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Ricusazione giudice tardiva: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la ricusazione di un giudice. La sentenza chiarisce che il termine per presentare l’istanza decorre dal momento in cui la parte ha conoscenza del comportamento che ne costituisce il presupposto, e non da successivi eventi come il rifiuto del giudice di astenersi. La richiesta di ricusazione del giudice, basata su una presunta inimicizia manifestatasi in udienza, è stata ritenuta tardiva perché presentata oltre i termini di legge.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricusazione Giudice: Quando è Troppo Tardi? La Cassazione fissa i paletti

L’imparzialità del giudice è un pilastro fondamentale di ogni giusto processo. Ma cosa succede quando una delle parti nutre dubbi sulla sua neutralità? Lo strumento previsto è l’istanza di ricusazione giudice, ma il suo utilizzo è vincolato a rigidi termini procedurali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18451/2024) ha ribadito con fermezza un principio cruciale: il termine per ricusare un giudice decorre dal momento esatto in cui si ha conoscenza della causa di ricusazione, e non può essere ‘riaperto’ da eventi successivi.

I Fatti del Caso: La Controversia sulla Direzione dell’Udienza

Il caso nasce da un processo penale di primo grado. La difesa di un imputato, durante un’udienza del 2 settembre 2023, percepisce un atteggiamento ostile da parte del collegio giudicante. In particolare, la presidente del collegio avrebbe limitato il tempo a disposizione per le conclusioni difensive, manifestando, secondo la difesa, una ‘grave inimicizia’ e un pregiudizio verso l’imputato.

Successivamente, la difesa deposita un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura e, nell’udienza del 16 ottobre 2023, invita il collegio ad astenersi. Di fronte al rifiuto dei giudici, la difesa presenta formalmente l’istanza di ricusazione. La Corte d’Appello, però, la dichiara inammissibile per tardività, ritenendo che la presunta causa di ricusazione fosse già nota all’imputato fin dall’udienza del 2 settembre.

La Decisione della Cassazione: I Termini per la Ricusazione Giudice non sono negoziabili

L’imputato ricorre in Cassazione, sostenendo che il termine per la ricusazione (il cosiddetto dies a quo) dovesse decorrere non dal 2 settembre, ma dal 16 ottobre, giorno in cui il collegio, rifiutando di astenersi, avrebbe confermato la sua presunta parzialità. La Suprema Corte ha respinto questa tesi, giudicando il ricorso manifestamente infondato e confermando la decisione dei giudici d’appello.

Il Principio del “Dies a Quo”

La Corte ha chiarito che il termine perentorio per proporre la dichiarazione di ricusazione decorre dal momento in cui la parte ha conoscenza effettiva della situazione che, a suo avviso, mina l’imparzialità del giudice. Nel caso specifico, i comportamenti ritenuti pregiudizievoli si erano manifestati e conclusi durante l’udienza del 2 settembre. L’imputato, presente a quell’udienza, era pienamente consapevole dei fatti. Pertanto, l’istanza doveva essere presentata entro i termini previsti dall’art. 38 del codice di procedura penale, calcolati a partire da quella data.

Distinzione tra Ricusazione e Potere Direttivo del Giudice

La Cassazione opera un’importante distinzione. Il rifiuto del collegio di astenersi, avvenuto il 16 ottobre, non costituisce un nuovo e autonomo motivo di ricusazione, né può ‘sanare’ l’inerzia della parte. Astensione e ricusazione sono due istituti distinti. Inoltre, la Corte sottolinea che la gestione dei tempi della discussione rientra nel potere processuale di direzione dell’istruttoria da parte del giudice. Se una parte ritiene che tale gestione abbia leso il proprio diritto di difesa, lo strumento corretto per far valere questa doglianza non è la ricusazione, ma l’impugnazione della sentenza finale.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di tutelare la speditezza del processo e di evitare usi dilatori degli strumenti processuali. Il sistema dei termini per la ricusazione è volto a eliminare elementi di incertezza che potrebbero minare il corretto andamento del procedimento. Permettere di far decorrere il termine da momenti successivi e soggettivi, come il rifiuto di astenersi, creerebbe una situazione di potenziale paralisi processuale. La conoscenza della causa di ricusazione deve essere ancorata a una ‘situazione obbiettiva di pubblicità’, che si realizza quando il fatto avviene in udienza alla presenza della parte interessata. L’esposto al CSM e il conseguente invito all’astensione sono considerati atti distinti, che non influiscono sulla decorrenza dei termini per la ricusazione, la cui causa si era già esaurita precedentemente.

Le Conclusioni

La sentenza 18451/2024 della Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di procedura penale: i termini per la ricusazione giudice sono perentori e non ammettono deroghe. La conoscenza della causa di ricusazione fissa il dies a quo in modo incontrovertibile. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di utilizzare tempestivamente gli strumenti processuali, distinguendo tra le diverse forme di tutela. Un presunto pregiudizio manifestato nella gestione dell’udienza può essere censurato, ma attraverso i mezzi di impugnazione ordinari, non con un’istanza di ricusazione presentata fuori tempo massimo.

Da quando decorre il termine per presentare un’istanza di ricusazione del giudice?
Il termine decorre dal momento in cui la parte ha conoscenza oggettiva della causa di ricusazione. Se il fatto avviene in udienza, il termine inizia a decorrere da quella data, poiché la conoscibilità è immediata.

Il rifiuto del giudice di astenersi, dopo un invito della parte, riapre i termini per la ricusazione?
No. Secondo la Cassazione, il rifiuto di astenersi è un atto autonomo e non ha alcuna efficacia nel ‘sanare’ o riaprire i termini per la ricusazione, se questi sono già scaduti rispetto al momento in cui si è verificata la causa originaria.

La limitazione del tempo per la discussione finale da parte del giudice è un motivo valido per la ricusazione?
Non direttamente. La Corte chiarisce che la gestione dei tempi del dibattimento rientra nei poteri di direzione del giudice. Se tale gestione viene ritenuta lesiva del diritto di difesa, non costituisce di per sé un’indebita anticipazione del giudizio o una ‘grave inimicizia’ ai fini della ricusazione, ma può essere fatta valere come motivo di impugnazione della sentenza finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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