Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26936 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26936 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2016 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25 gennaio 2016 la Corte di appello di Brescia ha rigetta il gravame avverso la decisione del 19 maggio 2015 con cui il Giudice dell’udienz preliminare di Brescia aveva condannato, all’esito del giudizio abbreviato, NOME COGNOME alla pena di un anno, quattro mesi di reclusione ed euro 1.600 di mult ordine a plurime cessioni ed acquisti al fine di spaccio di sostanza stupefacent tipo cocaina ed eroina ex art. 73, comma 5, d.P.R. n 309 del 1990 di cui ai capi E), F) e H), commessi sino a maggio 2010 in luoghi imprecisati.
La Corte di appello, in risposta all’unico motivo di gravame con cui richiedeva il riconoscimento della continuazione dei fatti di cui al pre procedimento con quelli oggetto di sentenza del Giudice dell’udienza preliminar del 17 febbraio 2009, irrevocabile il 14 aprile 2009, sul presupposto che gli s attenessero a reati della stessa natura, presentassero modalità di commissi analoghe e fossero stati realizzati in periodo coevo a quello in cui erano commessi i fatti di cui alla sentenza di condanna appellata, ha rigettato il gr rilevando la mancata al!egazione di elementi che deponessero per la preliminar programmazione dei reati ed escludendo che gli stessi fossero cronologicamente prossimi a quelli oggetto di contestazione.
Il Presidente della Prima Sezione Penale della Corte di appello di Brescia, c provvedimento del 17 aprile 2023, rilevando il mancato rinvenimento del fascicol della Corte di appello e la circostanza che la sentenza in questione, deposit 23 febbraio 2016, non era stata notificata alle parti, disponeva la ricostruzio verbale di udienza del 25 gennaio 2016 e della sentenza della Corte di appello 25 gennaio 2016, atti reperiti in copia di cui veniva dichiarata la conformità originali ex art. 113 cod. proc. pen.
NOME COGNOME, per il tramite dei difensori, impugna la citata sen deducendo, quale unico motivo, la violazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen.
Poiché non sussiste prova della notifica della citazione in appello ex art. 601 cod. proc. pen. all’imputato, la sentenza – si rileva – è stata emessa senza ricorrente avesse avuto conoscenza del procedimento; costui risultava “libero n comparso” e, pertanto, né “presente” o “assente”, secondo quanto previs dall’art. 420-bis cod. proc. pen. introdotto dalla I. 28 aprile 2014, n. 6 norma, che ha modificato la disciplina del processo “in assenza”, tipizza al situazioni da cui desumere che l’imputato sia a conoscenza del processo, qua per esempio, la dichiarazione o elezione di domicilio presso il difensor sottoposizione a fermo, arresto o a misura cautelare, nonché la personale ricezi dell’avviso di fissazione dell’udienza.
La violazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen. che ha determinato la manca conoscenza del processo da parte dell’imputato, non presente in udienza indicato come “libero non comparso”, determina una nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Che il ricorrente non fosse a conoscenza dello svolgimento del giudizio appello e confidasse, pertanto, sull’intervenuta prescrizione è reso palese conoscenza della sentenza solo in occasione della notifica avvenuta a distanza otto anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto intempestivo.
La decisione impugnata risulta emessa il 25 gennaio 2016 e depositata il 23 febbraio 2016, entro i trenta giorni fissati in sentenza ex art. 544, comma 3, cod. proc. pen..
Secondo la normativa in vigore al momento della decisione di primo e secondo grado, nessuna comunicazione era dovuta nei confronti dell’imputato o del difensore: l’imputato non era stato dichiarato contumace o irreperibile, evenienza che, secondo quanto previsto dall’art. 15-bis, comma 1, I. 28 aprile 2014, n. 67, inserito dalla I. 11 agosto 2014, n. 118 (con decorrenza dal 22 agosto 2014), avrebbe consentito, a condizione che la sentenza di primo grado fosse stata comunque emessa dopo l’entrata in vigore della citata legge, l’operatività della precedente disciplina in materia di contumacia.
Ed infatti, a prescindere dalla dizione contenuta in sentenza (“libero non comparso”), dagli atti del procedimento comunque consultabili (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro Rv. 220092) emerge che il ricorrente aveva presenziato personalmente all’udienza preliminare, aveva eletto e dichiarato il domicilio nel corso delle indagini e nel corso dell’udienza preliminare, era stato rappresentato nei giudizi di primo e secondo grado dal difensore di fiducia che aveva provveduto, altresì, a nominare un sostituto; l’avvocato di fiducia era presente in rappresentanza del suo assistito all’udienza svoltasi in appello con le forme del rito camerale, in ragione del rito abbreviato.
