Ricorso Tardivo: Quando il Mancato Rispetto dei Termini Rende l’Impugnazione Inutile
Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. Il mancato rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge può avere conseguenze drastiche, come la dichiarazione di inammissibilità di un’impugnazione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso tardivo possa vanificare le ragioni di un imputato, indipendentemente dalla loro fondatezza nel merito. Questo principio fondamentale garantisce la certezza del diritto e l’ordinato svolgimento dei processi.
I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Misure Alternative al Ricorso
La vicenda processuale ha origine dalla richiesta di un imputato di sostituire la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica. Il Tribunale di Messina, tuttavia, rigettava tale istanza.
Contro questa decisione, l’imputato, tramite i suoi difensori, proponeva appello, che veniva anch’esso rigettato. A questo punto, l’unica via rimasta era il ricorso per cassazione, l’ultimo grado di giudizio, per contestare la legittimità dell’ordinanza del Tribunale.
L’Appello in Cassazione e la Questione del Ricorso Tardivo
L’aspetto centrale su cui si è concentrata la Corte di Cassazione non è stato il merito della richiesta (cioè se l’imputato avesse o meno diritto alla misura alternativa), ma un vizio puramente procedurale: la tempistica del ricorso.
I fatti, come ricostruiti dalla Corte, sono lineari:
* 11 aprile 2025: L’avviso di deposito dell’ordinanza impugnata viene notificato sia all’imputato che ai suoi difensori.
* 26 aprile 2025: Viene depositato telematicamente il ricorso per cassazione.
Questo intervallo di tempo è risultato fatale. Il termine per proporre ricorso per cassazione in questa materia è perentorio e il suo superamento non ammette deroghe.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione: La Tardività come Causa di Inammissibilità
La Corte Suprema ha affrontato il caso con una procedura semplificata, cosiddetta “de plano”, prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa modalità si adotta quando l’esito del ricorso è palesemente scontato, come nei casi di manifesta inammissibilità.
La motivazione della decisione è lapidaria e inequivocabile: il ricorso è stato proposto tardivamente. La Corte ha rilevato che, a fronte di una notifica avvenuta l’11 aprile, il deposito effettuato il 26 aprile era avvenuto oltre il limite massimo consentito dalla legge.
Di conseguenza, senza entrare nel merito delle argomentazioni difensive, i giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile. La tardività ha agito come una barriera insormontabile, impedendo alla Corte di esaminare le ragioni per cui l’imputato riteneva di avere diritto alla misura alternativa.
Conclusioni: L’Importanza Cruciale dei Termini Processuali
Questa ordinanza, pur nella sua brevità, è un potente monito sull’importanza fondamentale dei termini processuali nel diritto penale. La giustizia non è solo una questione di sostanza, ma anche di forma. Le regole procedurali, e in particolare i termini perentori, sono poste a garanzia della certezza dei rapporti giuridici e della ragionevole durata del processo.
Un ricorso tardivo non è un mero errore formale, ma un vizio che incide sulla stessa ammissibilità dell’atto, rendendo impossibile per il giudice pronunciarsi. Per avvocati e assistiti, questo caso ribadisce la necessità di una gestione meticolosa delle scadenze, poiché un ritardo può precludere definitivamente la possibilità di far valere i propri diritti.
Per quale motivo il ricorso alla Corte di Cassazione è stato respinto?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato oltre i termini previsti dalla legge. Si è trattato, quindi, di un ricorso tardivo.
Cosa significa che il ricorso è stato trattato ‘de plano’?
Significa che la Corte ha utilizzato una procedura semplificata e accelerata, senza udienza pubblica, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. Questa modalità viene adottata quando un ricorso è manifestamente inammissibile, come in questo caso.
Quali sono state le date chiave che hanno determinato la tardività del ricorso?
L’avviso di deposito dell’ordinanza impugnata è stato notificato l’11 aprile 2025, mentre il ricorso per cassazione è stato depositato solo il 26 aprile 2025, superando così il termine perentorio per l’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29716 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 6 Num. 29716 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME Bruno nato a Locri il 15/05/1995
avverso l’ordinanza emessa il 20 marzo 2025 dal Tribunale di Messina
Visti gli atti il provvedimento impugnato e il ricorso udita la reazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Messina con la quale è stato rigettato l’appello proposto avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di sostituzione della misura custodiale con gli arresti donniciliari in comunità terapeutica;
ritenuto che il ricorso può essere trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., trattandosi di impugnazione che deve essere dichiarata inammissibile in quanto proposta tardivamente;
rilevato, infatti, che l’avviso di deposito dell’ordinanza impugnata è stato notificato sia ai difensori del ricorrente che a quest’ultimo in data 11 aprile 2025, mentre il ricorso per cassazione è stato depositato telematicamente il 26 aprile 2025;
ritenuto, dunque, che detto deposito è avvenuto dopo la scadenza del termine di dieci giorni previsto dall’art. 311 cod. proc. pen.
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente