Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16434 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16434 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BATTIPAGLIA il 06/05/1984
avverso l’ordinanza del 07/01/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. NOME COGNOME che ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1.NOMECOGNOME tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Salerno, che ha dichiarato l’inammissibilità ai sensi dell’a 41 comma 1 cod. proc. pen. della dichiarazione di ricusazione da lui presentata nei confronti del giudice di pace di Vallo della Lucania dr. NOME.
2.11 ricorso consta di un solo, composito motivo, qui richiamato nei limiti di stretta necessit per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., che ha denunciato i vizi di cui all’
606 comma 1 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. per avere, la Corte territoriale, equivocato ragioni sottese alla formalizzata ricusazione, che non erano circoscritte alla lagnanza circa l mancata declaratoria di estinzione del reato e il rispetto dei termini per la presentazion dell’istanza di riparazione del danno, ma erano estese al contegno complessivamente tenuto dal giudicante, volto sostanzialmente a procrastinare la decisione sullo specifico profilo, per po sancire la tardività dell’iniziativa ristoratrice e a pregiudicare l’esercizio del diritto d dell’imputato, così da realizzare una vera e propria anticipazione del giudizio di condanna. Per altro verso, in presenza di una pretesa nient’affatto manifestamente infondata, la Corte d’appello avrebbe dovuto garantire il contraddittorio con la fissazione dell’udienza in camera di consiglio, a norma dell’art. 127 cod. proc. pen..
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.
1.Va ribadito che l’art. 37, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., richiamato a sostegno dell ricusazione che ne occupa, esige che il giudice, prima della pronunzia della sentenza, abbia “manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione”. L’avverbio “indebitamente”, nella costante lettura di questa Corte, non vale a delineare un comportamento meramente “non dovuto” – per esempio consistente nell’adozione, nell’ambito del procedimento penale, di uno o più provvedimenti giuridicamente errati o, peggio, discutibili; deve piuttosto ritenersi che tale avverbio sia stato inserito dal legislator caratterizzare un comportamento non solo non iure, ma anche divaricante rispetto all’esercizio della funzione, illecito o comunque confliggente con il ruolo di terzietà assegnato al giudice. in ogni caso, l’opinione sulla colpevolezza o sull’innocenza dell’imputato, per assumere portata pregiudicante rispetto alla successiva decisione, deve dunque essere espressa senza che ne esista necessità ai fini della decisione adottata e fuori da ogni collegamento o legame con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali inerenti al fatto esaminato nella specifica procedimentale (Sez.2, n. 26974 del 24/07/2020, Cittadini, Rv. 279649; Sez.5, n. 3033 del 30/11/2017, Romeo Gestioni s.p.a., Rv. 272274; Sez.6, n. 43965 del 30/09/2015, COGNOME e altro, Rv. 264985; Sez. 3, n. 17868 del 17/03/2009, COGNOME ed altro, Rv. 243713; Sez. 2, n. 19648 del 29/03/2007, COGNOME, Rv. 236588; Sez. 5, n. 7792 del 16/12/2005, Assinnata, Rv. 233394; Sez.1, n. 35208 del 15/06/2007, Condello, Rv. 237627; Sez.1, n. 26734 del 13/05/2009, COGNOME, Rv. 244537; Sez. U n. 41263 del 27/09/2005, COGNOME, Rv. 232067).
Ora, l’esame degli atti resi disponibili al collegio restituisce un quadro evolutivo ben diver da quello addotto nel contenuto del ricorso, nel quale – quanto all’udienza del 3 dicembre 2021 – il g.o.p. ha dapprima provveduto a sottolineare, come si enuclea dal verbale riassuntivo, che
la persona offesa si era costituita parte civile senza opposizione della difesa dell’imputato e ch aveva “ritenuto opportuno interloquire con la stessa”, come in effetti pacificamente consentito dall’art. 35 del D. Lgs. n. 274 del 2000 che anzi impone di “sentire le parti e l’eventua persona offesa” prima di decidere sulla estinzione del reato per il perfezionamento della condotta riparatoria; tale interpretazione è confermata proprio dalla giurisprudenza di legittimità menzionata dal legale dell’imputato a conforto ex adverso delle proprie richieste, le sez. U Sbaiz n. 33864 del 23/04/2015; per poi, sulle insistite rimostranze di quest’ultimo ritirarsi in camera di consiglio e pronunciare un’articolata ordinanza accompagnata da citazioni giurisprudenziali, che ha ritenuto allo stato inaccoglibile l’istanza di immediata declaratoria estinzione del reato in quanto, tra le altre osservazioni, “è onere del giudice accert l’effettività della condotta riparatoria del danno cagionato mediante restituzione o risarcimento e (accertare che l’imputato dimostri di, n.d.r.) aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato” e, in ogni caso, che “il comma 2 dell’art. 35 d. Igs. n. 274 del 2000 afferma che il giudice pronuncia sentenza di estinzione del reato solo se ritiene le attivit risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle prevenzione”; si apprende, in definitiva, che il giudice di pace non abbia affatto disatte l’offerta di ristoro sol perché, essa obbiettivamente congrua, egli ritenesse “necessario prima svolgere l’istruttoria”, ma si sia pronunciato proprio sull’irrinunciabilità di verificare l’ della proposta d’indennizzo ad integrare i requisiti indispensabili della riparazione del danno rimarcando l’esigenza di approfondire se “le attività risarcitorie e riparatorie” fossero “idone soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione”.
Nel proseguo del processo, il decidente – dato atto dell’opposizione dell’ offeso, non vincolante, ma nemmeno invalutabile, apprezzata la natura di reato di pericolo della fattispecie contestata e, poi, della formulazione della contestazione suppletiva di una circostanza aggravante – ha preso posizione con ulteriori provvedimenti di diniego, che – accanto al profilo, non esclusivo, della tardività dell’istanza, da ultimo constatata in relazione al mutamento dell’imputazione arricchita dall’aggiunta di un’aggravante – ha stimato non esauriente la prova dell’integralit della riparazione, con particolare riferimento all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
1.1. E’ dunque del tutto evidente che l’organo giudicante si sia espresso nel perimetro endoprocedimentale dei poteri e delle funzioni a lui attribuite dall’ordinamento e che l eventuali, legittime critiche alle decisioni così assunte siano modulabili con il ricorso agli d’impugnazione altrettanto disciplinati dalla legge nell’ambito del processo di cognizione (cfr sez.2, n. 21496 del 19/04/2019, COGNOME, Rv. 276328).
1.2.E proprio il risalto ictu °cui/ dell’insussistenza dei presupposti della dichiarazione di ricusazione rende ragione, da un lato, della correttezza della sequenza de plano adottata dalla Corte d’appello ai sensi dell’art. 41, comma 1 cod. proc. pen., e, dall’altro, della manifes infondatezza del ricorso per cassazione, dal momento che la delibazione dell’iniziativa processuale si è arrestata al vaglio in limine della ricorrenza delle condizioni necessarie alla
pronuncia di merito, che è distinto rispetto alla risoluzione della questione sostanziale; essa circoscritta alla verifica esterna di corrispondenza dello strumento utilizzato al modello legal
perché il giudice deve sempre salvaguardare il limite invalicabile all’impiego di mezzi di tutel volti ad eludere lo schema del procedimento (in motivazione, sez.4, n. 42024 del 06/07/2017,
COGNOME che opportunamente richiama sez.6, n. 37112 del 05/04/2012, COGNOME Rv.
253462).
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del rico conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non
potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 11/04/2025