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Ricusazione giudice: quando è esclusa per fatti diversi?

La Cassazione ha rigettato i ricorsi per la ricusazione di un giudice, chiarendo che non sussiste pre-giudizio se il magistrato ha giudicato in un precedente procedimento su fatti diversi, seppur connessi. Il caso riguardava la valutazione di una condotta successiva (prelievo di denaro da una società) rispetto a una precedente confisca della stessa società. Per la Corte, la diversità dell’oggetto di valutazione esclude il rischio di imparzialità, rendendo la ricusazione del giudice infondata.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricusazione del giudice: diversità dei fatti e limiti del pre-giudizio

L’istituto della ricusazione del giudice rappresenta un pilastro fondamentale a garanzia del giusto processo e dell’imparzialità del giudicante. Ma cosa succede quando un giudice si è già espresso in un procedimento precedente, collegato a quello attuale? La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un importante chiarimento sui limiti del cosiddetto “pre-giudizio”, specificando che la diversità dei fatti oggetto di valutazione è un criterio dirimente per escludere il rischio di parzialità.

Il caso: una richiesta di ricusazione del giudice in un procedimento di prevenzione

La vicenda nasce dall’istanza di ricusazione presentata da due soggetti avverso il presidente di un collegio giudicante della Corte d’Appello. Il collegio era chiamato a decidere sull’impugnazione di un decreto di confisca relativo a una somma di 200.000 euro.

Il motivo della richiesta risiedeva nel fatto che lo stesso magistrato, in un precedente procedimento di prevenzione, aveva agito in qualità di relatore in una decisione che aveva confermato la confisca di una società riconducibile ai medesimi soggetti e ne aveva accertato la pericolosità sociale. Secondo i ricorrenti, avendo il giudice già valutato l’origine illecita del patrimonio della società, si era inevitabilmente formato un pre-giudizio anche sulla somma di denaro oggetto del nuovo procedimento, in quanto prelevata proprio dai conti di quella società.

I motivi del ricorso e la tesi del pre-giudizio

I ricorrenti sostenevano che la precedente decisione costituisse l'”antecedente logico-giuridico” del provvedimento attuale. A loro avviso, il giudice, avendo già espresso una valutazione di merito sull’illiceità del patrimonio societario, non avrebbe potuto giudicare con la necessaria terzietà una vicenda strettamente consequenziale. In sostanza, la valutazione sulla somma di denaro sarebbe stata inesorabilmente condizionata dal giudizio già espresso sulla società da cui proveniva.

Questa situazione, secondo la difesa, comprometteva l’imparzialità del giudice, violando i principi sanciti dall’articolo 111 della Costituzione e dall’articolo 6 della CEDU. La richiesta di ricusazione del giudice si fondava quindi sull’idea che il magistrato avesse già anticipato, in un’altra sede, argomenti di fatto e di diritto cruciali per la decisione in corso.

La decisione della Cassazione sulla ricusazione del giudice

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, ritenendo l’istanza di ricusazione infondata. La Suprema Corte ha seguito un rigoroso percorso logico-giuridico per distinguere le situazioni che generano un reale pre-giudizio da quelle in cui, pur in presenza di una connessione fattuale, non vi è rischio per l’imparzialità.

La distinzione tra cognizione del fatto e valutazione di merito

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra la mera “cognizione” dei fatti e una “valutazione di merito” pregiudicante. La Corte, richiamando la giurisprudenza costituzionale (in particolare la sent. n. 283 del 2000), ha ribadito che non è sufficiente che il giudice abbia avuto conoscenza dei fatti in un precedente procedimento. Affinché si configuri un motivo di ricusazione, è necessario che il giudice abbia espresso una valutazione di merito sullo stesso fatto e nei confronti dello stesso soggetto.

