Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46756 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46756 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 2 maggio 1956;
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 26 ottobre 1980;
avverso la ordinanza n. 3/2024 della Corte di appello di Bari del 11 gennaio 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con ordinanza datata 11 gennaio 2024, ha rigettato la dichiarazione di ricusazione presentata nei confronti della dott.ssa NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME, imputati nel giudizio di secondo grado dinanzi alla stessa Corte d’Appello di Bari per il reato associativo e per i connessi reati fine in materia tributaria commessi, secondo la tesi accusatoria, avvalendosi delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
In tale sede del collegio giudicante fa parte la dott.ssa COGNOME in qualità di giudice relatore, la quale era stata Presidente estensore del decreto n.23/2023 emesso dalla medesima Corte di appello nel giudizio di rinvio disposto dalla Corte di cassazione nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di COGNOME NOME che si era concluso, in virtù del menzionato decreto n. 23/2023, con il sequestro di quote societarie e beni immobili facenti capo ai proposti.
Avverso l’ordinanza della Corte di appello, di rigetto della dichiarazione di ricusazione, hanno ora interposto ricorso per cassazione i COGNOME tramite il comune difensore, formulando due motivi di doglianza.
Con il primo di questi sono state dedotte la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 cod. proc. pen. e la violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU.
L’art. 37 cod. proc. pen., a seguito della sent. n. 283 del 2000 della Corte costituzionale, comprenderebbe, infatti, tra le fattispecie di ricusazione, l’ipotesi in cui il giudice, chiamato a decidere sulla responsabilità dell’imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto; e la Corte costituzionale avrebbe chiarito come, nei rapporti tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, il pregiudizio per l’imparzialità del giudicante – neutralizzabile con la ricusazione – possa verificarsi sia quando l’attività pregiudicante sia stata quella svolta nel processo penale sia quando sia stata quella svolta nel procedimento di prevenzione, allorché in tale sede sia stata espressa una valutazione sull’esistenza dell’associazione criminosa e sull’appartenenza alla stessa dell’imputato nel successivo processo penale.
Quanto all’art. 6 CEDU, la Corte di Strasburgo avrebbe precisato come il pregiudizio per l’imparzialità del giudicante si verifichi anche nei casi in cui la condotta del giudice sia idonea ad ingenerare, in un osservatore esterno, dubbi obiettivamente giustificabili.
Con il secondo motivo di ricorso, sono state dedotte la contraddittorietà ed erroneità della motivazione del provvedimento impugnato, incentrata sulla circostanza che, con il decreto n. 23/2023, la dott.ssa COGNOME giudicando in sede
di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, che aveva rigettato il motivo di ricorso relativo alla pericolosità sociale del Cardone, non avrebbe espresso alcuna autonoma valutazione su quest’ultimo punto.
Ebbene, con la dichiarazione di ricusazione, hanno evidenziato i ricorrenti, era stato rilevato come, nonostante la dott.ssa COGNOME non avesse giudicato della pericolosità sociale del Cardone, la stessa si fosse occupata dei medesimi fatti oggetto del processo di appello nei loro confronti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi, stante la sostanziale intima connessione contenutistica, possono essere congiuntamente esaminati, è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto con il conseguente annullamento della ordinanza impugnata.
Osserva, infatti, il Collegio che con la ordinanza impugnata la Corte di appello di Bari ha ritenuto di dovere rigettare la istanza volta a far emergere l’incompatibilità (e, pertanto, la fondatezza della istanza di ricusazione delle medesima) della dott.ssa NOME COGNOME magistrato componente la Corte di appello di Bari, rispetto alla trattazione del giudizio di gravame avente ad oggetto la impugnazione della sentenza – pronunziata in data imprecisata – con la quale il Tribunale di Bari, ritenuta la penale responsabilità di COGNOME NOME e di COGNOME NOME in relazione ai reati loro ascritti, li aveva condannati alla pena ritenuta di giustizia, in quanto, sebbene lo stesso magistrato fosse stato componente del Collegio che, in data anche questa volta imprecisata, avesse disposto – con decreto n. 23 del 2023 materialmente redatto proprio dalla dott.ssa COGNOME a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte di cassazione, Sezione IV penale, con sentenza n. 28962 del 2022 del precedente provvedimento del 17 febbraio 2022 – il sequestro di prevenzione di beni immobili e di quote societarie facenti capo agli odierni ricorrenti.
In tale occasione, in particolare, la Corte barese, avendo rilevato che il provvedimento steso dalla dott.ssa COGNOME non conteneva alcuna autonoma valutazione in merito alla pericolosità sociale dei due COGNOME, atteso che il punto in questione – il quale aveva costituito il presupposto per la adozione dell’originario provvedimento di sequestro di prevenzione emesso a carico dei predetti ed oggetto del ricordato annullamento con rinvio disposto da questa Corte di legittimità con la citata sentenza n. 28962 del 2022 – doveva considerarsi definitivamente acquisito, considerato che il ricordato
annullamento con rinvio pronunziato dalla Corte di cassazione, ed in esito al quale era stata adottata la ordinanza redatta dalla dott.ssa COGNOME era stato motivato non in funzione della ritenuta insussistenza della pericolosità sociale dei due odierni ricorrenti – sulla quale, pertanto, doveva intendersi, ad avviso della Corte di Bari, essersi formato il giudicato – ma a cagione delle ritenuta incertezza sull’avvenuta acquisizione da parte dei due odierni ricorrenti dei beni oggetto di ablazione in epoca anteriore, o meno, alla entrata in vigore dell’art. 5, comma 9, della legge n. 161 del 2017, che ha esteso la possibilità di applicare il sequestro di prevenzione anche a beni diversi rispetto a quelli indicati dall’art 20 del dlgs n. 159 del 2011.
