Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15989 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15989 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 452/2025
CC – 27/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 1372/2025
NOME SESSA
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato ad Agrigento il 06/02/1960 avverso l’ordinanza del 06/12/2024 della Corte d’appello di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre, per mezzo del suo difensore di fiducia, avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Palermo ha ritenuto inammissibili le dichiarazioni di ricusazione proposte dal predetto nei confronti del giudice del Tribunale di Agrigento, dott. NOME COGNOME rilevando, per l’una, l’assenza dei presupposti pre-giudicanti idonei a integrare, sia pure in astratto, i requisiti per la ricusazione del giudice, e, per l’altra, la seconda, la tardività per essere stata la ricusazione avanzata dal predetto solo in data 3.12.2024 (mancato rispetto dei tre giorni previsto dall’art. 38, comma 2, cod. proc. pen.).
Il ricorrente deduce, con i due motivi articolati, rispettivamente i vizi di violazione di legge per avere il provvedimento impugnato violato il disposto di cui all’art. 37 c.p.p. e di motivazione per non avere, lo stesso, adeguatamente motivato in ordine alla seconda ricusazione ritenuta tardiva.
Il ricorso è stato trattato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. e il solo Procuratore Generale ha rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile annotando doglianze generiche e comunque manifestamente infondate.
1.1. Con l’ordinanza impugnata, la Corte d’Appello ha dichiarato l’inammissibilità della prima dichiarazione di ricusazione pervenuta in data 28.11.2024, ossia entro i tre giorni successivi all’udienza del 25.11.2024, in cui l’istante segnala i fatti verificatisi a tale udienza tra i quali anche quelli oggetto di denuncia penale per i reati di violenza privata e percosse (in relazione alla vicenda dell’allontanamento dall’aula disposto dal giudice a seguito dell’ennesimo comportamento scorretto dall’imputato ed eseguito dai carabinieri allertati dal giudice perché l’imputato rifiutava di allontanarsi dall’aula di udienza rimanendo sull’uscio). La Corte di merito ha ritenuto non sussistente nessuno dei presupposti di cui all’art. 37 c.p.p.; e, quanto alla seconda ricusazione, ha concluso per l’intempestività della stessa per essere stata proposta solo in data 3/12/2024.
In particolare, nel provvedimento impugnato si sono adeguatamente spiegate le ragioni della pronunciata inammissibilità.
Quanto alla prima ricusazione, si sono innanzitutto illustrati i fatti verificatisi all’udienza del 25.11.2024, che avevano visto, tra l’altro, l’Arnone definire ‘sconcertanti’ le decisioni assunte dal Giudice del Tribunale di Agrigento, dr. NOME COGNOME in relazione ai mezzi di prova (consistite nella pronuncia di inammissibilità della richiesta di acquisizione della documentazione offerta dalla difesa per essere inerente a fatti di altri procedimenti nonché a vicende pregresse rispetto ai fatti oggetto di giudizio privi di connessione e diretta rilevanza ai fini del decidere; e nella conduzione dell’escussione della teste Fabbrica), decisioni che, nell’ottica dell’istante, denoterebbero un atteggiamento di preconcetta ostilità del giudicante.
Indi, ha ritenuto la Corte di merito che la prima istanza di ricusazione relativa a tali fatti fosse inammissibile innanzitutto perché non indica in modo specifico su
quale delle ipotesi tassative previste dall’art. 37 cod. proc. pen. si fondi. Ha altresì osservato che in ogni caso non è possibile la ricusazione motivata dal riferimento al merito dell’attività svolta dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni o dalla presentazione di altri esposti contro il giudice da parte della stessa persona.
Tale impostazione è corretta. Ed invero, come ha già osservato il provvedimento impugnato, richiamando la granitica pertinente giurisprudenza di questa Corte formatasi al riguardo, l’inimicizia grave come motivo di ricusazione deve sempre trovare riscontro in rapporti personali estranei al processo ed ancorati a circostanze oggettive, mentre, invece, la condotta endoprocessuale può assumere rilievo solo quando presenti aspetti talmente anomali e settari da costituire sintomatico momento dimostrativo di una inimicizia maturata all’esterno (cfr. ex multis Sez. 5, n. 5602 del 21/11/2013 – dep. 04/02/2014, COGNOME, Rv. 25886701, in applicazione del principio, questa Corte ha peraltro precisato che le decisioni prodromiche a quelle sulla colpevolezza o sull’innocenza – quali quelle in materia di ammissione o revoca delle prove, ovvero di rigetto di richieste di definizione anticipata del giudizio ex artt. 129 cod. proc. pen., ovvero, ancora, di ammissione delle parti civili, di rigetto di richieste di rinvio o di fissazione di udienza straordinarie – esulano dal concetto di inimicizia grave, così come da quello di anticipazione indebita del proprio convincimento da parte del giudice).
Anche nel caso di specie si è trattato in realtà di decisioni di tipo processuale, né sono stati evidenziati ulteriori specifici comportamenti – interni o esterni al processo – indicativi di una inimicizia nei termini indicati dalla giurisprudenza di questa Corte che questo collegio ritiene di condividere e qui ribadire.
