Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11731 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME COGNOME NOME, nata a Capizzi il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Messina del 07/07/2023;
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata;
udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Messina con ordinanza del 7 luglio 2023 (motivazione depositata il successivo 18 luglio) ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta il 4 luglio 2023 da COGNOME NOME (imputata in procedimento penale per una ipotesi di tentata concussione presso il Tribunale di Messina) nei confronti della dottoressa NOME COGNOME, Presidente del collegio giudicante.
La ricusazione è stata proposta ai sensi degli artt. 37 comma 1 lettera a) e 36, comma 1, lettera a) cod. proc. pen. (“se il giudice ha interesse nel procedimento o se alcuna RAGIONE_SOCIALE parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli”).
Si tratterebbe, da un lato, della situazione “pregiudicante” rappresentata dai pregressi rapporti della Presidente del collegio con NOME COGNOME (già presidente della RAGIONE_SOCIALE e indicato dalla difesa come testimone) e, dall’altro, nella circostanza che la predetta magistrata è la vedova di un notaio che aveva rilevanti debiti con RAGIONE_SOCIALE, costituitosi parte civile in quanto il suo responsabile sarebbe stato vittima del tentativo di concussione in relazione alla pretesa della imputata di annullamento di una cartella esattoriale relativa a contravvenzioni stradali).
Avverso l’ordinanza della Corte messinese, l’imputata ha presentato, per mezzo del proprio difensore, ricorso nel quale deduce due motivi, entrambi relativi a violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta “tardività” dell’istanza di ricusazione.
3.1. Con il primo motivo si eccepisce che la COGNOME COGNOME non era a conoscenza della causa di ricusazione durante lo svolgimento del processo (come apoditticamente ritenuto dalla Corte di appello) avendo solo dopo l’udienza di rinvio ex art. 545 bis cod. proc. pen., rinvio disposto dopo la dichiarazione di penale responsabilità dell’imputata e finalizzato alla valutazione circa la applicabilità di una pena sostitutiva, avuto piena cognizione degli elementi di fatto che hanno giustificato la richiesta. Inoltre – secondo motivo – si contesta la argomentazione della Corte di appello secondo cui la fase della “udienza” (rilevante ex art. 38 comma 2 cod. proc. pen.) non potrebbe comprendere il momento successivo al rinvio disposto ex art. 545 bis cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Errata è l’argomentazione dell’ordinanza della Corte di appello in ordine alla qualificazione dell’udienza ex art. 545 bis cod. proc. pen. In particolare, l’ordinanza impugnata ha ritenuto “inammissibile la dichiarazione di ricusazione successiva alla lettura del dispositivo, conclusivo della fase giurisdizionale del procedimento penale, rappresentando la ulteriore data fissata ai sensi dell’art. 545 bis cod. proc. pen. (per la sostituzione della pena detentiva già irrogata con una RAGIONE_SOCIALE pene sostitutive di cui all’art. 53 della legge 24/11/1981 n. 689) un’appendice esulante dal giudizio di responsabilità penale, parentesi nell’esclusivo interesse dell’imputata condannata che risulta, peraltro, avere prestato il suo consenso” (circostanza, questa, contestata dalla ricorrente).
2.1. Rileva il Collegio che Sez. 5, n. 43960 del 03/10/2023, COGNOME, Rv. 285307 – 01, nell’affermare il principio secondo cui «In tema di pene sostitutive RAGIONE_SOCIALE pene detentive brevi, il provvedimento emesso all’esito dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen., con cui si decide sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con una RAGIONE_SOCIALE pene sostitutive, non è impugnabile autonomamente rispetto alla sentenza che definisce il giudizio», ha ben delineato il procedimento scandito dal legislatore. In particolare, si è precisato come, sulla base della nuova disciplina normativa, «Esaurita la fase “informativa”, all’udienza fissata per l’eventuale sostituzione della pena principale, il giudice assume le proprie determinazioni definitive sul trattamento sanzionatorio, integrando o confermando il dispositivo già letto all’udienza conclusiva del giudizio ordinario: «se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti»; in tal caso si applicheranno gli articoli 57 e 61 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Se, invece, le informazioni raccolte non consentono di disporre la sostituzione della pena principale con una pena sostitutiva, il giudice «conferma il dispositivo», pubblicando la decisione mediante lettura del dispositivo (art. 545-bis, co. 3). Dunque, al termine dell’udienza ‘dedicata’, il giudice dovrà nuovamente dare lettura in udienza del dispositivo, sia esso stato modificato o solo confermato: “Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell’art. 545” (art. 545-bis co. 3, ulti periodo). Solo con questa seconda lettura del dispositivo – ferma la statuizione di condanna – la sentenza si intenderà pubblicata, nel senso che in “entrambi i casi, il giudice pubblica la decisione mediante lettura del dispositivo come integrato o confermato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 545 c.p.p. (nuovo art. 545-bis, co.
3, c.p.p.)” (così: la relazione illustrativa), volendosi in tal modo “rendere chiaro, ad ogni effetto ma soprattutto ai fini del decorso dei termini per l’impugnazione, che il giudice deve dare nuova lettura del secondo dispositivo e che il dies a quo è quello della lettura di quest’ultimo, qualunque contenuto esso abbia”».
2.2. Sulla base di questa condivisibile ricostruzione del dato normativo deve quindi affermarsi che anche l’udienza di rinvio ex art. 545 bis va considerata in senso proprio “udienza” di tal che in tale fase può validamente essere proposta la ricusazione ex art. 38 cod. proc. pen.
Peraltro, l’ordinanza impugnata precisa che, comunque, l’istanza di ricusazione è tardiva “non potendo assolutamente ritenersi che la ricusante sia venuta a conoscenza RAGIONE_SOCIALE circostanze comportanti il preteso interesse della dottoressa COGNOME rispetto alla celebrazione e definizione del processo penale entro i tre giorni precedenti la proposizione dell’istanza di ricusazione medesima” (pag. 5). In particolare, si rileva che “è certo che di tali circostanze la ricusante fosse già a conoscenza alla data della proposta richiesta di accesso all’RAGIONE_SOCIALE diretta a conoscere la situazione debitoria di COGNOME NOME, in data 6/6/2023″.
3.1. Tale motivazione non risulta adeguata, atteso che non si comprende perché la ricusante potesse avere conoscenza della situazione debitoria alla data della richiesta di accesso, senza che venga chiarito quando abbia ottenuto risposta alla detta richiesta, acquisendo così le notizie che, secondo la prospettazione della ricorrente, legittimerebbero la proposizione della istanza di ricusazione.
Invero, la causa di ricusazione del giudice, ai fini della decorrenza del termine previsto dall’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen. per la proposizione della relativa dichiarazione, può dirsi divenuta “nota” quando essa sia effettivamente conosciuta dalla parte e non anche quando la medesima possa nutrire “sospetti” circa l’esistenza degli elementi di fatto che possano integrare detta causa.
Pertanto, si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
Così deciso il 16 gennaio 2024
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