Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34199 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3   Num. 34199  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante avverso l’ordinanza del 27/03/2025 della Corte di Appello di Napoli,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Napoli, con l’ordinanza impugnata, ha respinto l’istanza di ricusazione, ai sensi degli artt. 37 comma 1, lett. b) cod.proc.pen., proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE, nei confronti delle dottoresse NOME e NOME COGNOME, consigliere della Corte d’appello di Napoli che avevano preso parte al Collegio che ha deciso l’incidente di esecuzione, proposto dalla società ricorr volto a contestare la legittimità della confisca, ex art. 44 comma 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, sui beni della società terza che non aveva partecipato al giudizio di merito,
confisca urbanistica disposta con la sentenza della Corte d’appello di Napoli, irrevocabile, nel cui Collegio avevano preso parte anche le citate consigliere.
1.2. La Corte territoriale ha dichiarato inammissibile la ricusazione sul rilievo secondo cui nel procedimento esecutivo opera il principio dell’identificazione tra giudice dell’esecuzione e della cognizione fondato sulla maggiore idoneità di quest’ultimo a curare l’esecuzione del provvedimento da lui stesso adottato, e della tassatività delle ipotesi di ricusazione, norme eccezionali che non ammettono applicazione in via analogica. Ha, infine, dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 cod.proc.pen. prospettata dalla ricorrente.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore della società, munito di procura speciale, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione nella parte in cui la corte territoriale avrebbe ritenuto impraticabile un’interpr costituzionalmente e convenzionalmente orientata degli artt. 34 e 37 cod.proc.pen.
La corte territoriale avrebbe reso una motivazione apparente là dove avrebbe argomentato il carattere eccezionale della ricusazione e l’impossibilità di una interpretazione analogica, non avendo considerato il portato della giurisprudenza e la ratio dell’istituto volto alla salvaguardia dell’imparzialità del giudice, ai sens dell’art. 111 Cost. e par. 6 Cedu, che mira ad escludere che il giudice possa essere condizionato dalla “forza della prevenzione” cioè dalla tendenza a confermare una decisione già assunta.
Nel caso in esame, la ricorrente aveva, nell’incidente di esecuzione, contestato la legittimità della disposta confisca, ai sensi dell’art. 44 comma 2 d.P.R. n. 380 del 2001, di tal chè il giudice sarebbe chiamato a svolgere una nuova attività istruttoria e valutativa della medesima res iudicanda nei confronti di un soggetto rimasto estraneo nel giudizio di cognizione. Il giudice dell’esecuzione sarebbe indubbiament influenzato dall’esistenza della decisione irrevocabile posta a monte. Di poi, la valutazione complessiva che il giudice dell’esecuzione deve compiere nel caso concreto, coinvolge il fatto illecito e la legalità della confisca disposta su beni di te che non sono stati parte del processo di cognizione, di tal che la sua attività appartiene più al giudizio che all’esecuzione di una sentenza. Da qui la necessità che il giudice dell’esecuzione sia terzo e non abbia già partecipato al giudizio di cognizione, operando, nel caso contrario, la disposizione di cui all’art. 37 cod.proc.pen.
2.2. Con il secondo motivo, in subordine, chiede che venga sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 665, 37 comma 1, lett b) cod.proc.pen. nella parte in cui non prevedono che possa essere ricusato dalle parti il giudice dell’esecuzione persona fisica che abbia già manifestato nel giudizio di cognizione il proprio convincimento sui fatti addotti dal terzo a fondamento dell’istanza di revoca della confisca senza condanna, ovvero, alternativamente, degli artt. 665, 34 cod.proc.pen. nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità funzionale del giudice persona fisica che ha emesso la pronuncia di merito a decidere l’incidente di esecuzione che demandi una nuova attività valutativa del fatto illecito nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al giudizio di cognizione.