Quando un precedente giudizio non è “pregiudicante”

Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato come i due procedimenti avessero oggetti di valutazione nettamente distinti.
– Il primo procedimento (decreto n. 117/16) riguardava la pericolosità sociale di uno dei ricorrenti e la riconducibilità illecita del patrimonio di una società.
– Il secondo procedimento (decreto n. 25/23) verteva su una condotta successiva e diversa: l’emissione di venti assegni circolari per 200.000 euro dal conto della società, proprio mentre questa era sottoposta a sequestro, e le anomale modalità di negoziazione dei titoli.

Il collegio attuale, quindi, non era chiamato a riesaminare la pericolosità sociale o l’origine del patrimonio della società, ma a giudicare un comportamento nuovo e autonomo. Il precedente provvedimento rappresentava solo il “presupposto fattuale”, non l’oggetto della nuova decisione.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’ambito della valutazione demandata al giudice ricusato nel nuovo procedimento era chiaramente diverso da quello del precedente. Il giudizio pendente non riguardava la pericolosità sociale dell’imputato o la natura illecita del suo patrimonio, questioni già definite nel primo decreto. Al contrario, il focus era su una condotta specifica e successiva: il prelievo di una somma ingente da una società già sottoposta a sequestro di prevenzione. Questa diversità sostanziale dell’oggetto del giudizio esclude che la precedente valutazione possa costituire un pre-giudizio. La Corte ha precisato che, ai fini dell’individuazione di un’attività “pregiudicante”, non è sufficiente che il giudice abbia avuto in precedenza una mera cognizione dei fatti di causa o si sia espresso solo incidentalmente su alcuni aspetti. È necessaria una piena valutazione di merito sullo stesso fatto, cosa che in questo caso non è avvenuta. Di conseguenza, è stata anche dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, poiché la situazione non rientrava nell’ambito del “medesimo fatto” che giustificherebbe l’incompatibilità del giudice.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un principio cardine della procedura penale: la ricusazione del giudice è un istituto da applicare con rigore e solo in presenza di situazioni che minano concretamente la sua imparzialità. La mera connessione fattuale tra due procedimenti o la conoscenza pregressa degli atti da parte del giudice non sono di per sé sufficienti a fondare un’istanza di ricusazione. È indispensabile che vi sia una sovrapposizione dell’oggetto della valutazione di merito. Questa pronuncia offre quindi un criterio chiaro per distinguere i casi di effettivo pre-giudizio da quelli in cui la terzietà del giudice non è compromessa, garantendo così un equilibrio tra il diritto delle parti a un processo equo e la funzionalità del sistema giudiziario.

Un giudice che ha già deciso sulla confisca di una società può giudicare su un successivo prelievo di denaro dalla stessa società?
Sì. Secondo la Cassazione, si tratta di due procedimenti con oggetti di valutazione distinti. Il primo giudizio riguarda l’origine illecita del patrimonio societario, mentre il secondo valuta una condotta successiva e autonoma, come il prelievo di denaro da un conto sotto sequestro. La diversità dei fatti da giudicare esclude la sussistenza di un pre-giudizio.

Cosa si intende per “pre-giudizio” ai fini della ricusazione del giudice?
Per pre-giudizio si intende una valutazione di merito sullo stesso fatto e nei confronti dello stesso soggetto, che il giudice ha già espresso in un diverso procedimento. La semplice conoscenza pregressa dei fatti di causa o delle parti non è sufficiente a integrare un valido motivo di ricusazione.

Perché la Corte ha ritenuto infondata la richiesta di ricusazione in questo caso?
La Corte ha ritenuto infondata la richiesta perché il nuovo giudizio non richiedeva al giudice di rivalutare la pericolosità sociale del soggetto o l’illiceità del patrimonio della società (questioni già decise nel precedente procedimento), ma di giudicare una condotta nuova e successiva: l’emissione di assegni da un conto corrente sotto sequestro. La diversità dei fatti oggetto di valutazione esclude il rischio di parzialità del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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