Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24351 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24351 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Piacenza il 14/05/1973
avverso l’ordinanza del 27/03/2025 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione presentata, ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 36, comma 1, lett. d) e 37, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., dal difensore di NOME COGNOME imputato nel proc. pen. n. 666/2020 pendente innanzi al Tribunale di Piacenza, nei confronti del giudice NOME COGNOME.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore di NOME COGNOME deducendo un unico, articolato motivo di annullamento per difetto di motivazione in quanto, in primo luogo, la Corte di appello non si sarebbe confrontata con le argomentazioni dell’istanza di ricusazione e della successiva memoria depositata ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen., con cui si censurava non il contenuto dei provvedimenti adottati dal giudice ma le modalità di assunzione degli stessi e le ragioni di fondo ad essi sottese.
Del tutto apparente sarebbe, inoltre, la motivazione in ordine alla dedotta anticipazione del convincimento sui fatti di causa, in quanto la Corte non avrebbe adeguatamente valutato le interlocuzioni del giudice con l’autorità giudiziaria straniera per la predisposizione del videocollegamento per l’escussione di un teste da remoto. Infine, illogica sarebbe l’argomentazione in merito alla irrilevanza dei reiterati inviti all’astensione.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché le censure sono prive della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto che le giustificano e dei correlati, congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato.
Il giudice è stato ricusato sia per “grave inimicizia” sia per avere anticipato il giudizio; entrambi i motivi di ricusazione sono ricondotti alle modalità con cui il giudice ha ammesso, e poi parzialmente revocato, le prove, al fatto di aver sollecitato la rapida conclusione del procedimento, essendo il reato a rischio prescrizione, alla mancata astensione, sollecitata dalla difesa.
Su tali punti, però, le doglianze sviluppate nel ricorso sono del tutto generiche e non si confrontano con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha rilevato come i provvedimenti istruttori fossero, in realtà, perfettamente rituali e non esorbitassero dal legittimo esercizio delle funzioni e che ha sottolineato che le decisioni processuali, anche se sfavorevoli, non sono sintomatiche di inimicizia grave, potendo semmai fondare un motivo di gravame avverso la decisione finale.
Né la grave inimicizia del giudice nei confronti dell’imputato e l’anticipazione del giudizio, secondo la corretta argomentazione della Corte, possono in alcun modo emergere dalla mancata astensione, seppur sollecita dalla difesa, in assenza di una delle cause di cui all’art. 36 cod. proc. pen., o dalla volontà di definire i procedimento prima dello scadere dei termini di prescrizione del reato.
Del tutto generiche sono anche le doglianze sull’inimicizia derivante dalla pregressa conoscenza dell’imputato con il giudice ricusato, dai rapporti di
collaborazione dell’imputato con la madre del giudice e da un ricorso per cassazione trattato dal padre del giudice.
2. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento della somma di euro tremila
in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 23/05/2025.