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Ricorso tardivo: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso avverso una condanna per il reato di peculato. La decisione si fonda sull’analisi del ricorso tardivo, presentato oltre il termine di 45 giorni previsto dalla legge. L’ordinanza chiarisce le modalità di calcolo dei termini processuali, includendo la sospensione feriale, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: Guida Pratica alla Decisione della Cassazione

Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce la certezza del diritto e il corretto svolgimento della giustizia. Un ricorso tardivo, ovvero presentato oltre la scadenza prevista dalla legge, ha una conseguenza drastica: l’inammissibilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio pratico di come vengono calcolati questi termini e delle conseguenze del loro mancato rispetto.

I Fatti del Caso: Un Appello Oltre i Limiti Temporali

Il caso in esame riguarda un imputato condannato in primo grado dal Tribunale di Velletri e successivamente dalla Corte di appello di Roma per il reato di peculato, previsto dagli artt. 81 e 314 del codice penale. Non rassegnato alla condanna, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione di legge per omessa notifica di atti, la mancanza degli elementi costitutivi del reato e vizi di motivazione della sentenza d’appello.

Tuttavia, prima ancora di poter esaminare nel merito tali doglianze, la Suprema Corte si è soffermata su un aspetto puramente procedurale, ma decisivo: la tempestività del ricorso.

La Decisione della Corte: Ricorso Tardivo e Inammissibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11745/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è fermata a una valutazione preliminare, constatando che l’atto di impugnazione era stato depositato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un’impugnazione palesemente irrituale.

Le Motivazioni: Il Calcolo dei Termini e il Periodo Feriale

La motivazione della Corte è un piccolo manuale sul calcolo dei termini processuali. Vediamo i passaggi logici seguiti dai giudici:
1. Termine per il deposito delle motivazioni: La sentenza della Corte di Appello, emessa il 9 maggio 2023, prevedeva un termine di novanta giorni per il deposito delle motivazioni. Tale termine scadeva durante il periodo feriale (1-31 agosto), durante il quale i termini processuali sono sospesi.
2. Deposito effettivo: Le motivazioni sono state effettivamente depositate il 21 giugno 2023, quindi ben prima della scadenza.
3. Termine per l’impugnazione: Secondo l’art. 585 del codice di procedura penale, il termine per proporre ricorso è di 45 giorni quando la motivazione viene depositata oltre il trentesimo giorno dalla pronuncia.
4. Decorrenza del termine: Poiché il deposito è avvenuto prima del periodo feriale, il calcolo dei 45 giorni per l’impugnazione non è iniziato subito, ma è stato posticipato. La decorrenza è partita dal primo giorno successivo alla fine della sospensione feriale, ovvero dal 1° settembre 2023.
5. Scadenza: Facendo il calcolo, il termine ultimo per presentare il ricorso scadeva prima del 19 ottobre 2023, data in cui il difensore ha effettivamente depositato l’atto via PEC.

Il ricorso è stato quindi depositato quando il termine per farlo era già irrimediabilmente scaduto, rendendolo un ricorso tardivo.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche di un Ricorso Tardivo

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel diritto, la forma è sostanza. Il mancato rispetto di un termine procedurale può precludere l’esame nel merito di un’istanza, anche se potenzialmente fondata. La dichiarazione di inammissibilità per tardività rende definitiva la sentenza impugnata, chiudendo ogni possibilità di revisione in quella sede. Per i professionisti legali e i loro assistiti, questo caso serve come un monito sull’importanza di una gestione meticolosa delle scadenze processuali, tenendo conto di tutte le variabili, come la sospensione feriale, che possono influenzare il calcolo dei termini.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è risultato tardivo, ovvero è stato presentato oltre il termine perentorio di 45 giorni stabilito dalla legge per l’impugnazione.

Come si calcola il termine per l’impugnazione in questo caso specifico?
Il termine di 45 giorni per impugnare è iniziato a decorrere dal 1° settembre 2023. Questo perché la sentenza era stata depositata il 21 giugno 2023 e la decorrenza è stata sospesa durante il periodo feriale (1-31 agosto). Il ricorso, depositato il 19 ottobre 2023, era quindi fuori termine.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per tardività?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa connessa all’aver proposto un’impugnazione non valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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