Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28130 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28130 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CROTONE DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 23 gennaio 2024, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione proposta il 16 gennaio 2024 da RAGIONE_SOCIALE NOME nei confronti del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, quale presidente del collegio del Tribunale di Bologna, davanti al quale pende il processo
n. 2139/2021 R.G.N.R., avente ad oggetto il reato di bancarotta fraudolenta, in relazione alla “RAGIONE_SOCIALE“, fallita 1’11 aprile 2018.
Avverso l’ordinanza della Corte di appello di Bologna, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 34, 36 e 37 cod. proc. pen.
Rappresenta che: nel processo nel quale è stata presentata istanza di ricusazione (n. NUMERO_DOCUMENTO), l’imputato è chiamato a rispondere di attività distrattive che sarebbero state da lui poste in essere unitamente al padre COGNOME NOME; in altro procedimento penale (n. NUMERO_DOCUMENTO), avente ad oggetto i reati di associazione per delinquere, bancarotta e riciclaggio, era stata emessa a carico dell’imputato la misura della custodia cautelare in carcere; la misura era stata sostituita dal Tribunale del riesame con quella degli arresti domiciliari; il collegio che aveva deciso sull’istanza di riesame era stato presieduto dal AVV_NOTAIO.
Secondo il ricorrente, dalla lettura del provvedimento del riesame, emergerebbe che il Tribunale aveva tratto la convinzione «della consapevolezza di COGNOME NOME per i reati contestati nel procedimento n. NUMERO_DOCUMENTO dagli atti d’indagine del procedimento n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO». In particolare, aveva desunto, dai risultati investigativi di quest’ultimo procedimento, la convinzione che «l’imputato era da tempo inserito nelle attività criminali del padre». Nel provvedimento del Tribunale, vi era, inoltre, un riferimento all’utilizzo di «liquidità provenienti da una delle società fallite, la “RAGIONE_SOCIALE“, per l’acquisto di costosi beni personali» (fatto che rientrerebbe nel capo 10 dell’imputazione relativa al procedimento n. 2139/2021 RGNR).
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe travisato il contenuto dell’istanza, ritenendo che essa fosse stata proposta ai sensi dell’art. 36, comma 1, lett. h, quando invece era stata presentata ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b., e cioè in relazione all’indebita manifestazione del convincimento. Il AVV_NOTAIO. COGNOME, invero, quale componente del collegio che aveva emesso l’ordinanza nel procedimento 14945/2022 RGNR, aveva espresso valutazioni di merito in ordine alla responsabilità dell’indagato, con riferimento al reato di cui al capo 10 del procedimento n. 2139/2021 RGNR. Tale situazione determinava, alla luce della giurisprudenza di legittimità e della giurisprudenza della Corte costituzionale, una situazione che avrebbe dovuto portare il giudice ad astenersi e, in difetto, avrebbe consentito alle parti di ricusarlo.
La Corte di appello sarebbe erroneamente pervenuta ad una dichiarazione di inammissibilità, travisando le effettive ragioni poste a fondamento dell’istanza e analizzando superficialmente il contenuto dell’ordinanza del Tribunale del riesame.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Il ricorrente contesta l’ordinanza impugnata per avere «la Corte sostenuto che il fugace riferimento agli atti del procedimento n. 2139/2021, pur ivi versati, era operato dal Tribunale del riesame al solo fine di richiamare – del tutto genericamente e senza alcuna pregnante ed incisiva valutazione di merito – il ricorso da parte dell’indagato a precedenti conAVV_NOTAIOe materiali».