Ha, in altre parole, affermato la Corte di Bari che non vi era stata da parte della dott.ssa COGNOME in qualità di estensore del decreto n. 23 del 2023, alcuna autonoma valutazione di merito intorno alla pericolosità sociale dei due attuali ricorrenti, avendo il predetto magistrato, nello stendere la motivazione del provvedimento in questione, semplicemente ripreso al riguardo gli argomenti sui quali non vi sarebbe più la possibilità di diversi giudizi di merito – sulla bas dei quali la Corte di cassazione, con la citata sentenza n. 28962 del 2022, aveva sì accolto la impugnazione presentata dai COGNOME avverso il precedente decreto con il quale era stato disposto il sequestro in prevenzione a carico dei medesimi, avendo, tuttavia, assunto una tale decisione non in funzione della carenza di pericolosità sociale dei medesimi – la quale, anzi, era stata confermata, in via definitiva, della medesima Corte di legittimità – ma per gli altri motivi – prescindenti dalla confermata affermazione ripresa dalla dott.ssa COGNOME – che dianzi sono stati brevemente illustrati.
L’assunto della Corte di Bari non è accettabile.
Va, infatti, premesso, come d’altra parte riportato nello stesso provvedimento ora impugnato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, con orientamento da ritenersi, per effetto dell’intervento delle Sezioni unite della medesima, a questo punto, consolidato, che al procedimento di prevenzione è applicabile il motivo di ricusazione previsto dall’art. 37, comma 1, cod. proc. pen. – come risultante a seguito dell’intervento additivo effettuato dalla Corte costituzionale con sent. n. 283 del 2000 – nel caso in cui il giudice abbia, i precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 6 luglio 2022, n. 25951, rv 283350); considerato che un tale indirizzo ermeneutico deve ritenersi applicabile al giudizio di merito nel caso in cui l’analoga ipotesi di ricusazione sia stat
presentata nei confronti del il giudice che nel corso del giudizio di prevenzione abbia espresso valutazioni di merito incidenti sulla definizione del giudiziodi merito.
Ciò posto si osserva che, ad esaminare la motivazione della sentenza della Corte di cassazione n. 28962 del 2022, emerge la circostanza che l’annullamento con rinvio in tale occasione disposto non era stato tanto originato dalla ritenuta problematicità della praticabilità della misura di prevenzione, nella forma per equivalente, anche nel caso in cui la indisponibilità del bene originariamente auferendo in capo al soggetto oggetto della richiesta fosse pervenuta alla conoscenza del richiedente in epoca anteriore alla formulazione della proposta di misura – tema questa che la Corte di legittimità ha ritenuto non rilevante sulla base del tenore letterale della disposizione, s tratta dell’art. 25, comma 1, del dlgs n. 159 del 2011, nel testo novellato per oggetto della entrata in vigore della legge n. 161 del 2017, il quale consente di valorizzare, ai fini della confisca per equivalente (e pertanto, anche del sequestro ad essa funzionale) anche condotte dismissive anteriori alla formulazione della proposta – quanto in funzione del fatto che non era emerso che i beni oggetto della misura di sicurezza fossero stati acquisiti al patrimonio dei Cardone anteriormente o meno alla commissione da parte di costoro delle condotte che avrebbero giustificato l’adozione del provvedimento, potendo ritenersi, solo in caso di posteriorità di tale acquisizione a siffatte condotte, questa fosse il frutto del reimpiego del vantaggio conseguito attraverso le condotte in questione.
Tanto considerato si rileva che, nel momento in cui, nel provvedimento emesso dalla dott.ssa COGNOME in sede di sequestro di prevenzione, viene individuato dal Collegio della quale la stessa faceva parte il tempus commissi delicti ed essendo questo collocato in epoca coeva all’avvenuta acquisizione da parte dei COGNOME dei beni oggetto del provvedimento medesimo, vi è già stata anche da parte del citato magistrato l’espressione di un giudizio avente ad oggetto la commissione da parte degli attuali ricorrenti delle condotte per le quali essi sono stati condannati dal Tribunale di Bari e per le quali i medesimi debbono essere sottoposti, ora, al giudizio di gravame di fronte alla Corte territoriale pugliese.
Appare, pertanto, in contrasto con la vigente normativa affermare, come, invece, fatto dal giudice della ricusazione, che non sussistono gli elementi per l’accoglimento della istanza volta a far dichiarare la incompatibilità del citat magistrato a far parte del Collegio giudicante che dovrà decidere in merito
all’appello presentato dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza di condanna emessa in primo grado nei loro confronti, in quanto questi non avrebbe espresso alcuna autonoma valutazione sulla pericolosità sociale dei due ricorrenti, atteso che, essendo stato collocato dal predetto magistrato in un momento non antecedente alla ipotizzata commissione di condotte penalmente rilevanti il momento in cui i predetti hanno conseguito la disponibilità dei beni oggetto della misura, il medesimo si è espresso, sia pure in una trasparente forma implicita, formulando (pur non avendo esaminato espressamente il tema della pericolosità sociale dei ricorrenti) una precisa valutazione sulla sussistenza di tali condotte.
Egli ha, però, in tale modo esternato quelle “valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale” che, alla luce della giurisprudenza di questa Corte costituiscono elemento idoneo a giustificare l’eventuale accoglimento della istanza di ricusazione.
La mancata considerazione da parte della Corte di appello di Bari di tale circostanza, minando alla radice il ragionamento che ha, invece, condotto detto giudice al rigetto del ricorso a suo tempo presentato dai COGNOME, impone l’annullamento, con rinvio alla medesima Corte, della ordinanza impugnata per un nuovo giudizio in merito alla istanza di ricusazione de qua.
PQM
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024
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