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Ricorso tardivo: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità di un appello a causa della sua presentazione fuori termine. Il ricorso straordinario dell’imputato, basato su un presunto errore di fatto nel calcolo delle scadenze, è stato respinto come manifestamente infondato. La Corte ha ribadito che l’impugnazione, depositata oltre il termine di 45 giorni, è stata correttamente dichiarata inammissibile, sottolineando le conseguenze di un ricorso tardivo e la necessità di un’aderenza rigorosa alle scadenze procedurali.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso tardivo: la Cassazione conferma l’inammissibilità per mancato rispetto dei termini

Nel processo penale, il rispetto dei termini perentori è un pilastro fondamentale a garanzia della certezza del diritto e del corretto svolgimento della giustizia. Un ricorso tardivo, ovvero depositato oltre le scadenze previste dalla legge, è destinato a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, chiarendo le conseguenze del mancato rispetto dei termini e i limiti dei rimedi esperibili.

I fatti del caso: un appello depositato oltre la scadenza

La vicenda trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello di Firenze in data 22 novembre 2022. La Corte aveva fissato un termine di novanta giorni per il deposito delle motivazioni, adempimento poi avvenuto il 16 gennaio 2023, quindi ampiamente nei termini.
Da quel momento, la difesa aveva quarantacinque giorni di tempo per presentare ricorso per cassazione, come previsto dall’articolo 585 del codice di procedura penale. Il calcolo è stringente: il termine per impugnare scadeva il 6 aprile 2023. Tuttavia, il ricorso veniva depositato telematicamente solo il 13 aprile 2023, una settimana dopo la scadenza.

La decisione iniziale: il ricorso tardivo è inammissibile

Di conseguenza, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, con un’ordinanza del 27 settembre 2023, dichiarava il ricorso inammissibile proprio perché tardivo. Contro questa decisione, il difensore del condannato proponeva un’ulteriore istanza, qualificata come richiesta di ‘restituzione in termini’ ma poi correttamente riqualificata dalla stessa Corte come ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p.

La Sentenza della Cassazione sul ricorso straordinario

Con la sentenza in commento, la Prima Sezione Penale ha dichiarato inammissibile anche questo secondo ricorso, ritenendolo manifestamente infondato. La difesa sosteneva vi fosse un errore di fatto nella precedente ordinanza, ma la Corte ha smontato tale tesi punto per punto, confermando la correttezza del calcolo dei termini che aveva portato alla declaratoria di inammissibilità del primo ricorso.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una logica giuridica ineccepibile. In primo luogo, ha confermato che il calcolo dei termini effettuato nella precedente ordinanza era esatto: il termine ultimo per impugnare era effettivamente il 6 aprile 2023, rendendo il deposito del 13 aprile irrimediabilmente tardivo. La Corte ha sottolineato come la convinzione del difensore di aver agito ‘nei termini’ fosse ‘immotivata’ e non potesse superare l’oggettività del dato numerico e normativo.
In secondo luogo, i giudici hanno chiarito che il ricorso straordinario per errore di fatto, previsto dall’art. 625-bis c.p.p., non può essere utilizzato per rimettere in discussione valutazioni giuridiche, come quella relativa al calcolo dei termini di impugnazione. Tale rimedio è previsto solo per correggere errori percettivi (ad esempio, aver letto una data per un’altra), non per contestare l’interpretazione delle norme procedurali. Nel caso di specie, non vi era alcun errore di fatto, ma semplicemente un ricorso tardivo.

Le conclusioni

La sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la perentorietà dei termini è inderogabile. La dichiarazione di inammissibilità per tardività non è una mera formalità, ma una sanzione processuale che consegue direttamente alla violazione di una norma posta a presidio della certezza e della ragionevole durata del processo. Gli operatori del diritto devono prestare la massima attenzione al computo delle scadenze, poiché un errore, come dimostra questo caso, può precludere definitivamente l’accesso a un grado di giudizio, con conseguenze gravissime per l’assistito. La decisione condanna inoltre il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del ricorso proposto.

Perché il ricorso originale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tardivo, ovvero è stato depositato il 13 aprile 2023, mentre il termine perentorio per l’impugnazione scadeva il 6 aprile 2023.

Cos’è un ricorso straordinario per errore di fatto secondo l’art. 625-bis c.p.p.?
È un rimedio eccezionale che permette di impugnare un provvedimento della Corte di Cassazione non per riesaminare il merito della questione giuridica, ma solo per correggere un errore materiale o una svista percettiva sui fatti processuali (un ‘errore di fatto’), cosa che la Corte ha escluso nel caso specifico.

Il convincimento del difensore di aver depositato il ricorso in tempo è sufficiente per evitare l’inammissibilità?
No. La Corte ha stabilito che la convinzione del difensore era ‘immotivata’ e che non può prevalere sul calcolo oggettivo e corretto dei termini stabiliti dalla legge. Il rispetto delle scadenze è un requisito oggettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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