Ricorso tardivo: la Cassazione conferma l’inammissibilità
Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. Il rispetto delle scadenze procedurali non è una mera formalità, ma un requisito fondamentale per la validità degli atti processuali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio delle conseguenze derivanti da un ricorso tardivo, ribadendo un principio cardine della procedura penale: i termini per impugnare sono perentori e il loro mancato rispetto conduce a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.
Il caso in esame: un appello depositato fuori termine
La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello emessa il 3 novembre 2023. Per tale sentenza, la legge prevedeva un termine di 90 giorni per il deposito delle motivazioni. La Corte territoriale ha rispettato questa scadenza, depositando le motivazioni il primo febbraio 2024.
A partire da questa data, la difesa dell’imputato aveva a disposizione 45 giorni per presentare il ricorso in Cassazione. Tuttavia, l’atto è stato depositato solo il 5 aprile 2024, ben oltre il termine ultimo consentito. Questo ritardo ha costituito il fulcro della decisione della Suprema Corte.
La decisione della Corte sul ricorso tardivo
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rilevato d’ufficio la tardività del ricorso. Il calcolo dei termini è un’operazione matematica che non ammette deroghe: il termine di 45 giorni, decorrente dal primo febbraio 2024, era ampiamente scaduto alla data del 5 aprile 2024.
Di conseguenza, i giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile. Tale declaratoria non consente alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate dall’imputato, fermando il giudizio a un livello puramente procedurale. La sanzione per questa negligenza è stata duplice: la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La posizione della parte civile
Un aspetto interessante riguarda la parte civile. Sebbene avesse depositato una memoria, la Corte ha ritenuto che questa non avesse fornito un ‘utile contributo’ alla decisione. Citando un precedente giurisprudenziale (Cass. Pen., Sez. 4, n. 36535/2021), i giudici hanno stabilito che, in assenza di un apporto significativo, non è dovuta la liquidazione delle spese legali richieste dalla parte civile. Questo principio mira a evitare che la parte civile ottenga un rimborso per un’attività processuale di mera forma e non di sostanza.
Le motivazioni
La motivazione della Corte è lineare e si fonda sul principio di perentorietà dei termini processuali. La legge stabilisce scadenze precise per garantire la certezza del diritto e la ragionevole durata del processo. Il mancato rispetto di tali termini non può essere sanato e comporta, come conseguenza automatica, l’inammissibilità dell’atto. La Corte non ha fatto altro che applicare rigorosamente la norma, verificando il superamento del limite temporale di 45 giorni. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria non è una valutazione discrezionale, ma una conseguenza diretta e obbligatoria prevista dal codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso per colpa del ricorrente.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza della diligenza e della precisione nella gestione delle scadenze processuali. Un ricorso tardivo vanifica ogni possibilità di far valere le proprie ragioni nel merito, indipendentemente dalla loro fondatezza. La decisione evidenzia come le regole procedurali siano il binario su cui viaggia il treno della giustizia: ignorarle significa inevitabilmente deragliare, con conseguenze severe e definitive per la parte che commette l’errore.
Cosa succede se un ricorso viene depositato oltre la scadenza prevista dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che il giudice non esaminerà le ragioni e i motivi del ricorso, ma si limiterà a constatare il mancato rispetto del termine, chiudendo di fatto la possibilità di impugnazione.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso tardivo?
La persona che ha presentato il ricorso tardivo viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
La parte civile ha sempre diritto al rimborso delle spese legali in caso di ricorso inammissibile?
No. Secondo la Corte, se la parte civile presenta scritti o memorie che non offrono un contributo utile e significativo alla decisione del giudice, le spese legali richieste possono non essere liquidate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38661 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38661 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
(dato avviso alle artn udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
ritenuto che il ricorso è stato tardivamente proposto il 5 aprile 2024 a fronte di sentenza emessa il 3 novembre 2023, che prevedeva il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Tale termine è stato rispettato e da esso – cioè dal primo febbraio 2024 – decorreva il termine di 45 giorni per il deposito del ricorso, viceversa depositato solo il 5 aprile 2024;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento ciascuno delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
considerato che è pervenuta memoria della parte civile, che, però, non ha fornito un utile contributo alla decisione, così che non possono essere liquidate le spese richieste (v. Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, Rv. 281923 – 01);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9/9/2024