La difesa della ricorrente ha depositato memoria di replica alle conclusioni del P.G. con cui ha insistito nell’accoglimento del ricorso evidenziando che l’incidente di esecuzione introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE non riguarda aspetti meramente in executivis, ma è volto a contestare l’illegalità e l’illegittimità della confisca disposta, sui beni di proprietà, dal giudice della cognizione ai sensi dell’art. 44, co. 2, del d.P.R. n 380/2001, sollecitando una rivalutazione dei fatti di causa – da svolgersi eventualmente anche mediante espletamento di attività istruttoria – che attinge direttamente il merito della res judicata e che, per la parte istante, costituisce l prima ed unica “occasione di tutela giurisdizionale”, non avendo essa partecipato al procedimento di cognizione. Pertanto, affinché siano rispettate le garanzie essenziali dell’equo processo, così come il nucleo minimo dei principi espressi in sede sovranazionale in tema di tutela dei diritti del terzo destinatario della misura ablativa (cfr. Corte EDU, G.I.E.M. e altri c. RAGIONE_SOCIALE , 28 giugno 2018), il Giudice dell’esecuzione deve essere un giudice necessariamente distante e non condizionato dalla precedente valutazione già effettuata in sede di cognizione circa la sussistenza dei presupposti applicativi della confisca. Infine, la forza della prevenzione risulta pacificamente dalla circostanza che in altri due incidenti di esecuzione promossi da altre due società in parte proprietarie del compendio immobiliare sottoposto a confisca, la decisione a cui hanno partecipato le due consigliere ricusate, hanno avuto la medesima sorte del rigetto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – le cui censure possono essere esaminate congiuntamente – è infondato.
Va premesso che la ricorrente, società terza rimasta estranea al procedimento di cognizione, ha proposto incidente di esecuzione volto a far valere l’illegalità e l’illegittimità della confisca, disposta ai sensi dell’art. 44 comma 2 d.P.R. n. 380 del 2001, disposta sui beni di proprietà (anche) della ricorrente con la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, divenuta definitiva a seguito della sentenza n. 37639/2024 della Corte di cassazione.
All’udienza fissata per la discussione dell’incidente di esecuzione, la società ricorrente proponeva dichiarazione di ricusazione nei confronti di due componenti il Collegio giudicante, ai sensi dell’art. 37 comma 1, lett. b) cod.proc.pen., in quanto componenti il Collegio di merito che aveva confermato la disposta confisca e, in via subordinata, chiedeva che il giudice ritenesse non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 665 e 37 cod.proc.pen. ovvero art. 665 e 34 cod.proc.pen.
La dichiarazione di ricusazione veniva dichiarata inammissibile con il provvedimento impugnato.
Sotto un primo profilo va ribadito che le norme che prevedono le cause di ricusazione sono norme eccezionali e, come tali, di stretta interpretazione, sia perché determinano limiti all’esercizio del potere giurisdizionale ed alla capacità del giudice, sia perché consentono un’ingerenza delle parti nella materia dell’ordinamento giudiziario, che attiene al rapporto di diritto pubblico fra Stato e giudice (Sez. 5, n 11980 del 07/12/2017, COGNOME, Rv. 272845 – 01; Sez. 6, n. 14 del 18/09/2013, COGNOME, Rv. 258449 – 01).
A tali principi si è conformato il provvedimento impugnato che ha escluso l’interpretazione analogica delle ipotesi di ricusazione.
2.1. L’art. 37 cod.proc.pen. non contempla, infatti, anche dopo l’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 283/2000 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 37 lett. b) cod.proc.pen. nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato il giudice che abbia espresso in un altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto, a prescindere dal carattere indebito di tale valutazione, una ipotesi di ricusazione del giudice dell’esecuzione persona fisica che ha precedentemente giudicato nel giudizio di cognizione.
Della legittimità costituzionale di tale disposizione dubita la ricorrente che prospetta, in via subordinata, due questioni di legittimità costituzionale rispettivamente degli artt. 665 e 37 cod.proc.pen. e 665 e 34 cod.proc.pen.
