
No, secondo la sentenza analizzata, la normativa vigente non prevede una riduzione di pena per l’imputato che, giudicato con rito ordinario, decide di non proporre appello contro la sentenza di condanna.
Quale norma è stata contestata in questo caso e perché?
È stato contestato l’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Il ricorrente riteneva che fosse incostituzionale nella parte in cui non consente la riduzione di pena di un sesto all’imputato che accetta la condanna di primo grado emessa con rito ordinario, ritenendola una violazione del principio di uguaglianza.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, non accogliendo la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale, e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28322 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28322 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1822/2025 CC – 23/05/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 30/01/2025 del TRIBUNALE di Roma
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
Con sentenza del 7 luglio 2023, il Tribunale di Roma ha condannato NOME COGNOME alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione e, a seguito della mancata impugnazione, la stessa Ł divenuta irrevocabile l’11 dicembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorrente rinnova al Collegio la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2bis cod. proc. pen. per contrarietà agli artt. 3 e 111 Cost, nella parte in cui non consente la riduzione di 1/6 all’imputato che, giudicato con il rito ordinario, non abbia proposto appello.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI