Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36999 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CONTARINA il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato a SERIATE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/03/2024 della CORTE di APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto da NOME nonché il rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 25 marzo 2024 la Corte d’Appello di Brescia dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione proposta da NOME e rigettava quella proposta da NOME, istanze concernenti il AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, componente del collegio che avrebbe dovuto giudicare nel merito i ricorrenti e già componente del Tribunale di Bergamo, in composizione collegiale, in funzione di giudice del riesame reale, che aveva rigettato l’appello proposto dai detti ricorrenti avverso il provvedimento reso in data 17 dicembre 2021 con il quale il AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo già disposto nei confronti di entrambi gli
imputati in relazione ai reati di associazione per delinquere, insolvenza fraudolenta, truffa semplice e aggravata, calunnia, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.
Avverso la detta ordinanza del 25 marzo 2024 proponevano ricorso per cassazione, con unico atto, entrambi gli imputati, per il tramite dei difensori, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deducevano inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in relazione all’art. 37 comma 1 lett. b) cod. proc. pen.
Assumevano, in particolare, che il fatto che NOME, a differenza di NOME COGNOME, non avesse proposto appello ex art. 322 bis cod. proc. pen. avverso la detta ordinanza resa il 17 dicembre 2021 dal AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo era privo di rilevanza ai fini della fondatezza dell’istanza di ricusazione proposta dallo stesso NOME, considerato che il sequestro preventivo era stato disposto anche in relazione al reato di cui all’art. 416 cod. pen., rispetto al quale a quest’ultimo era stato contestato il ruolo di promotore, capo e organizzatore.
Quanto alla posizione di NOME COGNOME la difesa osservava che nel caso di specie, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale, il Tribunale per il riesame non aveva speso solo valutazioni che risultavano imposte o comunque giustificate dalla sequenza procedimentale relativa alla fase cautelare, ma aveva valutato, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, anche il fumus boni iuris in relazione al reato contestato, in particolare esprimendosi sulla sussistenza dell’elemento soggettivo e valutando come irrilevanti o insufficienti le prove a discarico offerte dalla difesa, in tal modo anticipando quantomeno in parte la decisione di merito, con conseguente integrazione di una causa di ricusazione ex art. 37 lett. b) cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Ed invero, quanto alla posizione di NOME COGNOME, deve osservarsi che, non avendo costui proposto appello avverso il provvedimento reso in data 17 dicembre 2021 con il quale il AVV_NOTAIO per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo già disposto nei confronti di entrambi gli
imputati, la decisione resa dal Tribunale per il riesame sull’appello cautelare avverso il detto provvedimento non aveva riguardato la posizione del detto NOME, nei cui confronti, pertanto, non appare neppure ipotizzabile l’invocata causa di ricusazione di cui all’art. 37 lett. b) cod. proc. pen.
Quanto alla posizione di NOME COGNOME deve osservarsi che, secondo la consolidata opinione del AVV_NOTAIO di legittimità, non costituisce indebita manifestazione del convincimento del giudice, in grado di fondare una richiesta di ricusazione, il fatto che questi, nel corso del procedimento, come componente del tribunale del riesame, abbia confermato una misura cautelare reale, in quanto tale decisione prescinde da qualsiasi valutazione sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’imputato, salva la verifica in concreto e caso per caso, da parte del giudice della ricusazione, di eventuali profili rilevanti dedotti (cfr. Sez. 5, n. 15689 del 24/02/2020, COGNOME, Rv. 279164 – 01).
Ciò premesso, l’esame del provvedimento reso dal Tribunale per il riesame in data 26 maggio 2022 consente di apprezzare che il detto organo giudicante:
con riferimento ai primi due motivi dell’appello cautelare, ha svolto considerazioni esclusivamente in merito all’autonomia del profitto del contestato reato associativo rispetto a quello dei reati fine;
con riferimento al terzo motivo di appello ha argomentato solo in merito alla restituzione al terzo di buona fede (nella specie la società RAGIONE_SOCIALE) dei veicoli oggetto del reato di cui al capo 17);
con riferimento al quarto e al quinto motivo di appello, concernente il sequestro finalizzato alla confisca ex art. 240 bis cod. pen. (“del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza”), il Tribunale, rispondendo ai motivi di appello, ha motivato in merito alla lecita o illecita provenienza dei beni oggetto di sequestro e al dolo specifico del contestato reato di cui all’art, 512 bis cod. pen.
Risulta, pertanto, dalla lettura del provvedimento impugnato che il giudice dell’appello cautelare, nel caso in esame, ha espresso esclusivamente considerazioni imposte e giustificate dalla specifica sequenza procedimentale, senza alcuna anticipazione degli esiti della
decisione di merito (cfr. Sez. U, n. 41263 del 27/09/2005, COGNOME e altri, Rv. 232067 – 01, che così ha statuito: “L’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della “res iudicanda”, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonchè quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato. (La S.C. ha confermato la decisione della Corte d’appello che aveva respinto l’istanza di ricusazione, in una fattispecie in cui il richiedente deduceva che il giudice avesse espresso valutazioni sul merito del processo, negando l’ammissione d’ufficio di nuove prove per superfluità delle medesime”).
Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 04/07/2024