Nella giurisprudenza di legittimità sono pacifici e consolidati i principi di diritt secondo i quali, in tema di ricusazione del giudice ai sensi dell’art. 37, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., qualora il giudice, in un provvedimento emesso in determinata fase procedimentale abbia espresso valutazioni sul merito della “res iudicanda”, non potrà in seguito partecipare al giudizio nei confronti del medesimo soggetto, ricorrendo l’obbligo di astenersi ex art, 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen., potendo in difetto essere ricusato dalle parti ai sensi dell’art. 37, comma 1, lettera b), cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 27996 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281591 01; Sez. 2, n. 36250 del 24/11/2020). Con la sentenza COGNOME, la corte di legittimità ha precisato che il carattere indebito della valutazione sulla medesima res judicanda, sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso, ricorre qualora tali valutazioni non siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge o allorchè esse invadano, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto o in parte gli esiti,
Nella giurisprudenza costituzionale, con specifico riguardo alla questione posta dalla ricorrente, la Corte costituzionale con la recente sentenza n. 172 del 2023, con la quale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dal GIP del Tribunale di Macerata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 111, secondo comma, Cost. – dell’art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice che ha emesso la pronuncia di merito a decidere l’incidente di esecuzione che contesti la correttezza delle decisioni assunte in tale sede, ha ribadito che la disciplina sull’incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento trova la sua ratio nella salvaguardia dei valori della terzietà e imparzialità del giudice, mirando a escludere che questi possa essere condizionato dalla “forza della prevenzione”, cioè dalla tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento già assunto, derivante da valutazioni che sia stato precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res iudicanda. Il Giudice delle leggi, dopo avere richiamato i precedenti sul tema (tra cui le sentenze n. 183 del 2013 e la n. 7 del 2022 su cui infra) ha affermato che per potersi ritenere sussistente l’incompatibilità endoprocessuale del giudice, devono concorrere le seguenti condizioni: a) che le preesistenti valutazioni cadano sulla medesima res iudicanda; b) che il giudice sia stato chiamato a compiere una valutazione (e non abbia avuto semplice conoscenza) di atti anteriormente compiuti, strumentale all’assunzione di una decisione; c) che quest’ultima abbia natura non “formale”, ma “di contenuto”, ovvero comporti valutazioni sul merito dell’ipotesi di
accusa; d) che la precedente valutazione si collochi in una diversa fase del procedimento.
Con riguardo ai casi relativi all’applicazione in sede esecutiva della disci del concorso formale di reati e del reato continuato (sentenza n. 183 del 2013) e alla rideterminazione della pena a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio (sentenza n. 7 del 2022), la Corte costituzionale, in ambo i casi, ha rilevato che, nell’ambito di un procedimento di esecuzione, il giudice che è chiamato a una valutazione che travalica la stretta esecuzione del provvedimento e attinge, in via eccezionale, il livello della cognizione non può, per tale ragione, il giudice dell’esecuzione persona fisica che ha pronunciato l’ordinanza annullata con rinvio, decidere un’altra volta sulla medesima res iudicanda. Il giudice dell’esecuzione si trova, infatti, investito di «frammenti di cognizione» inseriti nella fase esecutiva, essendo chiamato ad effettuare, con effetti di modifica del giudicato, accertamenti attinenti al merito dell imputazioni e che implicano una valutazione del materiale probatorio. Di là dalla forma assunta dalla decisione -quella appunto dell’ordinanza -emerge quindi l’esigenza di rendere il giudice del rinvio immune dalla “forza della prevenzione”, allo stesso modo che se analoga decisione fosse stata presa con sentenza dal giudice della cognizione.
Sul versante della ricusazione, con la sentenza n. 283 del 2000 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 37 cod. proc. pen., nella misura in non riconosce alle parti la facoltà di ricusare il giudice che in un diverso procedimento, anche non penale, abbia espresso una valutazione di merito sullo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto.
