Ricorso Tardivo: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità
Nel mondo della procedura penale, il rispetto dei termini è un principio cardine. Presentare un atto oltre la scadenza prevista dalla legge può avere conseguenze definitive sull’esito di un giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio il tema del ricorso tardivo, chiarendo un punto fondamentale sulla decorrenza dei termini per l’impugnazione nei procedimenti camerali.
Il Contesto del Caso Giudiziario
La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello, la quale aveva dichiarato inammissibile un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di primo grado. L’inammissibilità era stata motivata dalla mancata elezione di domicilio, un requisito formale all’epoca previsto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.
L’imputato, ritenendo che tale norma fosse stata abrogata, ha proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, la sua impugnazione è incappata in un ostacolo ancora più insormontabile: la tardività.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Tardivo
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile non entrando nel merito della questione sollevata dal ricorrente, ma fermandosi a una valutazione preliminare: il ricorso era stato presentato fuori tempo massimo. Questo evidenzia come il rispetto dei termini sia un presupposto di ammissibilità che precede qualsiasi altra valutazione.
La Distinzione tra Procedimento Camerale e Giudizio in Assenza
Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra un “procedimento camerale non partecipato” e un “giudizio in assenza”. Il ricorrente, infatti, sperava di poter beneficiare di un termine più lungo per l’impugnazione (un’estensione di 15 giorni) previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p. per l’imputato giudicato in assenza.
La Corte ha specificato che questa estensione non è applicabile al caso di specie. Nel procedimento camerale non partecipato, il processo si svolge sulla base di atti scritti, senza che sia fissata un’udienza alla quale le parti abbiano diritto di partecipare. Di conseguenza, non si può parlare di “assenza” nel senso tecnico del termine, poiché manca il presupposto stesso della partecipazione fisica all’udienza.
Il Calcolo dei Termini per l’Impugnazione
L’avviso di deposito del provvedimento della Corte di Appello era stato notificato all’imputato il 12 luglio 2024. Trattandosi di un provvedimento reso in camera di consiglio, il termine ordinario per proporre ricorso per cassazione scadeva 15 giorni dopo, ovvero il 27 luglio 2024. Il ricorso, invece, è stato depositato solo il 31 luglio 2024, risultando irrimediabilmente tardivo.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. L’inammissibilità del ricorso tardivo è una conseguenza automatica e non discrezionale. La Corte ha ribadito che, per determinare la tempestività di un’impugnazione, è essenziale qualificare correttamente la natura del procedimento a quo. Poiché il giudizio d’appello si era svolto con rito camerale non partecipato, non vi erano i presupposti per applicare la normativa di favore prevista per l’imputato assente.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che non sussistevano elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, citando la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000. La tardività non era giustificabile e, pertanto, alla declaratoria di inammissibilità è seguita, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, quantificata in 3.000,00 euro.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per gli operatori del diritto: la massima attenzione ai termini processuali è cruciale. La distinzione tra le diverse tipologie di procedimento ha implicazioni dirette sul calcolo dei tempi per l’impugnazione. Errare nella qualificazione del rito può portare a un ricorso tardivo e, di conseguenza, a rendere definitiva una decisione sfavorevole, con l’ulteriore aggravio delle sanzioni economiche. La decisione riafferma che le garanzie previste per l’imputato assente sono specifiche e non possono essere estese analogicamente a contesti procedurali differenti, come quello camerale non partecipato.
Quando un ricorso per cassazione viene considerato tardivo?
Un ricorso è considerato tardivo quando viene depositato dopo la scadenza del termine perentorio stabilito dalla legge. Nel caso di specie, trattandosi di un provvedimento emesso in camera di consiglio, il termine era di 15 giorni dalla notifica dell’avviso di deposito.
L’aumento di 15 giorni per l’impugnazione si applica anche ai procedimenti in camera di consiglio non partecipati?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’estensione di 15 giorni, prevista dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p., è riservata esclusivamente all’imputato giudicato in assenza e non si applica ai procedimenti camerali non partecipati, dove non è prevista la presenza fisica delle parti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso tardivo?
Un ricorso tardivo viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta l’impossibilità per il giudice di esaminare il merito della questione e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in € 3.000,00.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5880 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5880 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONTEBELLO IONICO il 09/11/1971
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato av/so alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con ordinanza depositata il giorno 9 luglio 2024 la Corte di appello di Reggio Calabria dichiarava inammissibile il ricorso presentato da COGNOME Domenico per la riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria il 17 ottobre 2023 a seguito dell’avvenuta opposizione da questo presentata a decreto penale di condanna;
che la inammissibilità disposta dalla Corte territoriale era dovuta alla carenza della dichiarazione o dell’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen.;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 619, comma 3, cod. proc. pen. sulla scorta del fatto che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. sia stato abrogato per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 2, comma 1, lett. O), dell legge n. 114 del 2024.
Considerato che il ricorso è inammissibile in quanto tardivo;
che, come affermato da questa Corte di legittimità, in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato trattato con procedimento camerale non partecipato, l’imputato appellante non può considerarsi “giudicato in assenza”, in quanto, in tal caso, il processo è celebrato senza la fissazione di un’udienza alla quale abbia diritto di partecipare, sicché, ai fini della presentazione del ricorso per cassazione, lo stesso non potrà beneficiare dell’aumento di quindici giorni del termine per l’impugnazione previsto dall’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 12 dicembre 2023, n. 49315, rv 285499);
che nel caso che interessa l’avviso del deposto del provvedimento era stato notificato al Liuzzo già il giorno 12 luglio 2024 e pertanto il termine ordinario per la proposizione del ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento reso in camera di consiglio, è spirato il successivo 27 luglio 2024;
che, essendo stato presentato il ricorso solo il 31 luglio 2024, correttamente doveva esserne dichiarata la inammissibilità in quanto tardivo;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024 Il Consigliere estensore
il Presidente