Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21803 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21803 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 12/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Palermo il 18/07/1975
avverso l’ordinanza del 12 febbraio 2025 emessa dalla Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile i ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma con l’ordinanza di cui in epigrafe, ha dichiar inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta da NOME COGNOME nei confronti della Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Dottoress NOME COGNOME nell’ambito del procedimento n. 36526/2023 R.G. Gip, per tardività in quanto proposta all’udienza del 6 febbraio 2025 nonostante costituzione delle parti fosse avvenuta all’udienza dell’Il aprile 202
ipotizzate cause di ricusazione, alla luce di quanto rappresentato nell’istanza, fossero note al ricorrente quantomeno dall’udienza del 3 ottobre 2024.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso NOME COGNOME con atto sottoscritto dal difensore, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione delle norme processuali, costituzionali e dei Trattati dell’UE, in quanto il provvedimento impugnato era stato emesso in assenza dei presupposti di legge e in violazione dei principi del giusto processo.
Inoltre, l’istanza di ricusazione, a firma dell’imputato, era stat tempestivamente depositata il 10 febbraio 2025, cioè entro i tre giorni decorrenti dall’udienza del 6 febbraio 2025, ed imponeva la sostituzione del Giudice di primo grado per garantire il rispetto del principio di presunzione di innocenza.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il provvedimento impugnato aveva erroneamente applicato l’art. 38, comma 1, cod. proc. pen. anziché l’art. 38, comma 2, cod. proc. pen. sebbene le cause della ricusazione fossero sorte durante l’udienza del 6 febbraio 2025 e non fossero note prima di quella dell’Il aprile 2024.
2.3. Violazione delle norme processuali, costituzionali e dei Trattati dell’UE, attesa l’incompetenza funzionale del Tribunale di Roma ai sensi dell’art. 11, comma 3, cod. proc. pen. che avrebbe imposto la rimessione degli atti alla Direzione distrettuale antimafia di Firenze.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’ar 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso, prima che essere inammissibile, non è riconoscibile come valido atto di impugnazione in quanto contiene motivi affastellati e confusi, privi di conseguenzialità oltre che gravemente diffamatori nei confronti dei soggetti istituzionali cui si riferisce.
Il provvedimento impugnato, con argomenti logici, giuridicamente corretti e completi, solo incidentalmente ha dato atto della manifesta infondatezza dell’istanza di ricusazione soffermandosi, come era dovuto, sulla condizione preliminare della sua intempestività applicando un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte (Sez. U, n. 36847 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 260096; Sez. 2, n. 34055 del 09/10/2020, Ferrara, Rv. 280307).
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Peraltro, risulta che sia stato lo stesso ricorrente a rappresentare alla Corte di appello come le ipotizzate cause di ricusazione – a prescindere se qualificabili tali
– fossero sorte nelle udienze tenute dalla Giudice dell’udienza preliminare rispettivamente il 3 luglio 2024 (pag. 6 del provvedimento impugnato), il 3 ottobre
2024 (pagg. 5-7 del provvedimento impugnato) e il 24 dicembre 2024 (pagg. 6 e
7 del provvedimento impugnato), a fronte, invece, di un’istanza di ricusazione formulata solo all’udienza del 6 febbraio 2025, tale da renderla tardiva.
3. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e i ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle
spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12 maggio 2025
La Consigliera estensora
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