È pacifico invero che non possa assumere rilievo, come ha già spiegato adeguatamente anche la Corte di merito, la presentazione di una denuncia penale o l’instaurazione di una causa civile per il risarcimento del danno nei confronti di un magistrato. Trattasi di condotte che non sono di per sé sufficienti ad integrare l’ipotesi di ricusazione, trattandosi di iniziative riferibili alla parte e non al magistrato, mentre il sentimento di grave inimicizia per risultare pregiudizievole deve essere reciproco e deve trarre origine da rapporti di carattere privato estranei al processo, non potendosi desumere dal mero trattamento riservato in tale sede alla parte anche se da questa ritenuto frutto di mancanza di serenità (cfr. tra tante, Sez. 6, n. 22540 del 13/03/2018, RV. 273270). Gli aspetti anomali e settari non possono pertanto consistere in alcune seppur discutibili ‘scelte operate dal giudice nella gestione del procedimento, le quali riguardano aspetti interni al processo e che possono essere risolti con il ricorso ai rimedi apprestati dall’ordinamento processuale e non già con l’istituto della ricusazione’ (Sez. 5 n. 3756 del 16.12.2004, RV. 231399).
A conferma della correttezza dell’impostazione seguita nel provvedimento impugnato, deve, per altro verso, ricordarsi che questa Corte ha sempre affermato che la natura eccezionale del rimedio comporta che i casi di ricusazione siano tassativi, in quanto limitativi dell’esercizio del potere giurisdizionale e della normale capacità processuale del soggetto titolare dell’ufficio giurisdizionale, non solo nel senso che non possano essere applicati in via analogica, ma anche nel senso che la stessa interpretazione debba essere soltanto letterale, con esclusione di quella estensiva.
A fronte del motivato provvedimento impugnato, il ricorso, dopo aver premesso la correttezza della ricostruzione, in esso contenuta, degli eventi accaduti all’udienza del 25.11.2024, relativi alla prima e alla terza causa ricusazione, concernenti le decisioni assunte dal giudice, si limita ad assumere che la Corte di merito abbia errato nel ritenere inammissibili tali cause, risultando la sua valutazione in contrasto con il ‘noto insegnamento della Suprema Corte di cui alla sentenza della Cassazione 231399 del 3.2.2005’, secondo cui ‘la condotta endoprocessuale del giudice deve esplicarsi in un comportamento che presenti aspetti talmente anomali e settari da doverlo considerare, sul piano logico, necessariamente manifestazione, nella sede giudiziaria, di una grave inimicizia verso l’imputato’. Sulla base di tale insegnamento, assume, il ricorrente, che gli asseriti eventi aggressivi, indicati nell’impugnata ordinanza quali prima e terza causa di ricusazione, dei quali è stato protagonista il giudice (e per i quali erano stati formulati denuncia penale ed esposto disciplinare), ‘non possono che integrare gli estremi di aspetti talmente anomali e settari da essere valutati positivamente necessariamente nei termini della grave inimicizia’ – così testualmente in ricorso.
Evidente è la genericità di tale motivo di ricorso, che non si confronta in alcun modo con la ben più ampia ed articolata motivazione che sorregge il provvedimento impugnato, sopra riportata.
Esso è anche manifestamente infondato perché, pur facendo leva proprio su quella giurisprudenza di questa Corte che ha ben definito i limiti entro i quali può essere ravvisata l’ipotesi della ricusazione per grave inimicizia, giunge a conclusione del tutto avulsa ed apodittica rispetto alle coordinate fattuali e giuridiche tracciate nel provvedimento impugnato.
1.2. Il secondo motivo, che afferisce a quella che l’ordinanza impugnata avrebbe definito la seconda ricusazione relativa alla ‘pretesa commissione da parte del giudice procedente dei reati di falso ideologico e omissione di atti di ufficio’ quella dichiarata tardiva in quanto pur essendo sempre relativa ai fatti accaduti in data 25.11.2024 in occasione dell’udienza di cui sopra, risulta avanzata solo in data 3.12.2024 – è anch’esso del tutto generico.
Invero, il ricorrente si limita a rilevare che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto che l’imputato – per di più allontanato dall’aula – dovesse conoscere in tempo reale ciò che scriveva il cancelliere (e poi controfirmava il giudice) durante l’udienza del 25.11.2024 e, quindi, dovesse sollevare immediatamente all’udienza medesima la causa di ricusazione in argomento, laddove l’imputato, ‘ovviamente e pacificamente ha potuto avere accesso al verbale del cancelliere giorni dopo, quando è stato completato e firmato. Conoscenza effettuata fuori udienza. Vizi del verbale del cancelliere controfirmato dal giudice comprovati solo dopo la trascrizione dei successivi verbali integrali’ (così testualmente in ricorso).
Su tali basi si conclude per la tempestività della seconda ricusazione.
Di là della genericità intrinseca di una tale prospettazione che neppure indica il momento preciso in cui il ricorrente avrebbe preso cognizione del contenuto del verbale che si assume conosciuto solo in un secondo momento, senza neppure addursi la ragione specifica per la quale il verbale non sarebbe stato immediatamente disponibile, evidente è anche la sua aspecificità estrinseca, avendo il provvedimento impugnato, in buona sostanza, correttamente escluso il rilievo della trascrizione integrale fonografica – a cui sembra in definitiva appellarsi il ricorrente a sostegno della sua effettiva presa di cognizione di quanto poi oggetto di ricusazione – a fronte del verbale di udienza redatto dal cancelliere e sottoscritto dal giudice. Ciò che rilevava invero ai fini della verifica della veridicità di quanto trascritto nel verbale, era, evidentemente, appunto, il contenuto di tale atto e la sua corrispondenza, o meno, a quanto accaduto all’udienza alla presenza dell’COGNOME.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/3/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME