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Ricusazione giudice: quando è indebita la valutazione?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che chiedeva la ricusazione di un giudice. La Corte ha stabilito che le valutazioni espresse dal giudice in una precedente fase cautelare, funzionali a quella specifica decisione, non costituiscono un’indebita manifestazione del convincimento e, pertanto, non giustificano la ricusazione del giudice stesso nel successivo processo di merito.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricusazione Giudice: La Cassazione chiarisce i limiti della manifestazione del convincimento

L’imparzialità del giudice è un pilastro fondamentale del giusto processo. Ma cosa accade se un giudice, nel corso di un procedimento, esprime valutazioni che sembrano anticipare il giudizio finale? La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 28130/2024 offre un’analisi cruciale sui presupposti della ricusazione giudice, specificando quando una manifestazione di pensiero possa essere considerata ‘indebita’ e tale da giustificare la sua sostituzione.

I fatti del caso

Un imputato, sotto processo per bancarotta fraudolenta, presentava un’istanza per la ricusazione del presidente del collegio giudicante. La ragione alla base della richiesta era che lo stesso magistrato, presiedendo il Tribunale del riesame in un altro procedimento penale a carico del medesimo imputato (per reati quali associazione per delinquere, bancarotta e riciclaggio), aveva emesso un’ordinanza contenente valutazioni ritenute pregiudizievoli. In particolare, il Tribunale del riesame, nel decidere sulla misura cautelare, aveva fatto riferimento ad elementi investigativi del processo per bancarotta, desumendo la ‘consapevolezza’ dell’imputato e il suo ‘stabile inserimento nelle attività criminali del padre’. Secondo la difesa, queste affermazioni costituivano una manifestazione indebita del proprio convincimento sulla responsabilità penale, violando l’art. 37, comma 1, lett. b), del codice di procedura penale.

La decisione della Corte di Cassazione e il principio della ricusazione giudice

La Corte di Appello aveva già dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e un vizio di motivazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando la decisione precedente e fornendo importanti chiarimenti sui confini della ricusazione giudice.

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’avverbio ‘indebitamente’, contenuto nella norma invocata. Non ogni esternazione del giudice sui fatti di causa è motivo di ricusazione, ma solo quella che avviene in modo improprio, ovvero al di fuori delle necessità funzionali del procedimento in cui viene resa.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che la causa di ricusazione prevista dall’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. si configura solo quando l’esternazione del giudice è arbitraria e non collegata alle funzioni esercitate in quella specifica fase processuale. L’atto ‘indebito’ è quello che, dal punto di vista oggettivo, contiene ‘valutazioni di merito non necessarie e così esorbitanti da apparire un’illegittima anticipazione di convincimento’.

Nel caso specifico, le valutazioni del giudice nel procedimento di riesame non erano gratuite o superflue. Al contrario, erano strettamente funzionali alla decisione che doveva essere presa in quella sede, ovvero la valutazione sulla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato per il mantenimento della misura cautelare. Il riferimento agli elementi dell’altro procedimento era quindi necessario per delineare la personalità dell’indagato e il contesto criminale in cui operava. Si è trattato, secondo la Cassazione, di una ‘esternazione incidentale e occasionale’, fatta su particolari aspetti di una vicenda complessa, ma non tale da integrare un pregiudizio sulla decisione di merito che lo stesso giudice avrebbe dovuto poi assumere nel processo principale.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per fondare una richiesta di ricusazione giudice, non è sufficiente che il magistrato abbia espresso una qualche valutazione sui fatti. È necessario dimostrare che tale valutazione sia stata espressa ‘indebitamente’, cioè in modo arbitrario, non richiesto dalle esigenze processuali di quel momento e con un contenuto tale da rivelare un’anticipazione illegittima del giudizio finale. La Corte tutela così l’ordinato svolgimento dei processi da istanze di ricusazione meramente strumentali, bilanciando l’esigenza di funzionalità del sistema con la sacrosanta garanzia di imparzialità del giudice.

Quando una valutazione del giudice sui fatti di causa può portare alla sua ricusazione?
Secondo la sentenza, una valutazione del giudice può essere causa di ricusazione solo se costituisce una ‘indebita manifestazione del convincimento’. Ciò si verifica quando l’esternazione è arbitraria, non è funzionalmente necessaria per la decisione che il giudice deve prendere in quella fase e anticipa in modo illegittimo il giudizio finale.

Una valutazione espressa da un giudice in una fase cautelare (es. riesame) è automaticamente motivo di ricusazione nel successivo giudizio di merito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se la valutazione espressa nella fase cautelare era strettamente funzionale e necessaria per decidere sulla misura (ad esempio, per valutare il pericolo di reiterazione del reato), essa non costituisce una causa di ricusazione, trattandosi di un’esternazione incidentale e occasionale legata a quello specifico contesto.

Cosa significa l’avverbio ‘indebitamente’ nell’art. 37 del codice di procedura penale?
L’avverbio ‘indebitamente’ implica una duplice prospettiva. Dal punto di vista soggettivo, si riferisce a un atto arbitrario o espresso con modalità non conformi alla legge. Dal punto di vista oggettivo, si riferisce a un contenuto arbitrario, cioè che argomenta con valutazioni di merito non necessarie ed esorbitanti, tali da apparire come una prematura e illegittima formazione del convincimento del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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