Ricorso Tardivo: L’Inesorabilità dei Termini Processuali
Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. Un ricorso tardivo può vanificare le ragioni più fondate, trasformando una potenziale vittoria in una sconfitta certa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile l’impugnazione di una parte civile proprio per il mancato rispetto dei termini perentori stabiliti dal codice di procedura penale. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere l’importanza della diligenza e della precisione nel contenzioso legale.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato da una parte civile avverso una sentenza della Corte di Appello di Salerno. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, un gravame proposto dalla stessa parte civile contro un proscioglimento per ne bis in idem emesso in primo grado. Gli imputati erano stati accusati del reato previsto dall’art. 610 del codice penale.
La parte civile, non condividendo la decisione della Corte territoriale, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza d’appello.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso Tardivo
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito della questione, ha fermato il procedimento sul nascere. L’analisi dei giudici si è concentrata esclusivamente su un aspetto preliminare e dirimente: la tempestività del ricorso.
La sentenza della Corte d’Appello era stata pronunciata il 28 giugno 2024, con motivazione contestuale. Secondo la legge, il termine per proporre impugnazione è di quindici giorni. Tale termine scadeva, quindi, sabato 13 luglio 2024. Tuttavia, il ricorso per cassazione è stato depositato in cancelleria solo il 29 luglio 2024, oltre due settimane dopo la scadenza.
Di fronte a questa evidenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, senza la necessità di ulteriori formalità procedurali, applicando l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e si basano su un dato oggettivo e incontrovertibile: il superamento del termine perentorio per l’impugnazione. I termini processuali sono stabiliti a pena di decadenza per garantire la certezza del diritto e la ragionevole durata dei processi. Il loro mancato rispetto non ammette sanatorie, salvo casi eccezionali non ravvisabili nella fattispecie.
La Corte ha semplicemente rilevato il dato cronologico: la sentenza impugnata era del 28 giugno, il termine di quindici giorni scadeva il 13 luglio e il deposito è avvenuto il 29 luglio. Questo semplice calcolo matematico ha reso il ricorso tardivo e, di conseguenza, inammissibile. La decisione evidenzia come il rispetto delle scadenze sia un presupposto indispensabile per poter accedere alla giustizia e far valere le proprie ragioni.
Le Conclusioni
La decisione in esame è un monito severo sull’importanza del rispetto rigoroso dei termini processuali. Un errore, una svista o un ritardo possono precludere definitivamente la possibilità di ottenere una revisione della decisione, indipendentemente dalla fondatezza delle proprie argomentazioni. Per la parte ricorrente, le conseguenze non sono state solo la conferma della decisione sfavorevole, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende. Questo caso sottolinea la necessità per i cittadini e i loro difensori di agire con la massima diligenza e attenzione per evitare che diritti e pretese vengano irrimediabilmente persi per questioni puramente procedurali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tardivo, ovvero è stato presentato dopo la scadenza del termine perentorio di quindici giorni previsto dalla legge per l’impugnazione.
Qual era il termine esatto per presentare il ricorso in questo caso?
La sentenza impugnata è stata emessa il 28 giugno 2024. Il termine di quindici giorni per l’impugnazione scadeva sabato 13 luglio 2024.
Quali sono state le conseguenze economiche per la parte che ha presentato il ricorso tardivo?
La parte ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47218 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47218 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME nato a RIONERO IN VULTURE il 29/03/1949 nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a BOLOGNA il 23/03/1960 COGNOME NOME nato a ROMA il 13/02/1968 COGNOME NOME nato a ROMA il 16/05/1965
avverso la sentenza del 28/06/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato av iso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che la parte civile NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Salerno ha dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, il gravame proposto dalla medesima parte in relazione al proscioglimento per ne bis in idem disposto in primo grado nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME imputate in ordine al reato di cui all’art. 610 cod. pen.;
Ritenuto che il ricorso è tardivo, in quanto:
si tratta di sentenza pronunciata con motivazione contestuale il 28 giugno 2024;
il termine per l’impugnazione, pari a quindici giorni, scadeva sabato 13 luglio 2024;
il ricorso per cassazione è stato presentato soltanto il 29 luglio 2024 (cfr. timbro di depositato in cancelleria);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen., e che la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024