Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19155 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del 14.11.2023 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14.11.2023 la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione che era stata proposta nell’interessa di NOME COGNOME nell’ambito del procedimento penale REG. ES . 163/2023 pendente di fronte al Tribunale ed avanzata nei confronti del dr. NOME COGNOME in servizio presso quel Tribunale;
ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del difensore deducendo:
2.1 nullità per violazione di norma processuale con riferimento agli artt. 41, comma primo e 178, lett. c), cod. proc. pen.; erronea applicazione della procedura de plano: richiama, in primo luogo, le ragioni addotte a sostegno dell’istanza di ricusazione, con particolare riguardo all’esito della richiesta di restituzione della somma sequestrata al COGNOME, che il medesimo magistrato aveva assolto per insussistenza del fatto a lui ascritto nonché la sentenza con cui la I Sezione della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, nel qualificare come opposizione il ricorso proposto contro il provvedimento del 27.9.2022, aveva ciò non di meno fornito indicazioni di merito restituendo gli atti al giudice dell’esecuzione che, a quel punto, non poteva identificarsi nella medesima persona fisica del precedente giudicante anche alla luce dei principi dettati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 7 del 2022; osserva, a tal proposito, che, diversamente da quanto rilevato dai giudici fiorentini, l’art. 37, lett. a), cod. proc. pen., rinvia all’art. 36, comma primo, lett. a), b) d), e), f) e g) cod. proc. pen. che, a sua volta, evoca le situazioni di incompatibilità di cui all’art. 34 ed all’art. 35 cod. proc. pen. e che proprio l’adozione del provvedimento è, in tal caso, causa di ricusazione; osserva, ancora, che l’istanza di ricusazione non era stata avanzata alla luce del contenuto del provvedimento adottato dal giudice ma, invero, del suo obbligo di astensione all’esito della sentenza della RAGIONE_SOCIALEzione assimilabile ad un rinvio; sottolinea come non potesse comunque affidarsi la tutela della imparzialità del giudice ad una sua ipotetica ed eventuale sua intenzione di astenersi; Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.2 nullità per violazione di norma processuale in relazione all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen.; mancata comunicazione al difensore del parere del PG: rileva che il provvedimento ha richiamato il contenuto del parere del PG che, tuttavia, non era stato comunicato alla difesa, con conseguente nullità del procedimento e della stessa ordinanza che lo ha definito;
2.3 nullità dell’ordinanza in relazione agli artt. 34-36 lett. g), 37, comma primo, lett. a), cod. proc. pen.; violazione di legge e totale carenza di motivazione;
2.4 nullità dell’ordinanza in relazione all’art. 44 cod. proc. pen.; illegittimit dell’irrogazione della sanzione pecuniaria al difensore e procuratore speciale: segnala che la Corte d’appello ha disposto la condanna al pagamento della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, tuttavia, può colpire solo la parte e non già il difensore; richiama, peraltro, le considerazioni svolte dalla Corte d’appello sulla condotta professionale del difensore cui ha rivolto giudici lesivi della onorabilità personale e professionale;
3. la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità del ricorso: riepilogato l’iter procedimentale, osserva che nel caso in esame non ricorre alcuna incompatibilità, ex artt. 34 e ssgg. cod. proc. pen., in capo al giudice dell’esecuzione che, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen., dopo aver provveduto sull’istanza di restituzione RAGIONE_SOCIALE cose sequestrate con ordinanza comunicata al AVV_NOTAIO Ministero e notificata all’interessato, sia chiamato anche a decidere sulla relativa opposizione; osserva che la fase dell’opposizione si caratterizza per il contraddittorio pieno e la possibilità di acquisizione di ulteriori elementi, con la conseguenza per cui la decisione adottata in precedenza non determina alcun pregiudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. L’iter procedimentale nel cui contesto è stata avanzata l’istanza di ricusazione oggetto del provvedimento qui impugnato, è pacifico: era infatti accaduto che, con istanza del 4.5.2022, NOME COGNOME che, con sentenza del 4.11.2021 era stato assolto dal delitto di ricettazione a lui ascritto, aveva trchiesto la restituzione di quanto tuttavia ancora in sequestro; in data 5.7.2022 il Tribunale di Arezzo, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, aveva dichiarato inammissibile l’istanza in quanto proposta da difensore non legittimato; in data 11.7.2022 l’istanza era stata perciò nuovamente proposta dal difensore munito di uno specifico mandato ma, in data 27.9.2022, dichiarata inammissibile in quanto qualificata come opposizione alla precedente pronuncia.
Contro il provvedimento del 27.9.2022 era stato proposto ricorso per cassazione e la VI Sezione di questa Corte, con ordinanza del 27.4.2023, considerando quella dell’11.7.2022 non già un’opposizione al provvedimento del 5.7.2022 ma, piuttosto, una nuova istanza, aveva qualificato il ricorso come opposizione (al provvedimento del 27.9.2022) e, ai sensi dell’art. 568, comma quinto, cod. proc. pen., aveva trasmesso gli atti al Giudice dell’Esecuzione per provvedere su di essa.
