Ricorso Tardivo: la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità
Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e ordine. Un ricorso tardivo non è una mera svista procedurale, ma un errore fatale che può precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio delle conseguenze derivanti dalla presentazione di un’impugnazione oltre i termini stabiliti dalla legge.
Il Caso in Esame: Un Appello Presentato Fuori Termine
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello che confermava una condanna emessa in primo grado dal Tribunale. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale.
Tuttavia, l’atto di impugnazione veniva depositato ben oltre la scadenza fissata dalla normativa procedurale.
La Decisione della Corte: l’Importanza del Rispetto dei Termini
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito della questione sollevata dalla difesa, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un calcolo matematico e inderogabile dei tempi processuali.
La sentenza d’appello era stata pronunciata il 9 gennaio 2024, con un termine di 90 giorni per il deposito della motivazione, scaduto l’8 aprile 2024. A partire da tale data, l’art. 585 del codice di procedura penale prevede un termine di 45 giorni per proporre ricorso. Tale termine finale scadeva il 23 maggio 2024.
Il ricorso dell’imputato, però, è stato depositato solo il 20 giugno 2024, quasi un mese dopo la scadenza. Questa circostanza ha reso il ricorso tardivo e, di conseguenza, irricevibile.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte è lapidaria e strettamente ancorata al dettato normativo. L’inammissibilità del ricorso è una conseguenza automatica della sua tardività. I giudici hanno semplicemente constatato il superamento del termine perentorio fissato dalla legge, un vizio che impedisce qualsiasi valutazione sul contenuto dell’impugnazione.
In applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, l’inammissibilità comporta due conseguenze automatiche per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese del procedimento.
2. La condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro, tenuto conto della palese inammissibilità e dell’assenza di prove che il ritardo fosse avvenuto senza colpa.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche di un Ricorso Tardivo
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel diritto processuale, la forma è sostanza. Il mancato rispetto dei termini non è un dettaglio trascurabile, ma un errore che può vanificare l’intera strategia difensiva. Per il cittadino, ciò significa non solo la perdita della possibilità di ottenere una revisione della sentenza, ma anche l’imposizione di ulteriori oneri economici. La decisione sottolinea la cruciale responsabilità del difensore nel monitorare e rispettare scrupolosamente le scadenze processuali, la cui violazione ha effetti irreversibili sull’esito del giudizio.
Cosa succede se un ricorso viene depositato oltre la scadenza prevista dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’. Ciò significa che il giudice non esaminerà il merito delle questioni sollevate, ma si limiterà a respingere l’atto per il vizio procedurale, chiudendo di fatto la possibilità di impugnazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso tardivo e inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata, per legge, al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.
Come si calcola il termine per presentare un ricorso in Cassazione in un caso come questo?
Il termine di 45 giorni per ricorrere inizia a decorrere non dalla data della sentenza, ma dalla scadenza del termine che il giudice si è dato per depositare le motivazioni (in questa vicenda, 90 giorni). Il calcolo deve quindi tenere conto di entrambi questi periodi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45938 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45938 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a BOLOGNA il 11/01/1996
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso allo parti—
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 9 gennaio 2024, confermava la sentenza di condanna di NOME NOME per il reato di cui all’art. 76 D.Lgs. 159/2011 emessa dal Tribunale di Bologna.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso l’imputato tramite il difensore, lamentando il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto tardivo.
La sentenza impugnata venne pronunciata in data 9 gennaio 2024 e la Corte stabilì il termine per il deposito della motivazione in 90 giorni che scadevano 1’8 aprile 2024.
Da tale data è decorso il termine di quarantacinque giorni per impugnare, ex art. 585 co 1 lett. C) cod proc pen, che è scaduto il 23 maggio 2024.
Come emerge dal provvedimento impugnato il ricorso venne depositato ben oltre detto termine e cioè il 20 giugno 2024 e, dunque, tardivamente.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024