Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11991 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11991 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a CATANZARO il 29/03/1982 COGNOME nato a CATANZARO il 06/04/1980
avverso l’ordinanza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG PASQUALE SERRA° D’AQUINO, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione avanzata nell’interesse di NOME COGNOME (proposto) e di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME NOME COGNOME (terzi interessati) nei confronti dei giudici NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME quali componenti del Collegio dinanzi al quale all’udienza del 21 ottobre 2024 era stata fissata la discussione della proposta di applicazione d misura patrimoniale del sequestro e della confisca di prevenzione dei be formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – D.D.A.
Nella prospettazione dei difensori istanti, i tre menzionati magistr essendosi, nel medesimo procedimento di prevenzione, pronunciati positivamente, medio tempore, con decreto del 17 settembre 2024, in sede di estensione del sequestro ex art. 20 d.lgs. n. 159/2011, si sarebbero resi incompatibili c emananda decisione sulla confisca.
Richiamando consolidata giurisprudenza di legittimità, i giudici di Catanzar affermavano che non è ravvisabile alcuna incompatibilità, ai sensi dell’art. 34 proc. pen., a partecipare al giudizio per l’applicazione della mi di prevenzione patrimoniale della confisca a carico del giudice che abb precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell’art. d.lgs. n. 159/2011, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale provvisorio, o destinato ad essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non può dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento.
Per le stesse ragioni, la Corte di cassazione aveva dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art citato, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., nella part non prevede l’incompatibilità a partecipare al giudizio di prevenzione patrimonia del giudice che abbia in precedenza adottato un provvedimento di sequestro.
La Corte di appello di Catanzaro aggiungeva, per completezza, che il Collegio in tesi pregiudicato, lungi dall’aver anticipato indebitamente la decis definitiva di merito, si sarebbe limitato: a rilevare che NOME COGNOME fosse già portatore di pericolosità qualificata; a richiamare l’originario provvedimen sequestro; a precisare, quanto alla disposta estensione, che si trattava d valutazione allo stato degli atti.
2. Hanno proposto ricorso congiunto, per il tramite dei difensori procuratori speciali, NOME COGNOME e NOME COGNOME sviluppando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia la violazione degli art . 37, comma 1, lett. b), 178 cod. proc. pen. e 111 Cost. in riferimento al man iato rispetto del principio del contraddittorio.
Secondo i difensori dei ricorrenti la Corte di appello sarebbe entrata nel merito, laddove, analizzando il provvedimento “pregiudicante”, aveva rilevato come NOME COGNOME risultasse già portatore di pericolosità qualificata; pertanto, si sarebbe dovuto procedere in contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo, si deducono violazione di legge processuale in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen. e 23 I. n. 87/53, nonché assenza di motivazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità sollevata dai ricusanti, essendosi la Corte di merito limitata a osservare che il caso di specie era diverso da quello oggetto della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Sesta Sezione Penale sul ricorso n. 15349/24.
2.3. Con il terzo motivo, si eccepisce violazione di legge processuale in relazione all’art. 37, comma 1, cod. proc. pen., per come interpretabile alla luce degli artt. 24, 111 Cost. e 6 CEDU.
Oltre a citare Sez. U, COGNOME, i difensori dei ricorrenti insistono nel ribadire che nel provvedimento estensivo del sequestro i giudici ricusati avevano emesso un indebito e pregiudicante giudizio sul proposto e sul terzo.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, da reputarsi manifestamente infondati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno rigettati, perché, nel complesso, infondati.
1.1. Deve ritenersi, anzitutto, infondato il primo motivo di ricorso.
La Corte di cassazione ha costantemente affermato che l’inammissibilità della richiesta di ricusazione per manifesta infondatezza deve essere dichiarata con procedura camerale “de plano”, senza sentire le parti interessate in camera di consiglio, previa fissazione di udienza ed avviso, in quanto l’articolo 41, comma 1, cod. proc. pen., prescrive che il collegio provveda “senza ritardo” e non richiama, al contrario del successivo comma 3, relativo alla decisione di merito della ricusazione, le forme dell’art. 127 cod. proc. pen. (tra molte, Sez. 4, n. 42024 del 06/07/2017, COGNOME, Rv. 270770 – 01; Sei. 6, n. 37112 del 5/4/2012, COGNOME, Rv. 253462 – 01).