Nel frattempo, il magistrato investito RAGIONE_SOCIALE diverse istanze di restituzione aveva avanzato richiesta di astensione al Presidente del Tribunale che l’aveva respinta sostenendo che l’istanza era stata motivata su presupposti inidonei, avendo fatto riferimento ed evocato una condotta di “pressione” del difensore contenuta negli scritti difensivi dove si era rappresentato l’invio, al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, di atti del procedimento per sollecitarlo a valutare se procedere disciplinarmente nei confronti del magistrato; aveva inoltre ribadito che il dr. COGNOME era funzionalmente competente sulle istanze difensive conservando tale competenza anche nel caso di reiterazione di istanze e di provvedimenti resi nell’ambito del medesimo procedimento, laddove in tal senso sollecitato.
Analoga istanza di astensione era stata presentata dal medesimo dr. COGNOME in data 15.6.2023 sul rilievo secondo cui nelle memorie difensive depositate nell’interesse del COGNOME erano stati utilizzati dei toni “forti”: anche in tal caso, il Presidente del Tribunale aveva provveduto negativamente non autorizzando l’astensione.
Era seguita, perciò, la richiesta di ricusazione su cui ha provveduto la Corte d’appello con l’ordinanza qui impugnata.
2. Tanto premesso, il collegio non può che ribadire il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui l’istituto dell’incompatibilità opera solo nell’ambito del giudizio di cognizione, sicché non è ipotizzabile la ricusazione del giudice dell’esecuzione, posto che la competenza di quest’ultimo deriva inderogabilmente dalla sua identificazione con il giudice della fase cognitiva e che, nell’ambito di detta competenza, non può sussistere alcuna divaricazione fra l’intervenuto giudicato e l’oggetto della deliberazione da adottarsi in “executivis” (cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 32843 del 04/06/2014, COGNOME, Rv. 261194 – 01; Sez. 1, n. 6621 del 23/01/2008, COGNOME, Rv. 239367 – 01; cfr., anche, Sez. 5, n. 18522 del 07/03/2017, COGNOME, Rv. 269897 – 01, che aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 665 cod. proc. pen., per asserita violazione degli artt. 3, 10, 24, 25 e 104 della Costituzione, sotto il profilo della mancata previsione di una incompatibilità del giudice che ha pronunciato la sentenza divenuta esecutiva a fungere da giudice dell’esecuzione della medesima, anche quando nella fase esecutiva si debba procedere a riesaminare il merito dei fatti; ciò in quanto non è ipotizzabile la ricusazione del giudice dell’esecuzione, posto che la competenza di quest’ultimo deriva inderogabilmente dalla sua identificazione con il giudice della fase cognitiva e che, nell’ambito di detta competenza, non può configurarsi alcuna
divaricazione fra l’intervenuto giudicato e l’oggetto della deliberazione da adottarsi “in executivis”).
Vero che, con sentenza n. 7 del 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, laddove in cui non prevedono che il giudice dell’esecuzione deve essere diverso da quello che ha pronunciato l’ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione.
E, tuttavia, la pronuncia del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, in quanto resa in un ambito del tutto diverso, non può avere alcun riflesso nel presente procedimento dove la Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, con l’ordinanza del 27.4.2023, non aveva in alcun modo vagliato l’impugnazione ed espresso valutazioni di alcun genere essendosi limitata, come già accennato, a qualificarla come opposizione e, perciò, ad investirne il giudice dell’esecuzione funzionalmente competente.
In definitiva, nel caso che ci occupa, né il giudice dell’esecuzione aveva mai valutato nel merito l’istanza, ma nemmeno la Corte di RAGIONE_SOCIALEzione aveva operato alcun apprezzamento cui il giudice del rinvio avrebbe dovuto conformare la propria decisione.
Nessun “pregiudizio” si era perciò determinato come in grado di imporre il superamento della competenza funzionale del giudice dell’esecuzione e dell’opposizione.
L’inammissibilità “originaria” dell’istanza di ricusazione esclude la rilevanza del vizio procedimentale eccepito con il secondo motivo del ricorso (cfr., per il principio generale, Sez. 3 – , n. 43917 del 14/10/2021, G., Rv. 282218 01).
D’altra parte, l’annullamento del provvedimento impugnato, all’esito della restituzione degli atti al giudice dell’esecuzione, non potrebbe comportare altro, per le considerazioni suesposte, che la declaratoria di manifesta infondatezza dell’istanza.
Manifestamente infondato è, infine, il quarto motivo dal momento che la Corte d’appello di Firenze, contrariamente a quanto assunto nel ricorso, non ha affatto condannato il difensore e procuratore speciale al pagamento della sanzione di cui all’art. 44 cod. proc. pen. che, infatti, è stata imposta alla parte privata; considerazioni sviluppate dai giudici fiorentini, richiamando la condotta del difensore, hanno un verso inteso sottolineare la manifesta infondatezza dell’istanza e, dall’altro, ove ritenute lesive della onorabilità del professionista, non
idonee, certamente, a riflettersi sulla legittimità della pronuncia in termini suscettibili di valutazione in questa sede.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, stante la ravvisata manifesta infondatezza dell’impugnazione, la condanna al pagamento della somma – che si stima equa di euro 1.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ed al pagamento della somma di euro mille in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 14.3.2024