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Ricorso tardivo: quando l’assenza non riapre i termini

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso tardivo presentato da un imputato, condannato per spaccio, che sosteneva di non essere a conoscenza del processo d’appello. La Corte ha chiarito che, essendo l’imputato rappresentato dal suo avvocato di fiducia e non essendo stato dichiarato contumace o irreperibile, i termini per l’impugnazione decorrevano automaticamente dalla data di deposito della sentenza, rendendo irrilevante la successiva mancata notifica.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso tardivo: la Cassazione chiarisce i termini per l’imputato assente

Nel processo penale, il rispetto dei termini per le impugnazioni è un principio cardine. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26936/2024) ha affrontato un caso emblematico di ricorso tardivo, stabilendo che l’assenza dell’imputato in appello non riapre i termini se questo è regolarmente assistito dal suo difensore di fiducia. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Un uomo, condannato in primo grado per plurime cessioni di sostanze stupefacenti, vedeva confermata la sua pena dalla Corte di Appello di Brescia nel gennaio 2016. Anni dopo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo la nullità della sentenza d’appello. La sua tesi si basava sul fatto di non aver mai avuto conoscenza del giudizio di secondo grado, in quanto la citazione non gli era stata notificata personalmente. Di conseguenza, a suo dire, la sentenza era stata emessa in violazione delle norme sul processo in assenza, e i termini per impugnarla non sarebbero mai realmente decorsi.

La Questione Giuridica: Ricorso Tardivo e Presenza del Difensore

La questione centrale ruotava attorno a un quesito fondamentale: quando decorre il termine per impugnare una sentenza se l’imputato è assente all’udienza ma il suo avvocato di fiducia è presente? L’imputato, definito in sentenza come “libero non comparso”, riteneva che la mancata notifica personale della sentenza d’appello avesse congelato i termini per il ricorso. La Procura Generale, invece, chiedeva che il ricorso venisse rigettato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, offrendo una spiegazione chiara e basata su principi consolidati.

La Decorrenza dei Termini Opera ‘Ope Legis’

Il punto cruciale della decisione è che i termini per l’impugnazione decorrono ope legis, cioè per effetto diretto della legge, e non dipendono da eventuali errori o omissioni della cancelleria. La sentenza d’appello era stata depositata nei termini previsti dalla legge (30 giorni). Secondo la normativa, quando ciò avviene, il termine per ricorrere in Cassazione inizia a decorrere automaticamente dalla scadenza del termine di deposito.

Il Ruolo del Difensore di Fiducia

La Corte ha sottolineato che l’imputato non era stato dichiarato né contumace né irreperibile. Al contrario, egli aveva partecipato all’udienza preliminare, aveva eletto domicilio e, soprattutto, era rappresentato in entrambi i gradi di giudizio da un difensore di fiducia. La presenza dell’avvocato all’udienza d’appello è stata considerata sufficiente a garantire il diritto di difesa. In questa situazione, la legge non prevede alcuna notifica personale della sentenza all’imputato per far decorrere i termini.

Irrilevanza dell’Errore della Cancelleria

È emerso che, a causa dello smarrimento e successivo ritrovamento del fascicolo, un provvedimento del Presidente della Corte d’Appello del 2023 aveva erroneamente affermato che la sentenza non fosse ancora passata in giudicato. La Cassazione ha stabilito che tale convinzione errata da parte degli uffici giudiziari è del tutto ininfluente. La decorrenza dei termini è un meccanismo legale automatico che non può essere alterato da un’errata attestazione amministrativa. Presentare un ricorso tardivo basandosi su un tale errore non può sanare l’originaria intempestività.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la diligenza è un dovere sia per l’imputato che per il suo difensore. La scelta di un avvocato di fiducia implica che quest’ultimo rappresenti pienamente l’assistito. Se l’imputato non è irreperibile, i termini processuali decorrono regolarmente, e l’assenza fisica all’udienza non costituisce una scusante per un ricorso tardivo. Questa decisione serve da monito sull’importanza di monitorare attentamente l’iter processuale e di rispettare scrupolosamente le scadenze perentorie previste dal codice, poiché un errore della cancelleria non può ‘resuscitare’ un termine ormai scaduto.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare una sentenza d’appello se l’imputato è assente all’udienza?
Il termine per impugnare inizia a decorrere dalla scadenza del termine previsto per il deposito della sentenza (in questo caso, trenta giorni), a condizione che la sentenza venga effettivamente depositata entro quel periodo, e che l’imputato non sia stato dichiarato contumace o irreperibile ma sia regolarmente rappresentato dal suo difensore di fiducia.

La mancata notifica della sentenza all’imputato assente può riaprire i termini per il ricorso?
No. Secondo la Corte, se l’imputato è assistito da un avvocato di fiducia e non è legalmente contumace o irreperibile, i termini decorrono automaticamente per legge (ope legis). La notifica della sentenza non è necessaria in questi casi e la sua omissione, anche se dovuta a un errore, non può riaprire un termine già scaduto.

Che differenza c’è tra essere ‘libero non comparso’ ed essere ‘contumace’ o ‘irreperibile’ ai fini dei termini di impugnazione?
Essere ‘libero non comparso’ indica semplicemente che l’imputato non detenuto non si è presentato all’udienza. Se è presente il suo avvocato di fiducia, questa condizione non equivale a quella di ‘contumace’ o ‘irreperibile’, che sono status giuridici formali che scattano in condizioni più stringenti. Solo in questi ultimi casi la legge prevede specifiche notifiche per far decorrere i termini di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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