In tale pronuncia, il Giudice delle leggi ha fissato alcuni punti fermi rilevando, da un lato, che non è sufficiente, ai fini della individuazione dell’attività pregiudicante che il giudice abbia in precedenza avuto mera cognizione dei fatti di causa, raccolto prove, ovvero si sia espresso solo incidentalmente e occasionalmente su particolari aspetti della vicenda processuale sottoposta al suo giudizio (v. la cos giurisprudenza costituzionale in materia e, in particolare, le sentenze nn. 131 e 155 del 1996 e le decisioni in queste richiamate, nonché, da ultimo, le ordinanze nn. 444, 153, 152, 135 e 29 del 1999, 206 e 203 del 1998 e la sentenza n. 364 del 1997) e l’effetto pregiudicante non può, inoltre, essere limitato ai soli casi in cui la valutazion di merito sia contenuta in una sentenza, in quanto il giudice può esprimersi nella forma del decreto, come nella ipotesi – oggetto del giudizio – del procedimento di prevenzione, ovvero nelle altre forme eventualmente previste dal diverso procedimento in cui sia intervenuta la valutazione pregiudicante. Perché si verifichi
un pregiudizio per l’imparzialità, occorre che “il giudice sia chiamato ad esprimere una valutazione di merito collegata alla decisione finale della causa”, affermazione che implicitamente delinea i confini della res judicanda che presuppone l’identità dei soggetti nei cui confronti si è espressa la valutazione pregiudicante.
Sulla base di queste pronunce del Giudice delle leggged in particolare della sentenza n. 283 del 2000 ove ha affermato che le valutazioni pregiudicanti sono caratterizzate dalla loro non idoneità ad essere típicizzate preventivamente dal legislatore, in quanto la loro stessa natura impone che sia il giudice, nell’ambito della cornice AVV_NOTAIO delineata dalla legge, ad accertare in concreto e caso per cas+la più recente giurisprudenza di questa Corte ha affermato che è solo sul piano del rispetto concreto dell’eventuale violazione dei principi di imparzialità e terzietà che si gioca la partita dell’incompatibilità del giudice del merito e che la soluzione del caso concreto deve passare attraverso la necessaria verifica del contenuto della valutazione effettivamente operata dal giudice (Sez. 2, n. 36250 del 24/11/2020; Sez. 5, n. 15689 del 24/02/2020, COGNOME, Rv 279174), principio ancora ribadito da Sez. 3, n. 27996 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281591, secondo cui “è solo sul piano del rispetto concreto dell’eventuale violazione dei principi di imparzialità e terzietà che si gioca la partita dell’incompatibilità del giudice.
Allo stesso modo la Corte Edu, in una recente decisione, ha sancito alcun automatismo tra la partecipazione al procedimento precedente e l’assenza di imparzialità, da verificare, quest’ultima, caso per caso non già sulla scorta di rigide categorie concettuali, ma sulla base dell’esame del concreto atteggiarsi, in termini pregiudicanti, della deliberazione anteriore, tenendo conto delle funzioni effettivamente esercitate dal giudice e della natura delle decisioni adottate (Corte EDU, Terza sezione, Ismailaj e altri c. Albania, 8 luglio 2025, n. 28873/22).
6. Venendo al caso in scrutinio, non v’è dubbio che la società, che non ha partecipato al processo di merito nei confronti delle persone fisiche nei cui confronti è stata disposta la confisca, possa proporre incidente di esecuzione volto a far valere la legittimità e la legalità della confisca lottizzatoria che ha colpito anche i suoi beni contestando la legittimità/legalità della confisca disposta anche sui suoi beni e possa proporre ogni doglianza sul punto in sede esecutiva nella prospettiva, segnalata dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE, e di chiedere, conseguentemente, anche la revoca della confisca limitatamente alle aree o agli immobili che dovessero essere ritenuti estranei alla condotta illecita, secondo una modalità di impiego dello strumento dell’incidente di esecuzione (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 02).
