Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7024 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 7024  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME, nato a Caltanissetta il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/05/2023 della Corte di appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata la Corte di appello di Ancona rigettava l’istanza di ricusazione presentata da NOME COGNOME nei riguardi del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, giudice del Tribunale di Pesaro nell’ambito di un processo nel quale il COGNOME è imputato.
Rilevava la Corte territoriale come la dichiarazione di ricusazione dovesse essere disattesa in quanto il COGNOME si era limitato ad allegare alla sua istanza una fattura emessa dal suo studio professionale di medico nei riguardi di NOME
COGNOME, moglie del giudice COGNOME, asseritamente per una prestazione sanitaria specialistica: documento, tuttavia, inidoneo a provare l’esistenza del diritto di credito dell’imputato nei confronti della coniuge del giudice ricusato.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore e procuratore speciale, il quale ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 127 e 41 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello fondato la propria decisione anche sul contenuto di una memoria depositata dal giudice ricusato che, non essendo parte del procedimento, non poteva interloquire nel procedimento in camera di consiglio attivato dalla Corte decidente.
2.2. Vizio di motivazione, per manifesta illogicità e contraddittorietà, per avere la Corte distrettuale basato le proprie determinazioni sugli orientamenti interpretativi espressi dalla giurisprudenza di legittimità civile con riferimento a questioni (inerenti alla valenza probatoria di una fattura) non pertinenti rispetto al caso di specie ovvero contenenti l’enunciazione di principi non conferenti rispetto alle ragioni della decisione finale.
2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 159 e 41 cod. proc. pen., per avere la Corte di merito deciso sulla base degli atti di un fascicolo nel quale erano state impropriamente inserite le copie di alcuni atti del procedimento (concernenti un decreto di irreperibilità emesso nei riguardi dell’imputato a fini di notificazione e una richiesta formulata dal di lui difensore) inconferenti rispetto alla decisione che la stessa Corte era stata chiamata a adottare: atti, perciò, di cui va disposta l’eliminazione dal fascicolo. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato, in quanto è irrilevante la circostanza che il giudice ricusato – verosimilmente dopo aver appreso l’esistenza della dichiarazione di ricusazione presentata nei suoi riguardi e depositata nella cancelleria del suo ufficio ai sensi dell’art. 38, comma 3, cod. proc. pen. – abbia fatto pervenire alla Corte di appello una nota con la quale ha contestato la fondatezza dell’assunto del ricusante: e ciò perché la Corte territoriale, pur dando atto del tenore di quello scritto, ha deciso di rigettare l richiesta di ricusazione per ragioni giuridiche sostanzialmente estranee al contenuto di tale documento.
Inammissibile, per carenza di interesse, è il terzo motivo del ricorso, in quanto concernente un asserito erroneo inserimento nel fascicolo del procedimento camerale svoltosi dinanzi alla Corte di appello di alcuni atti del giudizio dibattimentale che, però, non hanno avuto alcuna rilevanza ai fini della pronuncia adottata dal Collegio chiamato a decidere sulla ricusazione.
Il secondo motivo del ricorso è privo di pregio.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la fattura è un mero documento contabile che può, giusta il disposto dell’art. 2710 cod. civ., far prova dei rapporti intercorsi tra imprenditori, ma che in nessun caso assume la veste di atto scritto avente natura contrattuale, con la conseguente sua assoluta inidoneità a fornire la prova tanto della esistenza, quanto della liquidità di un credito (in questo senso, tra le molte, Sez. 3, n. 19944 del 12/07/2023, Rv. 668145; Sez. 6 civ., n. 30309 del 14/10/2022, Rv. 665971; Sez. 2 civ., n. 22401 del 29/11/2004, Rv. 578639).
Di tale criterio interpretativo la Corte di appello di Ancona ha fatto corretta applicazione, dal momento che, pur in un differente sistema processuale, qual è quello penale, caratterizzato dai principi dell’autonomia della cognizione e di libero convincimento nella valutazione delle prove, ha legittimamente ritenuto di poter escludere che l’imputato ricusante avesse assolto all’onere di prova cui era tenuto circa la sussistenza della causa di ricusazione (il rapporto di credito tra lui e il coniuge del giudice), allegando alla propria richiesta una mera fattura commerciale, dunque un documento contabile formato unilateralmente, come take inidoneo a dimostrare la certa esistenza del denunciato rapporto di obbligazione.
 Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della essa delle ammende. Così deciso il 18/01/2024