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Ricorso tardivo: quando è inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso tardivo presentato contro una sentenza della Corte d’Appello. La Corte ha chiarito che i termini per l’impugnazione decorrono dalla scadenza del termine per il deposito della motivazione, e non dalla successiva comunicazione della sentenza all’imputato o al suo difensore, ritenendo tale comunicazione irrilevante ai fini del calcolo.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: L’Ordinanza della Cassazione sui Termini di Impugnazione

Nel diritto processuale penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e ordine. Un ricorso tardivo può vanificare ogni strategia difensiva, precludendo l’accesso a un grado di giudizio superiore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sulla perentorietà dei termini di impugnazione e sul corretto modo di calcolarli, specialmente nei casi di giudizio d’appello celebrato in forma cartolare.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza della Corte di appello che dichiarava inammissibile, per difetto di specificità, l’appello proposto da un imputato. Quest’ultimo, condannato in primo grado dal Tribunale a una pena di sette anni e dieci mesi di reclusione e a una multa, decideva di ricorrere per Cassazione, sostenendo che i motivi del suo appello fossero, in realtà, specifici e meritevoli di esame.

Tuttavia, prima ancora di poter analizzare il merito della questione, la Suprema Corte si è trovata di fronte a un ostacolo procedurale insormontabile: la tardività del ricorso.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché proposto oltre i termini di legge. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa del calcolo dei tempi per l’impugnazione, che merita di essere approfondita.

Il Calcolo dei Termini: Un Punto Cruciale

Il fulcro della questione risiede nel determinare il giorno esatto da cui far partire il conteggio dei 45 giorni previsti per ricorrere in Cassazione. Ecco la ricostruzione operata dai giudici:

1. Pronuncia della Sentenza d’Appello: La sentenza è stata pronunciata il 27 giugno 2024.
2. Termine per la Motivazione: La Corte d’appello si era riservata 90 giorni per depositare la motivazione. La scadenza di questo termine era, quindi, il 25 settembre 2024.
3. Deposito Effettivo: La motivazione è stata effettivamente depositata il 13 settembre 2024, ben prima della scadenza.
4. Dies a Quo per l’Impugnazione: Qui sta il punto chiave. La Cassazione ha chiarito che il termine di 45 giorni per impugnare non decorre dalla data di effettivo deposito della motivazione, ma dalla scadenza del termine fissato per il deposito (il 25 settembre). Questo perché la legge intende dare certezza alle parti, indipendentemente dal giorno in cui la cancelleria materialmente riceve l’atto.
5. Scadenza Finale: Calcolando 45 giorni a partire dal 25 settembre 2024, il termine ultimo per presentare il ricorso era il 9 novembre 2024.

Poiché il ricorso è stato depositato solo il 12 dicembre 2024, risultava palesemente tardivo.

L’Irrilevanza della Comunicazione della Sentenza

La difesa aveva implicitamente fatto leva sulla comunicazione della sentenza, avvenuta in un momento successivo, come possibile elemento che potesse aver generato un affidamento su un diverso decorso dei termini. La Corte ha smontato completamente questa argomentazione, affermando che, nel giudizio d’appello cartolare, né l’imputato né il suo difensore hanno diritto alla comunicazione della sentenza depositata. Tale adempimento non era necessario e, pertanto, non può in alcun modo modificare i termini perentori stabiliti dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte sono lineari e si basano sul principio di legalità e certezza del diritto. I termini processuali sono perentori, cioè stabiliti a pena di decadenza, e non possono essere lasciati alla ‘casualità del possibile errore umano’ derivante da una comunicazione non dovuta. Affermare il contrario significherebbe abbandonare il rispetto di una norma chiara, introducendo un elemento di incertezza inaccettabile nel processo. La comunicazione della sentenza, non essendo un atto previsto dalla legge come necessario per far decorrere i termini in questo specifico contesto procedurale, è stata considerata un atto irrilevante ai fini del calcolo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per ogni operatore del diritto: la massima diligenza nel calcolo dei termini processuali. Non ci si può affidare a prassi o a comunicazioni non previste dalla legge, ma occorre fare esclusivo riferimento a quanto stabilito dal codice di procedura. Un errore nel calcolo del ‘dies a quo’ (il giorno da cui inizia a decorrere un termine) può avere conseguenze fatali, come la dichiarazione di inammissibilità di un’impugnazione, che preclude ogni ulteriore possibilità di difesa nel merito. La decisione serve da monito: la conoscenza precisa delle norme procedurali e il loro rigoroso rispetto sono la prima e indispensabile forma di tutela per i diritti dell’assistito.

Da quando decorrono i termini per impugnare una sentenza se il giudice si riserva di depositare la motivazione?
I termini per l’impugnazione (in questo caso, 45 giorni) decorrono non dalla data di effettivo deposito della motivazione, ma dalla data di scadenza del termine che il giudice si era riservato per il deposito stesso (in questo caso, 90 giorni dalla pronuncia).

La comunicazione della sentenza all’imputato o al difensore modifica i termini per presentare un ricorso tardivo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la comunicazione della sentenza, in un giudizio d’appello cartolare, non è un atto dovuto e non ha alcun effetto sul decorso dei termini perentori per l’impugnazione, i quali sono fissati inderogabilmente dalla legge.

Cosa succede se un ricorso viene presentato oltre i termini stabiliti dalla legge?
Se un ricorso viene presentato tardivamente, la Corte lo dichiara inammissibile senza poter entrare nel merito delle questioni sollevate. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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