La Corte di legittimità ha chiarito che, qualora l’implauSibilità dei motivi posti a fondamento dell’istanza di recusazione emerga ictu oc ‘ /i è legittima la declaratoria di inammissibilità ex art. 41, comma 1, caratteri zantesi per una
sommaria delibazione che si arresta in limine rispetto all’ambit peculiare dello scrutinio di merito e che consiste in una verifica esterna di c rrispondenza al modello legale.
Viceversa, la procedura prevista dall’art. 127 cod. proc. pen. deve essere seguita solo quando la dichiarazione di ricusazione sia assistita da un fumus boni iuris che ne giustifichi il passaggio all’esame nel merito (Sez. 3, n. 6211 del 11/11/2014, dep. 2015, Ragusa, Rv. 264821 – 01; Sez. 5, n. 43761 del 06/11/2008, COGNOME, Rv. 241677 – 01; Sez. 6, n. 9678 del 03/02/2003, Cortina ed altri, Rv. 223974 – 01).
Nel caso in esame, del tutto correttamente la Corte di Catanzaro è pervenuta alla declaratoria di inammissibilità della istanza di ricusazione, in quanto manifestamente infondata in diritto, sia alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata nel provvedimento (per tutte, Sez. 6, n. 49254 del 14/10/2016, Bianco e altro, Rv. 268169- 01), sia alla luce del carattere meramente delibativo della valutazione, contestata dalla difesa, inerente alla “pericolosità qualificata” del proposto Umberto COGNOME atteso che la Corte territoriale si è limitata a rilevare che il provvedimento di estensione del sequestro non aveva fatto altro che recepire quanto l’originario provvedimento di sequestro aveva già valutato.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il giudice a quo ha evidenziato la sostanziale diversità, rispetto alla situazione verificatasi nel caso di specie, della questione devoluta alla Corte costituzionale dalla Sesta Sezione penale di questa Corte (di cui alla notizia di decisione n. 11 del 2024 del 10/09/2024) nei termini seguenti: “Se sia ammessa la ricusazione del Tribunale che abbia disposto il sequestro di prevenzione e sia chiamato a giudicare della confisca, dopo aver disposto, nella medesima composizione, la restituzione degli atti all’autorità proponente, ai Sensi dell’art. 20, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159”.
Senza ancora poter disporre della motivazione, la Corte di Catanzaro ha osservato che, a differenza del caso di specie, il problema sollevato dalla Sesta Sezione della Cassazione atteneva al caso della eventuale incompatibilità a pronunciarsi sulla confisca di quel giudice che avesse fatto regredire il procedimento restituendo gli atti all’autorità proponente, mentre nel procedimento di prevenzione sub iudice non risultava esservi stata alcuna regressione, sicché la fase nella quale il Collegio ricusato aveva emesso il provvedimento di estensione del sequestro era rimasta immutata.
Leggendo la motivazione dell’ordinanza di rimessione, depositata in data 4 dicembre 2024 (due giorni prima dell’odierna udienza), si evince che Sez. 6, n. 44504 del 2024, a riprova della correttezza del “distinguo” operato dai giudici della ricusazione nel caso in esame, ha affermato, per quel che qui rileva, che «la
restituzione degli atti disposta dal tribunale, chiamato ad applica e il sequestro e la confisca di prevenzione, assume efficacia pregiudicante ai sensi dell’art. 34 cod. proc. pen. (richiamato, per il tramite dell’art. 36, comma 1, let g), cod. proc. pen., dall’art. 37, comma 1, lett. a), in quanto:
le valutazioni espresse nel provvedimento di restituzione degli atti hanno ad oggetto la medesima res iudicanda oggetto della successiva prbposta;
il giudice che restituisce gli atti non solo conosce, ma valuta anche gli elementi probatori e, dunque, decide nel merito della misura di prevenzione, sostanzialmente esprimendosi sulla fondatezza della proposta;
il provvedimento di restituzione degli atti, determinando la regressione del procedimento di prevenzione alla fase iniziale, reintegra l’organo proponente nelle proprie attribuzioni».
