Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2028 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2028 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/06/2023 della CORTE di APPELLO di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che concludeva per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Genova respingeva la dichiarazione con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME, imputati dei reati di truffa ed autoriciclaggio, COGNOME ricusavano NOME COGNOME, giudice del Tribunale di Genova, che, chiamata a celebrare il processo a loro carico, emetteva un provvedimento di sequestro preventivo, ritenuto dagli imputati “predittivo” della condanna (le dichiarazioni venivano proposte, rispettivamente, il 20 maggio 2023 ed il 23 maggio 23).
Avverso tale provvedimento proponevano ricorso per cassazione i difensori di entrambi gli imputati che, con motivazioni omogenee, deducevano violazione di legge (art. 37 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: la Corte di appello di Genova non avrebbe
valorizzato il contenuto, ampiamente predittivo, del decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice ricusato; le valutazioni in ordine alla responsabilità contenute in tal provvedimento non avrebbero dovuto essere effettuate, anche tenuto conto del fatto che si versava in una fase procedimentale, di ritenere il fumus commissi delicti provato in relazione alla emissione del decreto che disponeva il giudizio per i reati di truffa autoriciclaggio; si riteneva, in particolare, che fosse pregiudizievole il riferimento condotte “truffaldine di autoriciclaggio”, nonché alle dichiarazioni dei testi e degli impu nel corso del dibattimento; la sussistenza di un preventivo convincimento sarebbe confermato anche dal fatto che i testi ammessi venivano revocati dopo l’emissione del decreto di sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.
1.1. Il collegio riafferma che in tema di ricusazione, costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’anticipazione di valutazioni sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta, sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso, senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge o allorché esse invadano, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto o parte gli esiti (Sez. 3, n. 27996 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281591 – 01; Sez. U, n. 41263 del 27/09/2005, COGNOME, Rv. 232067 – 01).
1.2. La giurisprudenza assegna dunque rilievo, al fatto che le decisioni, in astratto idonee a generare situazioni di incompatibilità, vengano assunte in una medesima sequenza procedimentale, attraverso l’esercizio di poteri di accertamento conferiti dal legislatore attraverso l’assegnazione di una specifica competenza funzionale.
Nel caso della coincidenza del giudice della cautela con quello della cognizione, che si verifica quando il processo si trova nella fase dibattimentale, deve prendersi atto che legislatore ha assegnato al “medesimo giudice” sia la competenza a decidere i subprocedimenti cautelari, sia quella a definire il procedimento relativo all’accertamento dell responsa bilità.
Sul punto la Corte ha già affermato che l’esercizio del potere cautelare in corso di giudizio non determina una situazione di incompatibilità rilevabile come motivo di ricusazione, poiché il giudice è titolare della competenza “accessoria” cautelare che si radica in ragione di quella “principale” del giudizio sul merito; ed ha cosi ritenuto immun da censure la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di ricusazione avanzata nei
confronti del giudice chiamato a celebrare il giudizio abbreviato, il quale aveva in precedenza respinto, quale giudice dell’udienza preliminare, la richiesta di sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari (Sez. 6, n. 11 d 29/12/2015, dep. 2016, Gammuto, Rv. 265466 – 01).
Peraltro, qualora si ritenesse che la sommatoria di competenze sia idonea a generare un difetto di parzialità, si legittimerebbe la “frammentazione” del procedimento e si consentirebbe alle parti, per mezzo della reiterazione di istanze incidentali, di determinare la rimozione del giudice già investito del processo; tale principio è ancor più valido i riferimento alle funzioni assegnate dalla legge al giudice dibattimentale, stante la regola della sua immutabilità (Sez. 6, n. 42975 del 22/09/2003, COGNOME, Rv. 227619 – 01; Sez. 6, n. 16453 del 10/02/2015, Celotto, Rv. 263576)
Peraltro la Corte Costituzionale, ha reiteratamente affermato che ai fini della individuazione di una un’ipotesi di incompatibilità del giudice (che è alla base di eventual ricusazioni) occorre che le precedenti valutazioni, anche di merito, siano state compiute in fasi diverse del procedimento e non nel corso della medesima fase (cfr. ex multis ordinanze n, 370 del 2000 e 232 del 1999, nonché la sentenza n. 131 del 1996.
1.2. Nel caso in esame la Corte di appello, con provvedimento coerente con le indicate linee ermeneutiche, rilevava che il giudice ricusato nel provvedimento incidentale relativo alla cautela reale non aveva espresso valutazioni in ordine la responsabilità degli imputati ricorrenti, dato che si era limitato a fornire una concisa motivazione sugli elementi d prova che giustificavano l’imposizione del vincolo, senza addentrarsi nella valutazione dell’attendibilità delle deposizioni testimoniali, né in quella della responsabilità d imputati adempiendo agli oneri connessi alla sua competenza funzionale.
Il provvedimento impugnato non si presta dunque ad alcuna censura in questa sede.
2.Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616 cod proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 24 novembre 2023.