Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43192 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43192 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13 giugno 2024 emessa dalla Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria difensiva dell’AVV_NOTAIO che ha contestato il contenuto della requisitoria della Sostituta Procuratrice generale insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta dalla procuratrice
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speciale del ricorrente nei confronti della Presidente del collegio penale, nell’ambito del procedimento n. 10656/2016 pendente dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania, per tardività in quanto non depositata in udienza, celebratasi il 5 giugno 2024, anche con formale riserva di provvedervi nel termine di legge.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal difensore, deducendo vizio di motivazione in relazione all’art. 37, lett. b), cod. proc. pen. in quanto il provvedimento impugnato aveva erroneamente dichiarato tardiva la richiesta di ricusazione avanzata dalla procuratrice speciale dell’imputato, per avere la Presidente del collegio affermato «mi sono ritrovata molto nelle conclusioni del pubblico ministero…», sebbene NOME COGNOME non avesse potuto presenziare all’udienza, per ragioni di salute ed economiche, risultanti dagli atti, tali da escludere che la sua assenza fosse frutto di una «libera e consapevole scelta» come scritto nel provvedimento impugnato.
Infatti, il difensore di NOME si era dovuto recare in Albania, dove si trovava il suo assistito, per informarlo della causa di ricusazione sopravvenuta in udienza e farsi rilasciare la procura speciale, così da rendersi oggettivamente impedita la presentazione dell’istanza in udienza.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’art 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Il provvedimento impugnato ha correttamente applicato un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte secondo il quale «In tema di ricusazione, qualora la relativa causa sia sorta nel corso dell’udienza, la parte ha solo l’onere di formulare la dichiarazione di ricusazione prima del termine dell’udienza, con esplicita riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di tre giorni previsto dall’art. 38, comma 2, cod. proc. pen., non potendo essere imposto alla parte di abbandonare l’udienza per presentare la dichiarazione di ricusazione, con i relativi documenti, nella cancelleria competente.» (Sez. U, n. 36847 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 260096; Sez. 2, n. 34055 del 09/10/2020, Ferrara, Rv. 280307).
Ne deriva che quando la causa della ricusazione sia sorta durante l’udienza la locuzione utilizzata dall’art. 38, comma 2, cod. proc. pen. (al «termine
dell’udienza»), quale ultimo momento utile per proporre l’istanza, deve essere interpretata in virtù del principio di ragionevolezza e del diritto di difes costituzionalmente garantiti, con l’unico onere per la parte di dedurre a verbale la causa di ricusazione prima della conclusione dell’udienza formulando apposita riserva (Sez. 2, n. 34055 del 09/10/2020, Ferrara, cit.).
Nel caso in esame, dunque, non si pone la questione, dedotta nel ricorso, circa la libera scelta dell’imputato di non presenziare all’udienza, ma soltanto la mancata ottemperanza del suo difensore di formalizzare, prima della fine dell’udienza, l’intenzione di depositare l’istanza, indicandone la causa. Poiché tale riserva, invece, come correttamente rappresentato nel provvedimento impugnato, non è stata avanzata, ha reso tardiva la richiesta ricusazione.
A ciò si aggiunge che, peraltro, non è dato comprendere in quali termini costituisca un’anticipazione del giudizio di responsabilità la frase «mi sono ritrovata molto nelle conclusioni del pubblico ministero…» pronunciata dalla Presidente del Collegio nel corso dell’udienza in quanto riportata dal ricorso in modo del tutto decontestualizzato rispetto a ragioni, tempi e modi in cui era stata pronunciata, tanto da renderla sostanzialmente priva della connotazione attribuitale.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 ottobre 2024
La Consigliera estensora