Ricorso Tardivo: la Cassazione Conferma l’Inammissibilità e le Relative Sanzioni
Nel mondo del diritto processuale, i termini sono perentori. Rispettare le scadenze non è solo una buona pratica, ma un requisito fondamentale per la validità degli atti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda le gravi conseguenze di un ricorso tardivo, specificando quando non è possibile beneficiare di proroghe. Analizziamo insieme questa decisione per capire la logica dietro l’inammissibilità e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello che confermava una condanna per il reato di atti persecutori. La sentenza di secondo grado era stata emessa il 9 giugno 2023. I difensori dell’imputato, ricevuta la notifica del dispositivo, avevano tempo per presentare ricorso per cassazione. Tuttavia, il ricorso veniva depositato tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) solo il 20 ottobre 2023, oltre la scadenza fissata per il 15 ottobre 2023.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un unico, ma decisivo, punto: la tardività della sua presentazione. Gli Ermellini hanno constatato che l’atto era stato depositato cinque giorni dopo la scadenza del termine perentorio, rendendolo irricevibile senza necessità di entrare nel merito delle questioni sollevate.
Analisi delle Motivazioni sul Ricorso Tardivo
Il cuore della pronuncia risiede nella spiegazione del perché il ricorso fosse effettivamente tardivo e perché non potesse beneficiare di alcuna estensione dei termini. La difesa, implicitamente, potrebbe aver contato su una norma specifica del codice di procedura penale che concede un termine aggiuntivo.
Le motivazioni
La Corte ha chiarito che il termine aggiuntivo di quindici giorni previsto dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, è riservato esclusivamente all’imputato giudicato in assenza. Nel caso specifico, però, l’imputato era stato presente durante il giudizio di primo grado. Questa circostanza è dirimente: la sua presenza in una fase precedente del processo esclude la possibilità di applicare la norma che tutela l’imputato assente. La ratio della legge è infatti quella di garantire un’ulteriore protezione a chi non ha partecipato attivamente al processo, una condizione non riscontrabile nel caso di specie. Pertanto, il termine per impugnare era quello ordinario, scaduto inderogabilmente il 15 ottobre. Il deposito del 20 ottobre è stato, quindi, un ricorso tardivo a tutti gli effetti.
Le conclusioni
La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione inammissibile. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: nel diritto, la forma è sostanza e il mancato rispetto dei termini procedurali preclude l’accesso alla giustizia, con costi significativi per chi commette l’errore.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto tardivamente, ovvero depositato dopo la scadenza del termine perentorio stabilito dalla legge per impugnare la sentenza.
Perché non è stato applicato il termine aggiuntivo di quindici giorni per l’impugnazione?
Il termine aggiuntivo non è stato applicato perché tale estensione, prevista dall’art. 581, comma 1-quater, c.p.p., è riservata solo agli imputati giudicati in assenza. Nel caso di specie, l’imputato era stato presente nel giudizio di primo grado.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 Euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1180 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 1180 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CREMONA il 20/02/1974
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza emessa in data 9 giugno 2023, depositata entro il termine assegnato di 60 giorni, la Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME NOME per il delitto di atti persecutori, commesso in Cremona fino al marzo 2019.
Avverso detta sentenza, adottata – vigente il rito emergenziale pandemico – in esito a camera di consiglio e notificato il relativo dispositivo ai difensori dell’imputato (Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME) il 9 giugno 2023, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato tramite PEC in data 20 ottobre 2023.
Il ricorso è inammissibile, in quanto tardivamente proposto (il 20 ottobre 2023 appunto), a fronte della scadenza del termine per impugnare in data 15 ottobre 2023, non potendosi tener conto degli ulteriori quindici giorni previsti dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. per l’imputato assente, essendo stato, il ricorrente COGNOME NOMECOGNOME presente nel giudizio di primo grado.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso, scrutinato de plano ex art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2023