Non di meno, la circostanza che lo stesso giudice persona fisica abbia adottato una decisione nel giudizio di cognizione nei confronti delle persone fisiche autori del reato di lottizzazione abusiva non può, per ciò solo, integrare una causa di ricusazione ai sensi dell’art. 37 cod.proc.pen. come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 283/2000, del medesimo giudice a giudicare nell’incidente di esecuzione promosso da un terzo, non potendosi configurare una valutazione pregiudicante del giudice sulla medesima res judicanda allorchè il successivo giudizio di esecuzione si svolga nei confronti di un diverso soggetto, terzo rispetto agli autori del reato, e ciò in quanto la valutazione del giudice da cui consegue la forza della prevenzione, cioè dalla tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento già assunto, deriva non già in via automatica dalla valutazione che il giudice è stato precedentemente chiamato a svolgere sul medesimo fatto e nei confronti di un diverso soggetto rispetto alla parte che promuove gicrll’incidente di esecuzione, ma dall’avere il giudice della cognizione, stessa persona fisica, compiuto una valutazione di merito pregiudicante nei confronti del soggetto terzo che non ha partecipato al processo di cognizione, in quanto è solo sul piano del rispetto nel caso concreto dell’eventuale violazione dei principi di imparzialità e terzietà che si gioca la partita dell’incompatibilità del giudice, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (vedi supra).
La stessa sentenza n. 283 del 2000 ha infatti chiarito che “alla stregua dei rapporti sistematici tra incompatibilità e cause di astensione-ricusazione, queste ultime, ove si sostanzino nella manifestazione di un convincimento espresso in un diverso procedimento, sono caratterizzate dalla loro non idoneità ad essere tipicizzate preventivamente dal legislatore, in quanto la loro stessa natura impone che sia il giudice, nell’ambito della cornice AVV_NOTAIO delineata dalla legge, ad accertare in concreto e caso per caso l’effetto pregiudicante per l’imparzialità. Sarà dunque l’elaborazione giurisprudenziale, così come è avvenuto per le cause di astensione e di ricusazione già previste nel codice, a definire i vari casi di applicazione di questa causa di ricusazione” (cfr. Corte cost. n. 283 del 2000).
Da cui il necessario assolvimento dell’onere di allegare in che cosa si sia concretizzata, nella vicenda concreta sottoposta a scrutinio, la forza di prevenzione, ma tale allegazione non è stata prospettata dalla ricorrente non avendo allegato in quale parte valutativa la sentenza di merito, deliberata dai due giudici ricusati, che ha confermato la confisca, ha reso una valutazione che ha coinvolto anche la società terza si da configurare quella forza della prevenzione, forza della prevenzione che non può ritenersi sussistente per avere i medesimi giudici espresso in un diverso incidente di esecuzione, adottato in epoca successiva a quello nel quale è stata fatta
la dichiarazione di ricusazione, e nei confronti di un altro soggetto (altre due società colpite dalla medesima confisca in quanto proprietarie di parte del terreno lottizzato e su cui erano state realizzate le opere abusive confiscate).
Non ricorrono nel caso in esame, in applicazioni dei principi ermeneutici sopra delineati, i presupposti per la ricusazione, e la prospettata questione di legittimità costituzionale degli artt. 665 e 37 cod.proc.pen. risulta manifestamente infondata secondo l’interpretazione del medesimo art. 37 cod.pen. alla luce del diritto vivente.
Mentre è già stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 665 cod. proc. pen., sollevata in relazione agli artt. 3, 10, 24, 25 e 104 Cost., sotto il profilo della mancata previsione di una incompatibilità del giudice che ha pronunciato la sentenza divenuta esecutiva a fungere da giudice dell’esecuzione della medesima (financo nei casi in cui nella fase esecutiva si debba riesaminare il merito dei fatti) (Sez. 5, n. n. 18522 del 07/03/2017, Palau COGNOME, Rv. 269894- 01).
Si impone il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/09/2025