Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38451 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38451 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Canicattì il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 08/04/2024 della Corte di Appello di Caltanissetta udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Caltanissetta, con ordinanza del 3 aprile 2024, ha rigettato ai sensi dell’art. 41 cod. proc. pen. l’istanza di ricusazione proposta da NOME COGNOME nei confronti ddi due ei componenti della Seconda Sezione della Corte di Appello di Caltanissetta, il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME e il AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Nello specifico l’istanza era fondata sul fatto che i due magistrati si sono pronunciati nel processo celebrato nei confronti di NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali esecutori materiali dell’incendio, ora contestato al ricorrente a titolo di concorso, quale mandante del medesimo reato. Nello specifico la difesa ha evidenziato che nel processo celebrato a suo carico NOME ha riferito di avere ricevuto l’incarico da tale “NOME” e che nel primo processo e in quello attuale è stata posta e si pone la stessa questione circa
la qualificazione giuridica da attribuire ai fatti.
Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello ha ritenuto che non vi siano cause di incompatibilità in quanto le posizioni sono autonome e non si tratta del medesimo processo nei confronti del medesimo soggetto in quanto i fatti da accertare sono sostanzialmente diversi.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il condannato, che a mezzo del difensore, in un unico motivo di ricorso, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione evidenziando che la conclusione sarebbe errata in quanto, a ben vedere, i fatti sono i medesimi e le posizioni, considerata la contestazione formulata nei confronti del ricorrente a titolo di mandante del reato, non sono e non possono essere oggetto di un’autonoma e distinta valutazione rispetto a quella già effettuata dai giudici oggetto della ricusazione. Sotto altro profilo, poi, la questione relativa alla qualificazione giuridica sarebbe in tutto coincidente e la precedente pronuncia sul punto determinerebbe l’incompatibilità di chi si è già espresso in merito.
In data 12 giugno 2024 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 34 cod. proc. pen. in quanto, diversamente da quanto considerato dalla Corte territoriale, la pronuncia emessa all’esito del primo processo, celebrato nei confronti degli esecutori materiali, aveva comportato una valutazione, quanto meno implicita, in ordine alla responsabilità dell’attuale ricorrente, al quale è contestato il medesimo fatto in qualità di mandante, e circa la qualificazione giuridica.
Le doglianze sono infondate.
2.1. Come anche di recente ribadito da questa Corte non costituisce causa di ricusazione, ai sensi dell’art. 37 cod. proc. pen., la circostanza che il giudice abbia in precedenza giudicato un coimputato del medesimo reato concorsuale, nel caso in cui alla mera comunanza dell’imputazione faccia riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, tali da formare
oggetto di autonome valutazioni, scindibili l’una dall’altra (in questi termini, seppure riferite al giudice dell’udienza preliminare Sez. 3, n. 804 del 30/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282635 – 01; Sez. 5, n. 5533 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 275378 – 01; Sez. 6, n. 3840 del 24 novembre 1999, COGNOME A, Rv. 216328 – 01).
Nella corretta prospettiva già in precedenza evidenziata, infatti, «non sussiste alcuna valida causa di ricusazione del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza in precedente un procedimento nei confronti di alcuni coimputati e che successivamente concorra a pronunciare in separato processo altra sentenza nei confronti di altro concorrente nel medesimo reato, qualora la posizione di quest’ultimo, e, dunque, la sua responsabilità penale, non sia stata oggetto di valutazione di merito nel precedente processo» (così Sez. 5, n. 6797 del 16/01/2015, COGNOME, Rv. 262730 – 01).
Il costante insegnamento del giudice delle leggi, d’altro canto, è nel senso che per i reati plurisoggettivi, nel caso in cui il giudice sia chiamato a pronunciarsi, prima, per alcuni dei concorrenti e, successivamente, per effetto della separazione dei processi, per altri coimputati, non ricorre alcuna causa di incompatibilità, trattandosi di ipotesi in cui non si verifica il requisito dello “stesso processo”, sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.
Secondo la Corte costituzionale, infatti, alla comunanza dell’imputazione fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni e possono, quindi, sfociare in un accertamento positivo per l’uno e negativo per l’altro.
Ciò in quanto, pure alla luce della sentenza n. 371 del 1996 – con la quale la Corte, costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata – si deve confermare quanto in precedenza ritenuto nelle sentenze n. 186/1992 e 439/1993 secondo le quali «l’autonomia delle posizioni di ciascun concorrente consente – pur nella naturalistica unitarietà delle fattispecie di concorso – una segmentazione di processi e la scomposizione del fatto in una pluralità di condotte autonomamente valutabili in processi distinti, senza che la decisione dell’uno debba influenzare quella dell’altro (Sez. 5, n. 6797 del 16/01/2015, COGNOME, Rv. 262730 – 01).
Secondo la Corte costituzionale, quindi, il principio di terzietà del giudice prescinde dalla struttura del reato, se sia cioè a concorso necessario o eventuale,
e si riferisce piuttosto a tutte le ipotesi in cui, qualunque ne sia stato il motivo, i giudice, nella sentenza che definisce il processo, abbia incidentalmente ma effettivamente e in concreto espresso valutazioni di merito in ordine alla responsabilità penale di un terzo non imputato in quel processo perché è solo questo a determinare il pregiudizio ai fini delle garanzie costituzionali alle quali la disciplina legale delle incompatibilità deve essere improntata (Sez. U, n. 36847 del 26/06/2014, Della Gatta, Rv. 260094 – 01 nel senso che «integra propriamente una causa di ricusazione, ex art. 37, comma primo lett. b), cod. proc. pen. (come inciso da Corte cost., sent. n. 283 del 2000) e non una causa di incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen. la circostanza che il medesimo magistrato chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato abbia già pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concorrente nel medesimo reato, allorquando nella motivazione di essa risultino espresse valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del soggetto sottoposto a giudizio»).
2.2. Nel caso di specie la Corte territoriale si è conformata ai principi indicati. Il giudice chiamato a pronunciarsi in merito alla ricusazione, infatti, ha dato adeguato e coerente conto di avere proceduto a una verifica degli atti e così evidenziato che nel precedente giudizio non è stata espressa alcuna valutazione in ordine alla responsabilità del ricorrente (a. nel capo di imputazione oggetto della sentenza pronunciata nei confronti dei coimputati non c’è alcun riferimento all’attuale imputato; b. la motivazione della sentenza, al di là di un generico e astratto riferimento a tale “NOME“, non contiene alcuna valutazione effettiva e concreta in ordine alla responsabilità del ricorrente)- ha esposto le ragioni concrete per cui avervi partecipato non determina in concreto alcuna incompatibilità.
Ciò, d’altro canto, senza che sul punto, attesa la differenza di compendio probatorio oggetto di valutazione tra i due processi, possa ritenersi che assuma dirimente rilievo ai sensi dell’art. 34 cod. proc. pen. il giudizio in precedenza eventualmente formulato in merito alla qualificazione giuridica da attribuire ai fatti.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 1′ 2/7/2024