Emerge, quindi, ictu °cui/ la diversità, si può dire ontologiòa, esistente tra i presupposti della questione di legittimità costituzionale sollevata con l’ordinanza appena citata e la situazione processuale caratterizzante il caso di ricusazione di cui si discute, in cui la confisca da disporre apparterebbe, pacificamente, alla stessa fase in cui è stata disposta l’estensione del sequestro dai giudici ricusati, non potendosi in alcun modo prefigurare una regressione del procedimento e l’instaurazione di una nuova fase di proposta.
Correttamente, inoltre, la Corte di appello ha osservato che Sez. U, n. 25951 del 2022, Lapelosa, citata dalle difese, nel sancire Irapplicabilità al procedimento di prevenzione del motivo di ricusazione previsto dall’art. 37, comma 1, cod. proc. pen. – come risultante a seguito dell’intervento additivo effettuato dalla Corte costituzionale con sent. n. 283 del 2000 – nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale, ha, al contempo, precisato che detto motivo non riguarda le valutazioni di merito eventualmente espresse nell’ambito dello stesso procedimento, posto che «l’identità (fisica) tra il giudice della cautela e quello della valutazione del merito, nell’ambito dell’unica funzione attribuita nei grado, non fa nascere alcuna situazione di incompatibilità riferita agli atti compiuti nel procedimento».
A tale riguardo, Sez. U, COGNOME, hanno richiamato Sez. 6, n. 49254 del 14/10/2016, Bianco e altro, Rv. 268169 – 01, secondo la quale «Non si configura alcuna incompatibilità, ai sensi dell’art. 34 cod. proc. pen., a partecipare al giudizio per l’applicazione della misura di prevenzione patrhmoniale della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell’art. 20 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 15, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o des inato ad essere bL?
sostituito da una pronuncia decisoria finale e non può dirsi riferillAle ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento».
Nella decisione in commento si ricorda, tra l’altro, che la Code di legittimità, in due occasioni, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 cod. proc. pen., sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a partecipare al giudizio di prevenzione patrimoniale del giudice che abbia in precedenza adottato un provvedimento di sequestro, avendo quest’ultimo carattere interinale e provvisorio, inserito in procedimento destinato a concludersi in una pronuncia decisoria finale e non già di un provvedimento adottato sulla base di una valutazione della responsabilità dell’imputato in una fase anteriore del giudizio (Sez. 5, n. 38458 del 18/07/2012, COGNOME e altro, Rv. 253570 – 01; Sez. 1, n. 15684 del 07/02/2002, COGNOME e altri, Rv. 221844 – 01).
Si tratta di pertinenti e risolutivi riferimenti ermeneutici convenientemente valorizzati dai giudici di merito, sicché non vi è spazio alcuno per l’accoglimento della censura formulata con il secondo motivo di ricorso in relazione a pretese carenze motivazionali in argomento.
1.3. Le coordinate giurisprudenziali richiamate nella parte che precede, e fatte proprie dalla Corte di merito, consentono di escludere in radice l’incompatibilità a partecipare al giudizio di prevenzione patrimoniale del giudice che abbia in precedenza adottato un provvedimento di sequestro o, come nella specie, di estensione ad altri beni dell’originario provvedimento cautelare.
Le stesse Sez. U, COGNOME, in motivazione, lo hanno ricordato, citando le pronunce sopra riportate.
Insomma, proprio per il suo carattere “interinale e provvisorio”, il sequestro non può costituire un fattore realmente “pregiudicante” rispetto al successivo ed eventuale provvedimento decisorio di confisca, sicché è difficilmente ipotizzabile, in sede cautelare, l’anticipazione di un “indebito convincimento” sul merito della res iudicanda, non potendo dirsi il sequestro riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento.
In ogni caso, e in concreto, le stringate considerazioni svolte nel contestato provvedimento di estensione di cui si è detto non possono costituire espressione di un “indebito convincimento”, dovendo esse reputarsi strettamente funzionali alla decisione sull’estensione medesima.
Deve, quindi, ritenersi infondato anche il terzo e ultimo motivo di ricorso.
Dal rigetto dei ricorsi discende ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagameno delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024
Il Consi g liere estensore
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I Presidente