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Ricorso tardivo: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione poiché presentato oltre i termini di legge. La decisione chiarisce che l’estensione di 15 giorni per l’impugnazione, prevista per i giudizi in assenza, non si applica ai procedimenti camerali non partecipati. A causa del ricorso tardivo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità

Nel mondo della procedura penale, il rispetto dei termini è un principio cardine. Presentare un atto oltre la scadenza prevista dalla legge può avere conseguenze definitive sull’esito di un giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio il tema del ricorso tardivo, chiarendo un punto fondamentale sulla decorrenza dei termini per l’impugnazione nei procedimenti camerali.

Il Contesto del Caso Giudiziario

La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello, la quale aveva dichiarato inammissibile un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di primo grado. L’inammissibilità era stata motivata dalla mancata elezione di domicilio, un requisito formale all’epoca previsto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

L’imputato, ritenendo che tale norma fosse stata abrogata, ha proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, la sua impugnazione è incappata in un ostacolo ancora più insormontabile: la tardività.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Tardivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile non entrando nel merito della questione sollevata dal ricorrente, ma fermandosi a una valutazione preliminare: il ricorso era stato presentato fuori tempo massimo. Questo evidenzia come il rispetto dei termini sia un presupposto di ammissibilità che precede qualsiasi altra valutazione.

La Distinzione tra Procedimento Camerale e Giudizio in Assenza

Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra un “procedimento camerale non partecipato” e un “giudizio in assenza”. Il ricorrente, infatti, sperava di poter beneficiare di un termine più lungo per l’impugnazione (un’estensione di 15 giorni) previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p. per l’imputato giudicato in assenza.

La Corte ha specificato che questa estensione non è applicabile al caso di specie. Nel procedimento camerale non partecipato, il processo si svolge sulla base di atti scritti, senza che sia fissata un’udienza alla quale le parti abbiano diritto di partecipare. Di conseguenza, non si può parlare di “assenza” nel senso tecnico del termine, poiché manca il presupposto stesso della partecipazione fisica all’udienza.

Il Calcolo dei Termini per l’Impugnazione

L’avviso di deposito del provvedimento della Corte di Appello era stato notificato all’imputato il 12 luglio 2024. Trattandosi di un provvedimento reso in camera di consiglio, il termine ordinario per proporre ricorso per cassazione scadeva 15 giorni dopo, ovvero il 27 luglio 2024. Il ricorso, invece, è stato depositato solo il 31 luglio 2024, risultando irrimediabilmente tardivo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. L’inammissibilità del ricorso tardivo è una conseguenza automatica e non discrezionale. La Corte ha ribadito che, per determinare la tempestività di un’impugnazione, è essenziale qualificare correttamente la natura del procedimento a quo. Poiché il giudizio d’appello si era svolto con rito camerale non partecipato, non vi erano i presupposti per applicare la normativa di favore prevista per l’imputato assente.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che non sussistevano elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, citando la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000. La tardività non era giustificabile e, pertanto, alla declaratoria di inammissibilità è seguita, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, quantificata in 3.000,00 euro.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per gli operatori del diritto: la massima attenzione ai termini processuali è cruciale. La distinzione tra le diverse tipologie di procedimento ha implicazioni dirette sul calcolo dei tempi per l’impugnazione. Errare nella qualificazione del rito può portare a un ricorso tardivo e, di conseguenza, a rendere definitiva una decisione sfavorevole, con l’ulteriore aggravio delle sanzioni economiche. La decisione riafferma che le garanzie previste per l’imputato assente sono specifiche e non possono essere estese analogicamente a contesti procedurali differenti, come quello camerale non partecipato.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato tardivo?
Un ricorso è considerato tardivo quando viene depositato dopo la scadenza del termine perentorio stabilito dalla legge. Nel caso di specie, trattandosi di un provvedimento emesso in camera di consiglio, il termine era di 15 giorni dalla notifica dell’avviso di deposito.

L’aumento di 15 giorni per l’impugnazione si applica anche ai procedimenti in camera di consiglio non partecipati?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’estensione di 15 giorni, prevista dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p., è riservata esclusivamente all’imputato giudicato in assenza e non si applica ai procedimenti camerali non partecipati, dove non è prevista la presenza fisica delle parti.

Quali sono le conseguenze di un ricorso tardivo?
Un ricorso tardivo viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta l’impossibilità per il giudice di esaminare il merito della questione e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in € 3.000,00.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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