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Ricorso tardivo: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per risarcimento da ingiusta detenzione. La decisione si fonda sul mancato rispetto del termine perentorio di quindici giorni per l’impugnazione, configurando un ricorso tardivo. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità per Mancato Rispetto dei Termini

Il rispetto dei termini processuali è un pilastro fondamentale del sistema giudiziario. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce l’importanza di tale principio, dichiarando inammissibile un ricorso tardivo presentato per una richiesta di riparazione per ingiusta detenzione. Questa decisione sottolinea le gravi conseguenze che derivano dal deposito di un’impugnazione oltre i limiti temporali stabiliti dalla legge.

I Fatti del Caso

Un soggetto, dopo aver visto respinta la propria domanda di indennizzo per ingiusta detenzione dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della decisione di merito che gli negava il risarcimento. Il ricorso, presentato tramite il proprio difensore, contestava la decisione della corte territoriale, sostenendo la sussistenza di violazioni di legge e vizi di motivazione.

Tuttavia, l’atto di impugnazione è stato depositato ben oltre il termine previsto dalla legge.

La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso “palesemente inammissibile” senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si è basata su una semplice, ma invalicabile, ragione procedurale: il mancato rispetto del termine perentorio per l’impugnazione.

In base all’articolo 585 del codice di procedura penale, il termine per proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di riparazione per ingiusta detenzione è di quindici giorni. Tale termine decorre dalla data di notifica del provvedimento impugnato sia alla parte che al suo difensore.

Nel caso specifico, l’ordinanza della Corte d’Appello era stata notificata via Posta Elettronica Certificata (PEC) in data 13 novembre 2024. Il ricorso, invece, è stato depositato solo il 12 dicembre 2024, quasi un mese dopo, superando ampiamente il limite di quindici giorni.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su principi consolidati. I giudici hanno evidenziato che i termini per impugnare sono stabiliti a pena di inammissibilità e non ammettono deroghe, salvo casi eccezionali di forza maggiore o caso fortuito, che qui non sono stati ravvisati.

La Corte ha specificato che la notifica tramite PEC è pienamente valida e fa decorrere i termini in modo inequivocabile. Il fatto che lo stesso difensore avesse indicato nel proprio atto la data di notifica ha reso ancora più evidente la tardività dell’impugnazione. L’errore nel calcolo o la semplice negligenza nel rispettare la scadenza non costituiscono una scusante.

La conseguenza diretta dell’inammissibilità, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, fissata in questo caso a quattromila euro. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o, come in questa vicenda, proceduralmente scorretti.

Le conclusioni

Questa ordinanza serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto dei termini processuali. Un ricorso tardivo non viene esaminato nel merito, vanificando qualsiasi potenziale ragione della parte. La decisione conferma che la negligenza procedurale comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, che oltre a non vedere accolta la propria istanza, si trova a dover sostenere costi aggiuntivi. Per avvocati e assistiti, la massima attenzione alle scadenze processuali è quindi un requisito imprescindibile per tutelare efficacemente i propri diritti.

Qual è il termine per presentare ricorso in Cassazione contro un’ordinanza in materia di ingiusta detenzione?
Il termine è di quindici giorni, ai sensi dell’art. 585, comma primo, lett. a), del codice di procedura penale, e decorre dalla data di notifica del provvedimento.

Perché il ricorso in esame è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato depositato oltre il termine di legge di quindici giorni. L’ordinanza impugnata è stata notificata il 13/11/2024, mentre il ricorso è stato proposto il 12/12/2024.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile per colpa?
La parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la sanzione è stata fissata a quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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