Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26218 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26218 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CIVITELLA DI ROMAGNA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, imputato davanti alla Corte di assise di Forlì dei reati di omicidio pluriaggravato, occultamento di parti di cadavere e atti persecutori, commessi nel 2022 in danno del fratello NOME COGNOME, nonché di detenzione e porto illegali di arma, presentava istanza di ricusazione della AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME, presidente del Collegio giudicante, in quanto, a suo dire, pregiudicata per aver emesso, nel 2014, nei confronti di esso ricusante decreto penale di condanna per il reato di minaccia aggravata, commesso sempre in danno del fratello NOME.
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna dichiarava de plano inammissibile l’istanza, evidenziando trattarsi di fatto, quello di minaccia, distinto e antecedente di otto anni rispetto a quelli più gravi commessi nel 2022, e aggiungendo che l’interessato non aveva neppure spiegato quale sarebbe stato l’effetto pregiudicante scaturito dal decreto penale di condanna, nel quale, fra l’altro, il giudice COGNOME non aveva espresso affatto alcuna valutazione circa i contrasti esistenti tra i fratelli COGNOME che avrebbero costituito il contesto in cu sarebbe maturato il delitto di omicidio.
Il ricorso per cassazione proposto dall’interessato, per il tramite del difensore, è affidato a due motivi.
3.1. Con il primo, si denuncia apparenza della motivazione per avere la Corte di appello adìta riprodotto integralmente, con la tecnica del copia-incolla, il contenuto dell’ordinanza emessa dalla Corte medesima in data 26 maggio 2023, con la quale era stata dichiarata inammissibile l’istanza di ricusazione presentata nei confronti del AVV_NOTAIO nell’ambito dello stesso procedimento n. 2599/2022 R.G.N.R.
Il giudice a quo avrebbe, inoltre, travisato alcune parti del contenuto dell’istanza di ricusazione a proposito del movente dell’omicidio, da individuarsi nei contrasti, risalenti nel tempo, connessi alla gestione del podere di famiglia.
Ancora, si rimprovera alla Corte di merito di aver trascurato atti e circostanze che avrebbero imposto l’adozione di cautele critiche anziché la formulazione di espressioni lesive della presunzione di innocenza.
Al giudice territoriale sfuggiva, poi, che l’avere il AVV_NOTAIORAGIONE_SOCIALE COGNOME accolto la richiesta del P.M. su un modulo prestampato indicava un mancato controllo giurisdizionale della richiesta stessa e che, in ogni caso, il decreto penale di condanna era un atto decisorio potenzialmente idoneo a determinare l’effetto pregiudicante.
Priva di pregio, infine, si appalesava l’affermazione secondo cui l’istante non avrebbe provveduto a fornire adeguate delucidazioni.
3.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione degli artt. 37, comma 1, 41, comma 3, 127 e 178, lett. c), cod. proc. pen. per avere il giudice della ricusazione deciso de plano pur avendo espresso considerazioni di merito.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Partendo dal secondo motivo, di carattere preliminare, giova ricordare che l’inammissibilità della richiesta di ricusazione per manifesta infondatezza deve essere dichiarata con procedura camerale “de plano”, senza sentire le parti interessate in camera di consiglio, previa fissazione di udienza ed avviso, in quanto l’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., prescrive che il collegio provveda “senza ritardo” e non richiama, al contrario del successivo comma terzo, relativo alla decisione di merito della ricusazione, le forme dell’art. 127 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 42024 del 06/07/2017 Ventrici Rv. 270770).
Va, altresì, sottolineato che non sussiste incompatibilità logica tra la dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di ricusazione, avanzata dall’imputato nei confronti di componenti del collegio in base a motivi manifestamente infondati e la circostanza che il provvedimento dichiarativo, ancorché adottato “de plano”, illustri le ragioni della ritenuta manifesta infondatezza con motivazione complessa (Sez. 3, n. 18043 del 26/03/2019, Cimino, Rv. 275952).
Da tanto consegue la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per il primo motivo.
La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di ricusazione, costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. l’anticipazione di valutazioni sul merito della “res iudicanda”, ovvero sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta, sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso, senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge o allorché esse invadano, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto o in parte gli esiti (Sez. U, n. 41263 del 27/09/2005 COGNOME ed altro Rv. 232067; tra le più recenti, Sez. 3, n. 27996 del 09/03/2021, Agostini, Rv. 281591).
Correttamente conformandosi a tali principi, la Corte di appello di Bologna ha escluso, nella specie, la sussistenza dei presupposti della ricusazione
del giudice COGNOME, presidente del Collegio giudicante nel procedimento per omicidio e altro, pendente a carico di NOME COGNOME, in quanto il fatto in tesi pregiudicante, cioè l’avere emesso un decreto penale di condanna nei confronti del ricusante per il reato di minaccia, commesso nei confronti dello stesso fratello vittima di omicidio nel procedimento pendente, atteneva non solo a un fatto totalmente diverso e meno grave, ma anche risalente a ben otto anni prima di quello sub iudice (2014 rispetto al 2022) e senza che in detto decreto il giudice avesse espresso alcuna valutazione circa i contrasti endo-familiari che, a detta del ricusante, avrebbero costituito il movente dell’azione omicida.
Va, inoltre, sottolineato che il decreto penale di condanna, una volta fatto oggetto di opposizione, perde la sua natura di condanna anticipata e produce unicamente l’effetto di costituire il presupposto per l’introduzione di un giudizio (immediato, abbreviato o di patteggiannento) del tutto autonomo e non più dipendente da esso che, in ogni caso, ai sensi dell’art. 464, comma 3, cod. proc. pen., è revocato “ex nunc” dal giudice che procede dopo la verifica di rituale instaurazione del giudizio (Sez. 3, n. 20261 del 18/03/2014 Luzzana Rv. 259648).
Dall’esame del fascicolo, risulta che il decreto penale in tesi “pregiudicante” fu opposto e, quindi, tecnicamente revocato e superato dalla sentenza emessa da altro giudice persona fisica che dichiarò estinto il reato di minaccia ascritto al COGNOME. Anche sotto quest’ultimo profilo, di natura processuale, in nessun modo avrebbe potuto ravvisarsi, nella specie, alcun pregiudizio in capo al giudice oggetto di ricusazione.
Il ricorrente, dal canto suo, non oppone specifici rilievi alle corrette argomentazioni spese dal giudice a quo, limitandosi ad insistere nella sua prospettazione, palesemente infondata.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del proponente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle “àmmende.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2024
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