Secondo il ricorrente, infatti, il giudizio espresso dal Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, basato sugli elementi del diverso procedimento n. 2139/2021 RGNR, presupponeva necessariamente il compimento da parte del collegio di una valutazione pregnante, incisiva e non necessaria, «implicante un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’imputato per la bancarotta RAGIONE_SOCIALE, di cui al capo 10 dell’imputazione del procedimento penale n. 2139/2021 RGNR». Il ricorrente dà particolare rilievo alla pagina 11 dell’ordinanza del tribunale del riesame, dove viene affermato che: «lo stesso 6 febbraio 2020 COGNOME NOME acquistava un orologio dalla RAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 35.100 e ciò che rileva non è tanto l’acquisto in sé, quanto il fatto che COGNOME NOME risulta avere utilizzato liquidità provenienti da una delle società fallite (la RAGIONE_SOCIALE) per acquisti di costosi beni personali, scarpe sportive, impianto Dolby Surround, profumi, ecc.».
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
AVV_NOTAIO, per l’imputato, ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Entrambi i motivi – che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati – sono infondati.
1.1. Preliminarmente, va rilevato che risulta infondata la censura secondo la quale la Corte di appello avrebbe travisato il contenuto dell’istanza, erroneamente ritenendo che, con essa, fosse stata deAVV_NOTAIOa la violazione dell’art. 36, comma 1, lett. h e non quella dell’art. 37, comma 1, lett. b.
La Corte di appello, infatti, ha espressamente fatto riferimento all’ipotesi di indebita manifestazione del pensiero da parte del giudice, di cui all’art. 37, comma 1, lett. b, cod. proc. pen. (cfr. pagina 2 del provvedimento impugnato).
1.2. Tanto premesso, va rilevato che l’ordinanza impugnata è del tutto immune dai vizi denunciati giacché, come ha correttamente evidenziato dalla Corte di appello, non sussistevano i presupposti per la ricusazione del AVV_NOTAIO COGNOME.
Va rilevato che l’ipotesi invocata dal ricorrente è quella dell’art. 37, comma 1, lett. b), per la quale il giudice può essere ricusato «se, nell’esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione».
La chiave di lettura della norma sta nell’avverbio «indebitamente», che implica una duplice prospettazione, l’una soggettiva e l’altra oggettiva. Sotto il profilo soggettivo, l’atto indebito è quello del tutto arbitrario oppure quello legittimamente emesso, ma espresso con antigiuridiche modalità di tempo e forma. Sotto il profilo oggettivo, l’atto indebito è quello che è arbitrario ne contenuto, nel senso che argomenta la soluzione della questione con valutazioni di merito non necessarie e così esorbitanti da apparire un’illegittima anticipazione di convincimento.
La giurisprudenza ha nettamente delimitato l’ambito della causa di ricusazione di cui all’art. 37, comma 1, lett. b), riferendola solo ai casi in cui l’esternazion venga espressa senza alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedinnentale (Sez. 6, n. 43965 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 264985; Sez. 3, n. 17868 del 17/03/2009, COGNOME, Rv. 243713; Sez. 2, n. 766 del 04/11/2005, COGNOME, Rv. 233332). Inoltre, ha escluso che l’esternazione incidentale e occasionale – fatta in diverso procedimento – su particolari aspetti della vicenda sottoposta al giudizio possa integrare una causa di ricusazione rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b) (Sez. 1, n. 1376 del 05/12/2002, COGNOME Falco, Rv. 223260).
1.3. Orbene, la ricusazione nei confronti del AVV_NOTAIO COGNOME è stata correttamente ritenuta infondata per entrambe le ragioni sopra esposte: perché il riferimento al procedimento nel quale è stata presentata la ricusazione era strettamente funzionale alla decisione sullo status di COGNOME NOME e segnatamente al pericolo di reiterazione del reato; perché le espressioni contestate – fatte nel contesto di una ben più ampia e argomentata verifica dei presupposti per il mantenimento della misura cautelare nei confronti del COGNOME – non hanno carattere pregiudicante in ordine alla decisione che il AVV_NOTAIO COGNOME dovrà aAVV_NOTAIOare, atteso che si trattava di un’esternazione incidentale e occasionale, fatta su particolari aspetti della più ampia e complessa vicenda sottoposta al suo giudizio
(cfr. il decreto che dispone il giudizio allegato).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 24 aprile 2024.