Tali circostanze portano ad escludere che l’imputato fosse contumace o irreperibile, condizione processuale che avrebbe costituito eccezione all’applicazione della disciplina prevista dall’art. 15-bis, comma 1, I. 28 aprile 2014, n. 67, inserito dalla I. 11 agosto 2014, n. 118, imponendo la notifica della decisione ex art. 548, comma 2, cod. proc. pen.; né il ricorrente – che si limita a formulare critiche di natura meramente lessicale afferenti al termine riportato in sentenza – deduce nulla sul punto.
L’evenienza che la sentenza sia stata depositata nei termini fissati in sentenza ex art. 544, comma 3, cod. proc. pen. (trenta giorni), fa venir meno la necessità di effettuare la notifica in favore del difensore di fiducia, presente all’udienza svoltasi in assenza dell’imputato, né la circostanza che il Presidente della Corte di appello abbia ritenuto di effettuare la notifica della decisione, per come ricostruita ex art. 113 cod. proc. pen., sull’erroneo presupposto della sua non irrevocabilità (in tal senso la parte del provvedimento che testualmente recita
“che la sentenza non risulta essere stata notificata agli imputati e, quind risulta essere passata in giudicato”) può assumere rilevanza in ordine definitività della decisione ed al corretto computo della decorrenza dei termini opera ope legís, a prescindere dalla eventuale attestazione in tal senso.
Deve al riguardo rinviarsi a giurisprudenza di questa Corte formatasi in mater di contumacia, secondo cui, il termine per impugnare, nel caso di erron dichiarazione di contumacia, decorre dalla scadenza del termine prescritto per deposito della sentenza ex art. 585, comma primo, lett. b), cod. proc. pen. e non dalla notifica dell’estratto della sentenza effettuato per errore, considera nessun imputato è privo di difesa tecnica e che al suo difensore compete anche compito di individuare l’error iudícis, assumendo le opportune iniziative (Sez. 5, n. 19279 del 27/03/2015, S., Rv. 264849).
A sostegno dell’affermazione secondo cui l’erroneo convincimento da parte della cancelleria o della corte di appello circa la necessità di portare a conos la decisione o un suo estratto sia ininfluente rispetto alla disciplin irrevocabilità della sentenza e dei termini ad impugnare, milita, altresì, giurisprudenza che, proprio in materia di assenza dell’imputato, ha statuito c termine di impugnazione decorre dalla scadenza del termine prescritto per deposito della sentenza e non dalla notifica dell’estratto che sia stata eff per errore (Sez. 5, n. 8942 del 19/06/1995, COGNOME, Rv. 202631).
4. In conclusione, benché la sentenza fosse stata depositata nei term indicati in sentenza e non fosse necessario notificare la stessa ex art. 548, comma 2, cod. proc. pen., tenuto, altresì, conto della mera assenza dell’imp certamente non contumace o irreperibile nel corso del giudizio, irrilevante ris quanto affermato dal Presidente della Corte di appello che, nel provvedimento data 17 aprile 2023, con il quale ha ricostruito il fascicolo ex art. 113 cod. proc. pen., ha rilevato che la sentenza non fosse passata in giudicato.
A fronte dell’inutile decorso dei termini di impugnazione, la difesa assume non aver ricevuto l’avviso della fissazione dell’udienza in appello, senza peritarsi di allegare eventuale documentazione che deponga per la tempestività un ricorso i cui termini risultano perenti allo scadere dei quarantacinque gi successivi ai trenta giorni individuati ex art. 548, comma 3, cod. proc. pen. per il deposito della motivazione.
Né il contenuto del provvedimento, che dà atto dello smarrimento della sentenza e degli atti di appello in originale con la sola eccezione della cop verbale d’udienza celebratasi il 25 gennaio 2016, autorizza a ritenere che la ri del fascicolo fosse iniziata prima della notifica dell’avviso di deposito della se in ragione di eventuale istanza di copia della stessa da parte della difesa (
non vi è traccia) in data prossima o immediatamente successiva a quella del deposito della sentenza.
Ed infatti, il provvedimento del Presidente della Corte di appello prende spunto dalla nota della Cancelleria in data 7 settembre 2022 con cui si rende noto del solo casuale rinvenimento del fascicolo in occasione del riordino dell’archivio e non certo per incombenti di Cancelleria funzionali alla evasione di istanze di parte finalizzate ad acquisire atti del fascicolo.
All’inammissibilità per intempestività del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che pare equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/05/2024